Nel novembre del 2002 era tornata sul mercato antiquario una delle belle lettere di Alessandro Manzoni ancora in mani private.
La missiva era andata all'asta da Christie's a Roma, durante una vendita di manoscritti e libri antichi in Palazzo Massimo Lancellotti, in piazza Navona.
Francesco Hayez - Ritratto di Alessandro Manzoni - 1841 (a destra) e
Ritratto di Massimo d’Azeglio - 1864 - Milano, Pinacoteca di Brera
La lettera autografa era indirizzata al genero Massimo D'Azeglio (la firma è "Il tuo vecchio papà Alessandro Manzoni"), fu scritta il 4 marzo 1850 e il testo è edito nella raccolta "Tutte le lettere di Manzoni" a cura di Cesare Arieti.
La stima iniziale per questo documento originale fu di 3mila euro, ma l'assegnazione fu molto più alta, quasi il doppio!
"Non sono mai venuto finora a seccarti con mie lettere, confidenze, come confido sempre, che, anche in mezzo agli affari, mi serberesti un cantuccio nella tua memoria. Anzi ho sempre resistito bravamente a chi mi chiedeva di farti sdrucciolar nelle mani qualche raccomandazione. Ora vengo com'io, senza richiesta né suggerimento di nessuno, non fartene una, ma a dirti semplicemente un mio pensiero. Sapevo che il Tommaseo aveva disegnato di venire a passar qualche tempo in questo lago; e mi facevo una festa di rivedere, dopo tante vicende, un antico e caro amico. Vengo ora a sapere che gli è negato l'ingresso in questo Stato. E siccome mi pare di poter esser sicuro, per la cognizione che ho di lui, che, essendoci ammesso, non ci farebbe cosa veruna che potesse cagionar dispiacere, non che disturbo, così ho pensato che il dirtelo non sarebbe, alla peggio, che un passo inutile. E non vorrei neppure che ti credessi obbligato a rispondere. Se c'è qualcuno il quale deve sapere, per propria esperienza, che si può voler bene a uno senza adoprar la penna, e col quale perciò si possa fare a confidenza in questa parte, ille ego sum. In ogni caso, desidero che questo passo rimanga segreto, perché se si risapesse di là dal fiume sacro, me ne potrebbero venir delle noie, quando avrò pure dovuto passarlo, staccandomi con rammarico da questa cara solitudine. Verrà mai un tempo ch'io possa fare ancora con te di quelle chiacchierate che a me piacevano tanto, e a te non dispiacevano? Dio lo sa. Intanto io lo prego che ti dia ogni benedizione, e particolarmente quelle che ti sono necessarie nel tuo difficile posto, e t'abbraccio con quell'antico e inalterabile affetto che tu conosci."
scriveva Manzoni a Massimo D'Azeglio, che in quell'epoca era presidente del Consiglio del Regno di Sardegna.
Il romanziere chiedeva al genero una "raccomandazione" in favore dello scrittore e linguista Niccolò Tommaseo, che intendeva incontrare Manzoni in Lombardia, ma a cui le autorità austriache avevano negato il visto d'ingresso.
Pertanto, Manzoni sollecitava un passo "segreto" del D'Azeglio per superare le difficoltà e consentire a Tommaseo di arrivare a Milano e poi sul lago di Como.
Autoritratto di Massimo d’Azeglio acquistato nell’estate del 2016
dalla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris per le collezioni della
GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea) di Torino
Tutti conosciamo Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873), il grande scrittore, poeta e drammaturgo italiano, mentre pochi forse hanno sentito parlare di Massimo Taparelli marchese d'Azeglio (Torino, 24 ottobre 1798 – Torino, 15 gennaio 1866) che fu un politico, patriota, pittore e scrittore, nonché proprio genero del Manzoni.
D'Azeglio, dopo un inizio di carriera militare, ufficiale di Cavalleria nel reggimento "Reale Piemonte", presto abbandonata, continuò poi la propria attività di pittore e letterato, alternandosi tra i salotti intellettuali di Roma, Firenze e Milano, dove conobbe, allora 33enne, appunto Giulia, la figlia 22enne primogenita dei dieci figli di Alessandro Manzoni.
Massimo era un uomo alto con grandi baffi, spigliato e affascinante, e il Manzoni stesso, che nutrì sempre una grande simpatia per lui, ci dice che egli sapeva "cantare, suonare, ballare, cavalcare, giocar il biliardo e tirar di scherma".
Era andato a trovare i Manzoni con due propositi: parlare del suo romanzo storico (Ettore Fieramosca) e conoscere la primogenita.
Del romanzo non osò parlare, ma dopo poche settimane chiese la mano di Giulia, sposandola il 31 maggio del 1831 e rimanendone purtroppo presto vedovo, nel 1834, l'anno successivo alla nascita di Alessandra, la loro unica figlia.
Lettera autografa del 4 marzo 1850 di
Alessandro Manzoni a Massimo D'Azeglio
Purtroppo non è dato sapere se D'Azeglio sia riuscito a dare la possibilità di rientro al Tommaseo proprio in quest'occasione, o meglio io non ne ho notizia, ma direi di si.
Sta di fatto che proprio in quell'anno 1850 uscì un volume "Opere di Alessandro Manzoni" con la prefazione di Nicolò Tommaseo.
"Opere di Alessandro Manzoni" con un discorso preliminare di Niccolò Tommaseo e aggiunte osservazioni critiche
Questa è la storia della lettera e dell'asta, ma c'è un'altra storia, curiosa e divertente, anch'essa vera, legata a questi due nomi.
Il nonno di un mio caro amico si chiamava Alessandro Manzoni (i suoi gli diedero il nome Alessandro proprio in omaggio al grande scrittore), ma, ironia della sorte, aveva un amico che si chiamava Massimo D'Azeglio.
Un giorno i due amici decisero di andare a trovare un comune conoscente, non ricordo bene se in una casa di cura o in un ospedale, e presentatisi all'ingresso diedero i loro nomi...poco mancò che li ricoverassero come due "pazzi" con la camicia di forza!
"Un pazzo che pensa di essere Napoleone è evidentemente un pazzo, ma è ancora più pazzo un re che crede di essere un re", diceva Jacques Lacan, ma in questo caso nessuno dei due credeva di essere Alessandro Manzoni o Massimo D'Azeglio, era solo colpa dei loro nomi, facile inganno di deviazione dalla norma e di follia.