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mercoledì 10 marzo 2021

Pi Day, Oscar Chisini e isoperimetri

Ci sono almeno due ragioni perché per questo 14 marzo, giorno dedicato al pi greco, io parli di un grande matematico, Oscar Chisini.
Una ragione sta nel fatto che, come Einstein, nacque in questo giorno ma dieci anni dopo, nel 1889, l'altra è che nella sua teoria elementare degli isoperimetri il pi greco è protagonista.
Ce ne sarebbe anche una terza, legata ai miei ricordi universitari, quella dell'aula dell'allora Facoltà di Matematica (oggi Dipartimento) di via Saldini 50 a Milano, a lui dedicata.

Aula Oscar Chisini al Dipartimento di Matematica a Milano in via Saldini 50

Terzo figlio di una famiglia di origini nobili veneziane, Oscar Chisini nasce a Bergamo appunto il 14 marzo 1889.
Il padre era un militare in servizio permanente e la famiglia ne seguì le tappe della sua carriera e, dopo gli studi classici prima a Ravenna e poi a Bologna (all’epoca in Italia vi era un unico tipo di Liceo nel quale l’insegnamento del Latino e del Greco erano obbligatori), Oscar si iscrive all’Università a Bologna, prima a Ingegneria e poi passa a Matematica, dove sotto l'ala del grande Federigo Enriques si laurerà nel 1912.
Collaborando proprio col grande Federico Enriques, prima di partire volontario nella prima guerra mondiale, nel 1915, vede pubblicato il primo volume delle "Lezioni sulla teoria delle funzioni e delle equazioni algebriche", che avrà 4 volumi e diventerà nota come l’Enriques-Chisini.
I quattro volumi di questa monografia, iniziata appunto nel 1915 e terminata nel 1934 (I-1915, II-1918, III-1924, IV-1934), furono concepiti in quello che Chisini chiamava un modo peripatetico, cioè camminare sotto i portici di Bologna con Enriques che forse si fermava a scrivere sul pavimento con la punta dell'ombrello, tanto da far nascere in lui l'idea che "la geometria ti insegna come eseguire il ragionamento corretto sull'immagine sbagliata".
La sua collaborazione con il grande Enriques fu per Oscar molto importante, sia per la sua formazione scientifica che didattica, un grande alla cui morte, nel giugno del 1946, Chisini dedicò queste parole:

"Si è perduto, con la scomparsa di Federico Enriques, il matematico italiano che più si accosta ai grandi filosofi antichi per ampiezza di vedute e profondità di pensiero, si è perduto un maestro particolarmente generoso e affettuoso con i suoi allievi, un giudice acuto e imparziale, un uomo che, pur conscio del proprio valore, era modesto e, soprattutto, era buono: così la sua dipartita fu pianta da quanti veramente lo conobbero e molti ne rimasero sbigottiti, tanto che ancor ora non sanno persuadersi che tanta luce di pensiero sia spenta per sempre"  

