Successivamente questo significato fu esteso a "conoscenza familiare", e "persona con cui si parla di cose futili in maniera familiare" e, a partire dall'Ottocento, prese il senso di "chiacchiera inutile, voce senza fondamento".
Questa l'etimologia di una parola che ormai è entrata nell'uso comune quando si parla di "pettegolezzi" anche se non è da considerarsi una chiacchiera così futile come sembra, soprattutto quando ha per oggetto celebrità, o personaggi storici, per cui diventa narrativa.
Gossip matematico perché racconto storie curiose legate a due personaggi quasi contemporanei, un italiano e un inglese, ricordati per i loro grandi contributi matematici, ma che sono stati protagonisti anche di fatti curiosi, a volte forse fantasiosi, riportati dalle cronache dell'epoca e uniti da un tragico destino.
Inizierei, per una forma di patriottismo, da Renato Caccioppoli, uno dei matematici italiani a cui forse sono legati più aneddoti, sia per il suo carattere bizzarro e ribelle che per il periodo storico in cui visse.
Genio antifascista Renato Caccioppoli è il grande matematico napoletano nato il 20 gennaio del 1904 e morto suicida, a palazzo Cellamare, l'8 maggio 1959.
Da una cartella clinica dell'ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di calata Capodichino, si evidenziano la genialità e le straordinarie capacità di Caccioppoli ("ingegno supernormale" si legge), che varcò la soglia del manicomio a seguito del celebre discorso contro Hitler e Mussolini, in occasione della visita del dittatore nazista a Napoli.
Renato Caccioppoli è una figura celebre nel campo di studi e di sviluppo dell’analisi matematica tanto che la sua genialità influenzò e continua ad influenzare tutt’oggi il pensiero matematico mondiale, ma la sua vita non fu soltanto spesa nel campo della ricerca ma fu anche caratterizzata dalla lotta e dal suo spirito anticonformista.
Nel maggio del 1938, proprio in occasione della visita di Hitler a Napoli, il matematico decise, con coraggio, di denunciare gli orrori del nazismo e del fascismo in presenza dell’OVRA, la polizia segreta dell’Italia fascista, mettendosi a cantare la Marsigliese.
Nel 1936 il trentaduenne Renato Caccioppoli conobbe la bella sedicenne Sara Mancuso, figlia di un siciliano e di una napoletana, la quale, essendo vissuta a Nizza, aveva una buona conoscenza della lingua e della letteratura francese. Se ne innamorò a prima vista, la frequentò per tre anni e la sposò in Municipio il 29 giugno 1939. Il matrimonio, però, era stato celebrato dopo una dura e triste esperiemza di entrambi.
Infatti nella tarda sera di uno dei primi giorni del maggio 1938, alla vigilia della visita di Hitler a Napoli, Renato e Sara erano entrati nella birreria Löwenbrau, ubicata presso il Grand Hotel de Londres vicino al teatro Mercadante (della quale oggi non c'è purtroppo alcuna traccia), nella quale fra gli avventori c’era un gruppo di ufficiali della milizia, gerarchi fascisti e vari poliziotti. Visti i due giovani fidanzati, gli uomini in camicia nera, alticci per la birra bevuta, si misero a cantare Giovinezza, imponendo al pianista del locale di accompagnarli con la musica.
Quando il coro ebbe finito la propria esibizione, Caccioppoli, sedutosi al pianoforte, si mise a suonare con consumata perizia la Marsigliese, mentre Sara cantava in perfetto francese.
Fu di conseguenza arrestato e solo grazie all’aiuto della zia, Maria Bakunin, docente di Chimica all’Università di Napoli, fu scarcerato con l’attenuante di essere "incapace di intendere e di volere".
Caricatura di Renato Caccioppoli
Non deve infatti sorprendere questa sua lotta contro le istituzioni, non per nulla era nipote di Mikhail Bakunin, il "padre" dell'anarchismo moderno.
L’attività di convinto antifascista di Renato Caccioppoli, si espresse anche spesso in atti di sarcastica presa in giro contro il regime, e famoso è il suo gallo tenuto al guinzaglio per ridicolizzare gli aspetti più grotteschi della dittatura fascista.
