"Matematica bisestile", il tema del Carnevale della Matematica di gennaio 2024, ospitato da Dioniso Dionisi (alias Flavio Ubaldini) mi dà l'occasione per parlare "matematicamente" del perché esistono gli anni bisestili e di altre curiosità legate al nostro calendario.
La durata di un anno si basa sul tempo impiegato da un pianeta per ruotare attorno al Sole.
Papa Gregorio XIII, durante il passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano,
sancito tramite la bolla "Inter gravissimas" del 24 febbraio 1582,
promulgata dalla sua residenza di Villa Mondragone, presso Monte
Porzio Catone, nei Castelli Romani, introdotto quindi il 4 ottobre 1582
La Terra impiega leggermente di più di 365 giorni, bensì 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi, per compiere una rivoluzione attorno al Sole, e si tratta di circa sei ore in più rispetto ai 365 giorni che normalmente includiamo in un anno solare.
Di conseguenza, ogni quattro anni abbiamo circa 24 ore in più che aggiungiamo al calendario alla fine di febbraio sotto forma di giorno bisestile.
Senza il giorno bisestile, le date degli eventi annuali, come gli equinozi e i solstizi, si sposterebbero lentamente verso la fine dell’anno, cambiando le date di ogni stagione e, dopo solo un secolo senza giorni bisestili, l'estate non sarebbe iniziata prima della metà di luglio!
Ma gli aggiustamenti peculiari non finiscono qui.
Se la Terra ruotasse attorno al Sole esattamente in 365 giorni e sei ore, questo sistema di aggiungere un giorno bisestile ogni quattro anni non avrebbe bisogno di eccezioni. Tuttavia, la Terra impiega un tempo leggermente inferiore per orbitare attorno al Sole. Arrotondando per eccesso e inserendo un giorno bisestile di 24 ore ogni quattro anni si aggiungono circa 45 minuti extra a ogni ciclo bisestile di quattro anni.
Ciò equivale a circa tre giorni ogni 400 anni e per correggere ciò, gli anni divisibili per 100 non hanno giorni bisestili a meno che non siano anche divisibili per 400. Se si fanno i conti, si vede che l'anno 2000 era un anno bisestile, ma 2100, 2200 e 2300 non lo saranno.
Come ci racconta la storia anche il calendario giuliano, un calendario solare, cioè basato sul ciclo delle stagioni aveva anni bisestili, ma calcolati diversamente e prevedeva che la durata dell'anno fosse in media di 365 giorni e 6 ore.
Fu elaborato dall'astronomo Sosigene di Alessandria e promulgato da Giulio Cesare (da cui prende il nome), nella sua qualità di pontefice massimo, nell'anno 46 a.C., e rimase in vigore anche dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, rimanendo in uso fino al XVI secolo, quando fu sostituito dal calendario gregoriano tramite la bolla "Inter gravissimas" di Papa Gregorio XIII del 24 febbraio 1582, promulgata dalla sua residenza di Villa Mondragone, presso Monte Porzio Catone, nei Castelli Romani, introdotto quindi il 4 ottobre 1582.
Pare che Giulio Cesare si sia rivolto a Sosigene per l'elaborazione del calendario giuliano, e che a lui si debba l'introduzione dell'anno bisestile, la cui durata era basata sul ciclo callippico.
Pare anche che l'astronomo fosse molto caro a Cleopatra, di cui fu consigliere, e che fosse stata proprio la regina d'Egitto a presentarlo a Giulio Cesare.
Verso la fine della guerra civile romana (49–45 a.C. ), Cesare decise di sostituire la moltitudine di calendari imprecisi e diversi dell'impero romano con un unico calendario ufficiale e, su suggerimento di Sosigene, adottò una modifica del calendario solare egiziano di 365 giorni ma con un giorno in più ogni quattro anni (anno bisestile).
L'idea non era nuova, poiché un simile schema di giorni bisestili era stato tentato in Egitto nel 3° secolo a.C. da Tolomeo III Euergete, ma i suoi sudditi si erano rifiutati di seguirlo.
Novanta giorni furono aggiunti all'equinozio di primavera verso la fine di marzo del 46 a.C.
I precedenti calendari romani avevano cercato di mantenere l'equinozio attorno al 25 marzo, ed è possibile che Giulio Cesare stesse seguendo quella tradizione, ma a causa di un malinteso sulla prescrizione di Sosigene, i giorni bisestili furono inizialmente inseriti ogni tre anni anziché ogni quattro: un errore che fu corretto durante il regno di Augusto.
Sosigene potrebbe anche aver ideato il calendario astronomico che Cesare pubblicò per accompagnare la riforma.