La sua partecipazione alla guerra, come ufficiale dell'artiglieria alpina, gli fa interrompere questa sua collaborazione e rallentare la carriera, anche se, come la maggior parte dei matematici coinvolti direttamente nel conflitto, Chisini mette le proprie conoscenze a profitto nella soluzione di problemi militari e inventa e brevetta un telemetro logaritmico per la determinazione della quota degli aerei in volo mediante una proiezione bicentrale.
A guerra conclusa, conseguita la libera docenza nel 1918, ricoprì vari incarichi d'insegnamento nelle Università di Bologna e Modena e nel 1923 vinse il concorso per la cattedra di Geometria dell'Università di Cagliari, passando poi nel 1925 a quella di Algebra e Geometria analitica. 
Dopo essere passato, dal 1925, al Politecnico di Milano, nel 1929 Chisini fondò, assieme a Gian Antonio Maggi e Giulio Vivanti, l'Istituto di Matematica dell'Università degli Studi di Milano, e ne tenne la posizione di direttore dai primi anni trenta fino al 1959. 
Nel 1952 fece in modo che l'Istituto di Milano venisse dedicato alla memoria di Federigo Enriques e l'istituto di Matematica ha mantenuto tale nome anche dopo essere divenuto il Dipartimento di Matematica a partire dal 1982.
Chisini si impegnò molto nella didattica e nella divulgazione della matematica, scrivendo vari manuali universitari (in particolare "Lezioni di geometria analitica e proiettiva", di cui la prima edizione è del 1944) e testi per le scuole secondarie.
Fu uno dei principali contributori all'Enciclopedia Italiana e dal 1946 al 1967 fu direttore della rivista "Il Periodico di matematiche", organo della Società Mathesis e fu uno dei maggiori esponenti della scuola italiana di geometria algebrica.
Tra i suoi allievi, che furono anche validissimi professori negli anni in cui io frequentai la Facoltà (oggi Dipartimento) di Matematica, vanno ricordati Bruno de Finetti, Carlo Felice Manara, Modesto Dedò, Ermanno Marchionna e Cesarina Tibiletti Marchionna.
Come racconta proprio Carlo Felice Manara (Biografia, estratto dal "Periodico di Matematiche" ), Chisini univa spesso agli argomenti matematici delle sue lezioni, lunghi passaggi della Divina Commedia di Dante, dovuti alla sua dotta preparazione classica.
Uno dei suoi biografi, Eugenio Giuseppe Togliatti, evidenzia come l'attività di Oscar Chisini nelle scienze matematiche sia stata triplice: ricerca scientifica nel campo della geometria algebrica, ricostruzione originale di alto livello di teorie matematiche e coinvolgimento attivo nell'insegnamento della matematica. 
Fu proprio quest'ultimo a portarlo a riflettere sulla nozione di media, dandone infine una definizione originale nel 1929 che fu prima apprezzata e adottata dal suo allievo Bruno de Finetti e poi divenuta punto di riferimento in statistica come "media Chisini". 
Inoltre Oscar Chisini è internazionalmente conosciuto per i suoi lavori in Geometria algebrica tra cui l’introduzione del concetto di treccia caratteristica di una curva piana (Trecce di Chisini).
Sempre nell'ambito del suo lavoro di insegnante e divulgatore scrisse molti articoli e libri su vari aspetti della matematica elementare. 
Proprio sulla rivista "Il Periodico di matematiche" pubblicò importanti articolo: "Sul principio di continuità" (1956), una lezione espositiva sul principio di continuità nella geometria algebrica, a partire dalle idee di Keplero, "La superficie cubica (1957), una trattazione chiara ed originale delle principali proprietà delle superfici cubiche, presentandola come introduzione preliminare allo studio della geometria algebrica e "Isoperimetri" (1960) che contiene pensieri elementari sul problema isoperimetrico piano.
  
E così, dopo queste note biografiche, arrivo a parlare di quel secondo motivo per cui proprio in questo pi day parlo del grande matematico Oscar Chisini, vale a dire la sua teoria elementare degli isoperimetri, dove appunto pi greco è protagonista, "Sulla teoria elementare degli isoperimetri", che pubblicò in "Questioni riguardanti le Matematiche elementari" curato da F. Enriques (edited by Zanichelli, Bologna, 1914, 541-639) 

"Sulla teoria elementare degli isoperimetri"
 
Problema
Se si ha un pezzo di corda di lunghezza data, diciamo l, qual è la superficie più grande che vi può essere racchiusa?


Il problema facile da esprimere non è semplice da risolvere!
Analizziamo la disuguaglianza isoperimetrica nel piano 

Nota¹ sulla Superficie del cerchio - Immagine © Paola Gario

Ma si sa che π è più piccolo di 4, dunque l’area del cerchio è più grande dell’area del quadrato. 
L’area S del quadrato è minore dell’area del cerchio, 
S ⩽ l²/4π o anche che 4πS ⩽ l²
La disuguaglianza isoperimetrica dice che, qualunque sia la forma che la corda va a contornare, la superficie S che si ottiene verifica la disuguaglianza 4πS ⩽ l²

Immagine © Paola Gario

Il problema ha un enunciato duale, cercare il perimetro minimo che racchiude una data area, e i due problemi sono equivalenti.
Isoperimetri si diranno dunque le figure il cui contorno abbia ugual lunghezza ricordando che la parola "isoperimetri" è parola del linguaggio tecnico di origine greca (ἴσος = uguale, περί = intorno, μέτρον = misura). 