A seguito del divieto per gli uomini di passeggiare con cani di piccola taglia (circolare di Achille Starace, segretario del P.N.F. per “salvaguardia della virilità”) il matematico decise di camminare per le principali strade di Napoli con al guinzaglio un gallo.
Anche se pare sia un gossip un po' fantasioso l'immagine del matematico che tiene al guinzaglio un gallo è davvero esilarante.
Foto di gruppo con Renato Caccioppoli e don Savino Coronato
Un ultimo aneddoto è quello legato al suo caro amico e assistente all'università don Savino Coronato, un prete (come si vede nella foto di gruppo), pur essendo Caccioppoli un ateo e un grande anticlericale.
Una volta, durante un esame, don Savino scrisse alla lavagna un'ODE (Equazione Differenziale Ordinaria) e chiese a uno studente di risolverla. Il povero ragazzo non fu in grado di risolvere l'ODE di don Savino, che non era assolutamente risolvibile in termini elementari e non passò l'esame.
Caccioppoli non disse nulla ma, dopo che tutti gli studenti se ne furono andati, si avvicinò a don Savino e gli disse:
"Ci sono solo due ragazzi che possono risolvere l'ODE che hai scritto: io e il tuo capo".
I suoi ultimi anni furono i più tristi, le delusioni personali e politiche, il disincanto nei confronti del partito comunista, la crescente instabilità emotiva lo spinsero a isolarsi.
Ma che cosa accadde a Caccioppoli da indurlo nel maggio del 1959 a suicidarsi? Un genio della matematica, che conosceva quattro lingue, con interessi nel mondo della politica, della letteratura, del cinema, con una passione viscerale per la musica (a diciassette anni suonava perfettamente pianoforte e violino) e un’alta credibilità sociale, poteva mai elaborare l’idea di una morte anticipata?
La moglie Sara lo aveva abbandonato, andando a vivere con Mario Alicata, proprio un dirigente di quel partito comunista da cui si sentiva tradito, e la repressione sovietica dell’Ungheria, del 1956, minando alle fondamenta le sue certezze ideali, spense definitivamente in lui l’impegno politico.
Forse anche la propria vena matematica sembrava averlo abbandonato, tanto che prese a bere sempre di più e andò progressivamente isolandosi, finché venerdì 8 maggio 1959, invece di andare all’università per l’ultima lezione dell’a.a. 1958-59, rinchiuso nel proprio appartamento di palazzo Cellamare, si tolse la vita con una Beretta 7,65.
"Ai primi di maggio del 1959, in una pizzeria con un gruppo di compagni, ebbe parole dure per un giovane che si era svenato per poi lasciarsi soccorrere. Disse: 'Quello è uno stupido. Per uccidersi davvero si fa così' e proseguì descrivendo la tecnica del cuscino contro la nuca, il punto preciso dove appoggiare la canna della pistola, il colpo inesorabile. L'8 maggio del 1959 Caccioppoli si uccise esattamente in questo modo, con un colpo sparato tra le 17 e le 19,15 da una Beretta 7,65. Il giorno precedente lo avevano visto a via Chiaia, probabilmente era andato a prendere la pistola dalla cassetta di sicurezza. Lo trovò la governante Tina, poco sangue sul cuscino, accanto una tazza di tè e qualche grissino, il proiettile uscito dalla fronte si era conficcato in uno scaffale". [G. Picone, I napoletani - Laterza, Bari 2005, p.174]
Non ebbe funerali religiosi, ma a seguire il suo feretro, pregando e piangendo, c'era il sacerdote don Savino Coronato, suo fedele collaboratore ed amico fino all'ultimo.
Lucio Lombardo Radice sul giornale Unità del 12 maggio 1959 scrisse fra l’altro:
"Caccioppoli è morto senza dire perché, ma in fondo erano anni che ce lo diceva. [...] Per lui, la morte aveva un significato; riferito a Renato il vecchio adagio va così ribaltato: ‘Finchè c’è morte c’è speranza".
Forse per qualche somiglianza fisica ma soprattutto per la forte concomitanza nella ricerca dell'estetica in matematica Caccioppoli può ricordare Godfrey Harold Hardy di qualche anno più vecchio del napoletano ma sostanzialmente quasi contemporaneo, unito a lui dallo stesso tragico destino.