Lo studioso romano Plinio il Vecchio ci racconta che Sosigene abbia scritto tre trattati di calendario, ma questi sono andati perduti.
Calendario romano
Il calendario giuliano, con questa approssimazione, aggiungeva 11 minuti ad ogni anno, correndo quindi più veloce rispetto al moto della Terra intorno al Sole. Quegli 11 minuti, che a prima vista potrebbero sembrare poca differenza, si accumulavano anno dopo anno fino a creare delle situazioni molto particolari.
Nel calendario giuliano si utilizzano quindi gli anni bisestili per compensare il fatto che la durata dell'anno tropico (o anno solare) non è data da un numero intero di giorni.
Il giorno in più si aggiungeva dopo il 24 febbraio, sexto die ante Calendas Martias nella lingua latina.
Va ricordato infatti che i romani avevano l'abitudine di contare i giorni mensili sottraendoli a determinate festività, come le Idi e le Calende, contando anche il giorno di partenza; quindi tra il 24 febbraio e il 1º marzo (che coincide con le Calende di marzo) c'erano appunto sei giorni (24-25-26-27-28-1).
Negli anni bisestili quindi, con febbraio di 29 giorni, il giorno in più, chiamato "bis sexto die" veniva intercalato fra il sesto e il quinto giorno prima delle calende di marzo, ossia fra il 24 e il 25 febbraio, da cui poi derivò bisestile e l'anno di 366 giorni venne detto "bisestile".
Sosigene stabilì che un anno ogni quattro fosse bisestile: in questo modo la durata media dell'anno giuliano risultava di 365 giorni e un quarto.
Ne conseguì che il calendario giuliano era ciclico ogni 4 anni equivalenti a 365 × 4 + 1 = 1.461 giorni. Considerando anche i giorni della settimana, allora il calendario giuliano era ciclico ogni 1.461 × 7 = 10.227 giorni che equivalgono a 4 × 7 = 28 anni (questo perché 1461 non è divisibile per 7).
La differenza con l'anno tropico risultava così di soli 11 minuti e 14 secondi circa, una precisione molto accurata per l'epoca.
Questa differenza, pari a circa un centesimo di giorno, si accumulava però col passare dei secoli, per cui la data d'inizio delle stagioni si spostava man mano all'indietro (si perdeva un giorno ogni 128 anni circa). Questo fenomeno era ben noto agli astronomi medievali e celebrare la Pasqua in una stagione ormai estiva sarebbe andato in contraddizione con le Sacre Scritture.
Per questo il Papa Gregorio XIII corse ai ripari con la riforma del calendario, eliminando di un colpo dieci giorni di ottobre, nel 1582.
La bolla "Inter gravissimas" di papa Gregorio XIII
"Affinché l'equinozio di primavera, che dai padri del concilio di Nicea fu stabilito al 21 marzo, venga riportato a quella data, comandiamo e ordiniamo che dal mese di ottobre dell'anno 1582 si tolgano dieci giorni, dal 5 al 14, e che il giorno dopo la festa di s. Francesco, che si suole celebrare il 4, si chiami 15"
(dalla "Bolla Inter gravissimas" di Gregorio XIII)
"Ma prima che gennaio tutto si sverni / per la centesma ch'è là giù negletta"
Questo verso tratto dalla Divina Commedia (Paradiso XXVII 142-143) mostra che lo stesso Dante era al corrente dell'eccedenza annuale del calendario giuliano (problema del resto affrontato da Giovanni da Sacrobosco, Roberto Grossatesta, Ruggero Bacone).
Tale eccedenza che egli chiama (arrotondando) la centesma, ossia la centesima parte del giorno (che in realtà è: 24h x 60′: 100 = 14' 40″), corrisponde al fatto che, col passare dei millenni, rimanendo non calcolata (negletta), avrebbe finito col far uscire dall'inverno (tutto si sverni) il mese di gennaio. Nel senso che il presunto equinozio di primavera, già sensibilmente arretrato, avrebbe finito coll'arretrare così enormemente rispetto all'equinozio effettivo, che non sarebbe più caduto nel mese di marzo, né in quello di febbraio o di gennaio, al punto che il primo giorno di gennaio, sia pure in un futuro remotissimo, avrebbe coinciso con l'inizio della primavera. In tal modo il mese di gennaio sarebbe caduto in un periodo che erroneamente gli uomini avrebbero continuato a chiamare inverno.
Era la sera di giovedì 4 ottobre 1582, gli italiani, i portoghesi, i polacchi, gli spagnoli e alcuni altri cattolici di quel tempo, andarono a dormire, per risvegliarsi il giorno dopo, come sempre...ma era venerdì 15 ottobre 1582.
Non avevano dormito dieci giorni, ma era semplicemente cambiato il calendario.