Nello spazio è la sfera che realizza il più gran volume e la disuguaglianza isoperimetrica si scrive:
36πV² ⩽ S³

Il problema ha una storia antica e viene fatto risalire al mito della fondazione di Cartagine nel 814 a.C. e alla sua regina Didone, come riporta Virgilio nell'Eneide (libro I, 365-369).

Didone fonda Cartagine - Dipinto a olio su tela (161 x 200 cm) di Giambattista Pittoni
 eseguito indicativamente nel 1720 e conservato nella collezione del Museo Nazionale
 Ermitage di San Pietroburgo, in Russia.

Collegato al problema isoperimetrico e molto simile, anche se immerso nel mito, è infatti il cosiddetto problema di Didone, legato alla fondazione di Cartagine. 
Didone fu la mitica fondatrice della città di Cartagine, della quale si hanno notizie da alcuni storici romani, anche se il resoconto più noto delle vicende che la videro protagonista è quello messo in poesia da Virgilio, che così ci racconta.
La principessa fenicia Didone (conosciuta anche come Elissa) fuggì con alcuni fedelissimi dalla città natale di Tiro dopo aver scoperto che il re Pigmalione (suo fratello) aveva assassinato suo marito Sicheo; dopo un lungo viaggio approdò sulle coste dell’Africa settentrionale (in Libia). Qui contattò il re locale Iarba per l’acquisto di un appezzamento di terra su cui costruire una nuova città ed  egli, per tutta risposta, le affidò una pelle di toro e le disse che poteva prendere tanto terreno quanto tale pelle potesse racchiuderne.

“Devenere locos ubi nunc ingentia cernis Moenia sergentemque novae Karthaginis arcem, mercatique, solum, facti de nomine Byrsam, taurino quantum possent circumdare tergo. Sed vos qui tandem? quibus aut venistis ab oris? quove tenetis iter?” 
("Giunsero ai luoghi dove ora vedi enormi mura e la nascente fortezza della nuova Cartagine e comprarono tanta terra quanto una pelle di toro potesse circondarne, per questo [il 'luogo fu chiamato'] Birsa² dal nome dell'accaduto. Ma voi chi mai siete? da quali spiagge veniste? dove volgete la rotta?")

Virgilio non descrive dettagliatamente come Didone risolse il problema della pelle di toro, tuttavia la tradizione tramanda che la principessa, senza perdersi d’animo, escogitò un astuto stratagemma per accaparrarsi un terreno quanto più vasto fosse possibile, includente la collina su cui costruire la rocca. Didone ordinò che la pelle fosse tagliata in listarelle sottili, le quali fossero legate insieme ai capi per formare una lunga corda.
Con tale corda, la principessa fece congiungere le rive dai lati opposti dell’altura, acquisendo così la proprietà della collina ed un comodo sbocco sul mare; inoltre viene specificato che Didone fece disporre la corda a forma di semicerchio in modo da racchiudere la maggior area possibile.

Ecco così spiegati l’origine ed il nome del problema di Didone:
Tra tutte le curve della stessa lunghezza aventi estremi su una retta assegnata, determinare quelle che delimitano con la retta la figura piana d’area maggiore.
e del suo “duale”:
Tra tutte le curve aventi estremi su una retta assegnata che delimitano con la retta figure piane della stessa area, determinare quelle che hanno lunghezza minore.

C’è una stretta correlazione tra il problema di Didone ed il problema isoperimetrico: infatti, se Γ è una curva che risolve il problema di Didone, allora la figura che si ottiene riflettendo rispetto alla retta assegnata quella determinata da Γ è necessariamente una soluzione di un problema isoperimetrico. Parimenti, se si taglia a metà con una retta una figura che risolve il problema isoperimetrico si ottiene una figura il cui bordo curvo è necessariamente la soluzione di un problema di Didone. 

Il matematico greco Zenodoro (ca. 200–140 a.C.)