Godfrey Harold Hardy, chiamato Harold solo da pochi amici intimi, altrimenti "G.H.", è stato uno dei più grandi matematici inglesi che si sarebbe guardato bene però dal dichiarare la sua vera professione.
Nacque in Inghilterra il 7 febbraio 1877 e a soli 22 anni diventò fellow al Trinity College di Cambridge.
"I do what I do because it is the one and only thing that I can do at all well"¹
La matematica infatti dominò la sua vita e solo il gioco del cricket poteva competere per la sua attenzione tanto da dire alla sorella, pochi giorni prima di morire: "se sapessi di dover morire oggi stesso, credo che vorrei ugualmente conoscere i risultati del cricket".
E' generalmente conosciuto da coloro che non rientrano nel campo della matematica per il suo saggio del 1940 sull'estetica della matematica, "A Mathematician's Apology", che è spesso considerata una delle migliori introspezioni nella mente di un matematico ed è una delle più riuscite descrizioni di cosa significhi essere un artista creativo, ma forse è noto soprattutto per il merito di aver riconosciuto il talento di Srinivasa Ramanujan, il matematico autodidatta indiano che Hardy invitò a Cambridge e con il quale collaborò ad importanti lavori.
Nell'immagine Srinivasa Ramanujan (al centro), G.H. Hardy (estrema destra)
e altri scienziati al Trinity College dell'Università di Cambridge, nel 1916.
Forse a causa della prematura morte del genio indiano, colpito a 32 anni dalla tubercolosi, o forse a causa di un infarto che lo colpì a 62 anni, nel 1939, Hardy cadde in depressione e, dopo un tentativo di suicidio non riuscito, fu convinto da Charles Percy Snow a scrivere "A Mathematician's Apology". Ritentò poi il suicidio l'1 dicembre 1947 e quella seconda volta gli fu fatale.
Proprio l'amore per il cricket lo portò a fare amicizia con il giovane Charles Percy Snow , chimico, fisico e romanziere che scrisse una prefazione al suo libro "A Mathematician's Apology".
Sempre a proposito di cricket famose sono le sue scommesse con Dio, che risultavano decisamente curiose se fatte da uno come lui, che dichiarava laplacianamente di non credere nell’Onnipotente.
Soleva recarsi a vedere le partite di cricket, di cui era fervente appassionato, ben preparato alla pioggia con quella che definiva la sua "batteria anti-Dio": ombrello, impermeabile, e valigia piena di carte da lavoro.
"Dio crederà che io pensi che piova. E allora non farà piovere. E io mi godrò la partita con il bel tempo".
C'è da ricordare che in caso di pioggia (anche se piuttosto leggera) le partite di cricket vengono bloccate senza possibilità di essere riprese (nota a cura del Glamorgan Cricket Fan Club – RdA).
Cambridge Univ. Cricket 1899
Sono poi curiose due cartoline da lui scritte in tempi e situazioni diverse.
Negli anni '20 scrisse una cartolina ad un amico, una sorta di elenco di "sei auguri di buon anno", in cui Godfrey Hardy elencava i suoi sei obiettivi di vita e l'elenco fu successivamente riprodotto da Paul Hoffman nella sua biografia di Paul Erdös, "The Man Who Loved Only Numbers":
1) Dimostrare l'ipotesi di Riemann
2) Non far uscire 211 nel quarto inning dell'ultimo Test Match at the Oval (si trattava di cricket)
3) Dimostrare definitivamente l'inesistenza di Dio
4) Essere il primo uomo sul monte Everest
5) Essere proclamato il primo presidente dell'URSS, di Gran Bretagna e Germania
6) Assassinare Mussollini
E infatti scriveva:
"My book (Prime Obsession) has six: To prove the RH, to make 211 not out in the fourth innings of the last Test Match at the Oval (I have no idea what that means), to find an argument for the non-existence of God which shall convince the general public, to be the first man atop Mount Everest, to be proclaimed the first president of the USSR of Great Britain and Germany, and to murder Mussolini."²
Sembra che non abbia però raggiunto nessuno di questi obiettivi.
Un'altra, forse più famosa, cartolina G.H. la scrisse tornando da un congresso in Danimarca.