Il calendario gregoriano entrò in vigore in questa storica data in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia, Lituania, Belgio, Olanda e Lussemburgo, e nei 5 anni successivi molte altre regioni europee aderirono al metodo ideato da Ignazio Danti (in Austria a fine 1583, in Boemia, Moravia e cantoni cattolici della Svizzera a inizio 1584, eccetera).
Gli altri paesi si uniformarono in epoche successive: gli stati luterani, calvinisti e anglicani durante il XVIII secolo, quelli ortodossi ancora più tardi.
Diverse nazioni tuttavia hanno continuato a utilizzare il calendario giuliano ben oltre tale data, adeguandosi poi in tempi diversi tra il XVIII e il XX secolo.
Alcune Chiese, appartenenti alla Chiesa ortodossa russa, serba e di Gerusalemme, tuttora usano il calendario giuliano come proprio calendario liturgico e da ciò nasce l'attuale differenza di 13 giorni tra le festività religiose "fisse" ortodosse e quelle delle altre confessioni cristiane.
Presso alcune Chiese, ad esempio, il Natale viene festeggiato il 25 dicembre, come nella Chiesa cattolica, mentre il 7 gennaio nella Chiesa Ortodossa.
Il calendario giuliano è anche alla base del calendario berbero, tradizionale del NordAfrica.
Il calendario gregoriano continua la numerazione degli anni di quello giuliano e tale numerazione conta gli anni a partire dalla nascita di Gesù, che secondo i calcoli di Dionigi il Piccolo, avvenne nell'anno 753 "Ab Urbe condita" (dalla fondazione di Roma).
Gli anni successivi alla nascita di Gesù sono indicati comunemente con la sigla d.C., cioè "dopo Cristo", o nei paesi di lingua inglese con A.D., cioè "Anno Domini". Gli anni precedenti si indicano invece con la sigla a.C., cioè "avanti Cristo", o nei paesi anglofoni con B.C., "Before Christ" (prima di Cristo). Quando si omette la sigla, si sottintende sempre "dopo Cristo".
Poiché Dionigi chiamò "anno 1" il primo anno dell’era cristiana, non esiste un "anno zero": il problema della numerazione degli anni precedenti alla nascita di Cristo non fu affrontato da Dionigi, e solo in epoca successiva si stabilì di chiamare l'anno precedente all'1 d.C. come 1 a.C.
La data tradizionale per la nascita di Gesù è quindi il 25 dicembre dell'1 a.C., una settimana prima che iniziasse l'1 d.C. Oggi si pensa però che i calcoli di Dionigi fossero errati: secondo la maggior parte degli storici, la data di nascita di Gesù fu tra il 7 e il 4 a.C.
Ritratto di Ignazio Danti di Bartolomeo Passarotti (1576-86 circa).
Fonte: Musée des beaux-arts de Brest
Questo miracolo fu reso possibile dall’opera di un prete, matematico, astronomo, architetto Ignazio Danti che contribuì, con i suoi studi, a far sì che il 4 ottobre di 442 anni fa, fosse quindi l’ultimo giorno del vecchio calendario giuliano.
Pellegrino Rainaldi Danti in arte Ignazio (o Egnazio) Danti , matematico, astronomo, frate domenicano e cosmografo (Perugia 1536 – Alatri 1586), fin da piccolo apprese i rudimenti della pittura e dell'architettura dai familiari, ma la vocazione per la matematica e la scienza diventò presto il suo destino.
Dopo gli studi in filosofia e teologia, si dedicò senza tregua alla matematica, all'astronomia, alla geografia e alla cartografia.
Nel 1567 circa, Cosimo I de' Medici, duca di Toscana lo chiamò nella sua corte per sviluppare e diffondere gli studi matematici ed astronomici nel suo territorio.
Divenne così cosmografo granducale lavorando alle mappe che decorano ancora oggi la Sala delle Carte di Palazzo Vecchio.
Durante la sua permanenza a Firenze Danti risiedette al convento di Santa Maria Novella progettando la sfera armillare e lo gnomone presenti sulla facciata della chiesa. Le linea meridiane che si vedono ancora oggi si basano sugli studi e sui fori gnomici realizzati negli ultimi decenni del 1500.
Invitato a Roma da papa Gregorio XIII lavorò con grande passione alle carte geografiche dei Palazzi Vaticani, diventando matematico pontificio e membro della commissione per la riforma del calendario. Qua seguì anche i lavori dei pittori convocati in Vaticano dal papa, per continuare dopo Raffaello a redigere le carte geografiche dell'Italia conosciuta.