Al momento di prendere il battello il mare era assai agitato, al punto di preoccupare molti dei passeggeri e Hardy comprò allora la cartolina, scrisse una bugia e la imbucò prima di salire sul battello.
Qual'era la bugia?
"Ho dimostrato l’ipotesi di Riemann"
Queste le parole vergate in bella calligrafia sulla cartolina postale indirizzata al Trinity College di Cambridge con la firma in calce di Godfrey Harold Hardy, le cui stranezze erano note a tutti, a Cambridge, dal magnifico rettore fino all’ultimo usciere.
Come lo stesso Hardy poi spiegò, quella frase era in realtà una sua speciale "assicurazione", una delle sue scommesse con Dio.
"Vedete se la nave affondasse, l’intera comunità dei matematici rimarrebbe con il dubbio atroce che io abbia davvero dimostrato l’ipotesi di Riemann. Dio ha già permesso che una cosa del genere accadesse con Fermat, non permetterà certo che accada un’altra volta. Quindi, state tranquilli: questo battello arriverà tranquillamente a destinazione"
Hardy era estremamente timido da bambino e fu socialmente imbarazzante, freddo ed eccentrico per tutta la vita.
Durante i suoi anni scolastici era il migliore della sua classe nella maggior parte delle materie, e vinse molti premi e riconoscimenti, ma odiava doverli ricevere davanti a tutta la scuola.
Era a disagio quando veniva presentato a nuove persone e non sopportava di guardare se stesso riflesso in uno specchio e si dice che, quando alloggiava negli hotel, coprisse tutti gli specchi con degli asciugamani.
Ma era anche di una onestà intellettuale rara, e non si adeguò mai per comodità alla corrente dominante del pensiero:
"Non ha senso cercare di rientrare nell’opinione comune della maggioranza. Per definizione, c’è già troppa gente che lo fa"
e i suoi comportamenti eccentrici hanno probabilmente contribuito alla leggenda del "genio distratto".
Oltre agli specchi, odiava le macchine fotografiche, tanto che sembra non esistano più di cinque sue foto, anche se la maggior parte dei contemporanei lo giudicasse un bell'uomo.
Con ogni probabilità, l’aneddoto matematico più famoso che lo riguarda è quello del "taxi di Ramanujan".
Si racconta che il famoso matematico indiano, celebre per la sua impressionante familiarità con i numeri e capacità di calcolo, ricevette la visita di un collega mentre era ricoverato in ospedale a Putney.
L’amico era arrivato in taxi, e tanto per far conversazione disse a Ramanujan che il suo taxi aveva il numero 1729, che gli sembrava abbastanza poco interessante, come numero.
"Assolutamente no!" rispose il macinanumeri, senza pensarci un istante "È interessantissimo, invece! È il numero più piccolo che si possa esprimere come somma di due cubi in due modi diversi!"
Infatti la risposta del grande Ramanujan all'amico fu che 1729 si può ottenere come somma dei cubi di 10 e di 9 o di 1 e 12:
1729 = 10³+ 9³ = 1000 + 729
1729 = 1³+ 12³ = 1 + 1728
Anche se non compare, in tutte le versioni dell’aneddoto, il nome del visitatore di Ramanujan, quel visitatore era proprio Godfrey Hardy.
Entrambi i grandi matematici divennero noti al grande pubblico grazie a scrittori e al cinema che ne illustrarono la vita di ribelli, il carattere bizzarro e il tragico suicidio che sicuramente li accomunano.
Carlo Cecchi, nel ruolo di Renato Caccioppoli fu protagonista nel 1992 del film diretto da Mario Martone "Morte di un matematico napoletano".
Un libro è a lui dedicato dal giornalista Piero Antonio Toma, dal titolo "Renato Caccioppoli, l'enigma" e lo storico italiano Giovanni Pugliese Carratelli commemora il matematico napoletano nel libro "Renato Caccioppoli a trenta anni dalla sua scomparsa".