Rispetto all'anno astronomico, il calendario giuliano aveva accumulato un piccolo ritardo ogni anno, pari ad un giorno ogni 128 anni, a partire dalla sua introduzione nel 45 a.C., così da arrivare a circa 13 giorni nel XVI secolo.
Proprio per recuperare i 10 giorni di ritardo accumulati dal 325 d.C., anno del Concilio di Nicea, nel 1582 fu sostituito dal calendario gregoriano.
Negli anni tra il 325, quando il Concilio di Nicea stabilì la regola per il calcolo della Pasqua, e il 1582, si era infatti accumulato un errore di circa 10 giorni. Questo significava, ad esempio, che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più iniziare il 21 marzo, ma l'11 marzo.
Così la Pasqua, che avrebbe dovuto cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, veniva spesso a cadere nella data sbagliata
Fu quindi introdotto il calendario gregoriano, che tuttora utilizziamo, passando direttamente al 15 ottobre per effetto della correzione e il 1582 durò quindi 10 giorni in meno.
L’entrata in vigore del nuovo calendario decisa da Papa Gregorio XIII , da cui prende il nome, fu sancita con la bolla "Inter Gravissimus", promulgata dalla sua residenza di Villa Mondragone, che aveva il compito di rimettere ordine nella scansione e nel calcolo del tempo.
L’incarico fu affidato dal Pontefice al gesuita Cristoforo Clavio, col quale collaborarono il medico Luigi Lilio (che scrisse un trattato in cui spiegava il fatto che bisognava eliminare certi salti e di colpo 10 giorni), il matematico Ignazio Danti (di cui ho parlato) e l’astronomo Giuseppe Scala che morì giovanissimo a soli ventinove anni.
Il gruppo di esperti si basò sui calcoli dell’astronomo polacco Niccolò Copernico (Mikolaj Kopernik) pubblicati circa 40 anni prima, che aveva misurato sia l’anno tropico che quello siderale nel libro "De Revolutionibus orbium coelestium libri sex" pubblicato nel 1543.
"San Francesco in meditazione" - Michelangelo Merisi
detto Caravaggio - 1605 - Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma
Ma c'è un'altra curiosità legata all’entrata in vigore del nuovo calendario decisa da Papa Gregorio XIII, da cui prese il nome e che aveva il compito di rimettere ordine nella scansione e nel calcolo del tempo.
Fu infatti sancita con la bolla "Inter Gravissimus" e sebbene la bolla pontificia di Papa Gregorio XIII, che pose fine all'utilizzo del calendario giuliano nella Chiesa, fosse del 24 febbraio 1582 perché mai si aspettò proprio il 4 ottobre?
L'idea iniziale era di saltare i primi dieci giorni di ottobre, a cui però i francescani si opposero per poter ricordare il 400esimo anniversario di San Francesco, nato nel 1182.
Infatti della nascita non si conosceva il giorno preciso e si ritenne di festeggiarla nella data liturgica del 4 ottobre, giorno successivo alla morte del 3 ottobre 1226.
Gli effetti della riforma gregoriana del calendario, con la cancellazione di dieci giorni dal calendario, si fanno sentire anche 442 anni dopo.
Ancora oggi in Italia ed altri paesi europei è conosciuto il detto "Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia", nonostante questo onomastico sia il 13 dicembre, circa dieci giorni prima del solstizio. Il motivo va cercato proprio nell'eliminazione dei dieci giorni nel 1582: Santa Lucia coincideva con il solstizio, ed era effettivamente il giorno più corto dell'anno.
Anche sulla morte di Shakespeare e Cervantes, che ha dato vita alla "Giornata del Libro", c'è qualche confusione causata dalla riforma del calendario.
Il 23 aprile 1616 scomparvero tre grandi autori della letteratura mondiale, William Shakespeare, Miguel De Cervantes e Inca Garcilaso de la Vega (il cui nome originale era Gómez Suárez de Figueroa).
Il problema è che Cervantes e Garcilaso de la Vega morirono il 23 aprile in Spagna, un paese che aveva adottato il calendario gregoriano, mentre Shakespeare morì il 23 aprile in Inghilterra, in un paese dove, per via della religione protestante, era ancora in uso il calendario giuliano, e quindi di fatto circa dieci giorni dopo.
Lo stesso accade per il giorno della nascita di matematici o scienziati come per esempio il grande Isaac Newton a cui è dedicato il Merry Newtonmas.
Nel giorno che nella tradizione cattolica e secondo il calendario gregoriano viene dedicato alla nascita di Gesù, non viene magari in mente che in questo giorno del calendario giuliano, il 25 dicembre 1642, ai tempi ancora in uso in Inghilterra, possa essere nato un uomo che forse davvero ha cambiato il mondo!
Per il calendario gregoriano era già il 4 gennaio 1643.
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