Nota curiosa, nella "Storia della filosofia greca. Da Socrate in poi" del 1986, lo scrittore Luciano De Crescenzo, cita Renato Caccioppoli con queste parole:
"E' come sempre, elegantissimo: abito scuro, da sera, un po’ sgualcito e sporco di gesso sulle maniche, ma con tanto di gardenia all’occhiello. Probabilmente è ancora l’abito che indossava ieri. Il Maestro questa notte non deve aver dormito: avrà conversato d’amore e di politica, suonato il pianoforte, bevuto e cantato. Di notte lui non ama restare solo: va in giro per le strade di Napoli, frequenta i piccoli bar dei quartieri spagnoli [...]. Ma non sono certo i suoi meriti di scienziato e farcelo amare: Caccioppoli era innanzitutto uno spirito libero, poi secondariamente, un genio, un cuore d’oro, un eccezionale pianista, un filosofo e un poeta".
"Quando voglio vantarmi di qualcosa, dico che ho fatto il corso di analisi e calcolo con Caccioppoli, al termine del quale ricevette un "21" di scoraggiamento"
Caccioppoli gli disse infatti che era un "voto di scoraggiamento" perchè vedeva l'allievo molto più incline a discipline diverse e sostanzialmente umanistiche.
Godfrey Hardy diviene noto al grande pubblico grazie a Jeremy Irons che interpretò Hardy nel film "L’uomo che vide l’infinito", diretto da Matt Brown, basato sulla biografia del matematico indiano scritta da Kanigel, "L’uomo che vide l’infinito. La vita breve di Srinivasa Ramanujan, genio della matematica".
Hardy è un personaggio importante anche nella biografia che fece David Leavitt nel 2007, "The Indian Clerk", in cui descrive i suoi anni a Cambridge e il suo rapporto con John Edensor Littlewood e Ramanujan.
Hardy appare come personaggio secondario in "Uncle Petros and Goldbach's Conjecture", nel romanzo matematico del 1992, dello scrittore greco Apostolos Doxiadis.
Nel 1998 Doxiadis tradusse il libro in inglese, rielaborandolo in modo significativo, e fu pubblicato nel 2000 (editore britannico: Faber and Faber ed editore statunitense: Bloomsbury USA).
Il libro divenne un bestseller internazionale, ed è stato pubblicato fino ad oggi in oltre trentacinque lingue. Ha ricevuto la lode, tra gli altri, del premio Nobel John Nash, del matematico britannico Sir Michael Atiyah, del critico George Steiner e dello psichiatra Oliver Sacks. Zio Petros è uno dei 1001 libri da leggere prima di morire.
"Uncle Petros and Goldbach's Conjecture" è stato il primo destinatario del Premio Peano, il primo premio internazionale per libri ispirati alla matematica, e finalista per il Prix Médicis.
Nel libro Hardy e Littlewood hanno un ruolo nella ricerca di Petros e Doxiadis li descrive come i famosi matematici britannici del novecento che rappresentano, al contrario di Petros, i ricercatori moderni che insieme, e non lavorando isolatamente, indagano su determinati problemi senza ossessionarsi su un'unica congettura come stava cercando di fare Petros.
Note
¹ Traduzione "Faccio quello che faccio perché è una e l'unica cosa che posso fare bene"
² Traduzione "Il mio libro (Prime Obsession) ha sei obiettivi: per dimostrare l'RH, per non far uscire 211 nel quarto inning dell'ultimo Test Match at the Oval (non ho idea di cosa significhi), per trovare un argomento per la non esistenza di Dio che convincerà il grande pubblico, per essere il primo uomo in cima al Monte Everest, per essere proclamato il primo presidente dell'URSS di Gran Bretagna e Germania, e per assassinare Mussolini"
Fonti
Ricordo di un allievo di Caccioppoli
http://pietrocongedo.blogspot.com/2012/09/rocordo-di-renato-caccioppoli-50-anni.html
Renato Caccioppoli, spunta la cartella clinica: «Ingegno supernormale»
https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/arte_e_cultura/17_febbraio_02/renato-caccioppoli-spunta-cartella-clinica-ingegno-supernormale-6df49cc4-e947-11e6-93a0-3d5159668082.shtml
Libro "I Napoletani" di Generoso Picone
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788842077015
Articolo "Stanlio e Ollio" come "Littlewood e Hardy"
http://www.rudimathematici.com/archivio/049.pdfTaxi 1729
https://viaggiermeneutici.com/2016/11/21/taxi-1729/
G.H. Hardy fan of the cricket
https://www.cricketcountry.com/articles/gh-hardy-mathematician-and-unapologetic-cricket-fan-652715