Ma le prime congetture circa le soluzioni del problema hanno origine molto più antica e sicuramente precedente alla storia di Didone, anche se i primi risultati nella determinazione delle soluzioni sono da attribuirsi al matematico greco Zenodoro (ca. 200–140 a.C.) il quale, con ragionamenti di tipo geometrico sintetico, riuscì a dimostrare che il cerchio ha area maggiore di ogni poligono (regolare o no) avente lo stesso perimetro. 
Sebbene tale risultato fosse tutt’altro che completo, esso portò i geometri a formulare il cosiddetto teorema isoperimetrico classico:
Tra tutte le figure piane aventi lo stesso perimetro, il cerchio è quella d’area massima

Zenodoro è infatti noto come l'autore del trattato "Sulle figure isometriche", oggi perduto, ma fortunatamente, conosciamo molte delle sue intuizioni grazie al Libro V delle "Collezioni matematiche" di Pappo che riporta 14 sue proposizioni, citate anche nei "Commentari dell'Almagesto" di Teone di Alessandria. 

Le proposizioni più importanti da lui testate sono:

Di tutti i poligoni regolari di uguale perimetro, quello con l'area maggiore ha il maggior numero di angoli.

Un cerchio è più grande di qualsiasi poligono regolare di contorno uguale.

Di tutti i poligoni dello stesso numero di lati e perimetro uguale, quello equilatero ed equiangolare è l'area maggiore.

Di tutte le figure solide le cui superfici sono uguali, la sfera è la più grande nel contenuto solido.

Oscar Chisini dà un’esposizione profonda del problema prima nel piano, poi nello spazio, partendo  dagli antichi. 
Esamina i problemi isoperimetrici di Pappo e tratta una prima dimostrazione del teorema che si attribuisce a Zenodoro.  
Poi passa ai contributi moderni alla teoria elementare, evidenziando i nodi critici del passaggio rettilineo/curvilineo.
Esamina gli importanti contributi di Gabriel Cramer e di Jakob Steiner e, soffermandosi sul suo "metodo di simmetrizzazione" e sulle sue criticità, analizza il metodo della "dilatazione parallela" di Hermann Minkowski.

Le dimostrazioni classiche, comprese quelle di Steiner, hanno però una lacuna a cui gli sviluppi moderni dell’analisi superiore hanno dato soluzione. 
Esse ammettono l’esistenza di una figura di area massima tra quelle di dato perimetro (di un n-gono di area massima, piuttosto che di una curva di area massima). 
Le dimostrazioni classiche, secondo Chisini, possono essere "interpretate come procedimenti di trasformazioni che conducono a serie illimitate di figure convergenti verso una figura limite"
"Con ciò la teoria stessa potrebbe ritenersi esaurita; ma si affaccia naturale la domanda se gli stessi teoremi non possano rendersi indipendenti dall’esistenza del massimo [… ]. Ho potuto rispondere a questa domanda limitandomi all’uso di procedimenti affatto elementari ed euclidei, e presento quindi i risultati così ottenuti come a coronamento dell’edificio".



Non mi dilungo nella spiegazione ma lascio il link a un'esauriente trattazione dello stesso Oscar Chisini per l'Enciclopedia Italiana (1933) riportata da Treccanitratta dal suo capitolo "Sulla teoria elementare degli isoperimetri",  in "Questioni riguardanti le matematiche elementari" di F. Enriques (parte 3ª, Bologna 1927, pagine 201-310).



Note

¹ La superficie del cerchio, come noto, equivale a πr² ed essedo r=l/2π si ha:
Sup = π(l/2π)²= πl²/4π²= l²/4π 
² La zona ricevette il nome di Birsa (che in greco significa 'pelle' o 'cuoio' ), dal sostantivo 'pelle' (per l'appunto 'byrsa'), che era, se così si può dire, il nome del fatto, ossia il termine centrale che indicava cosa era accaduto. 



 

lunedì 18 dicembre 2017

Einstein, genio assoluto o relativo?

Mi è capitato di assistere a teatro a un monologo, interpretato dall'attrice Gabriella Greison, laureata in fisica, scrittrice e giornalista,  dal titolo "1927 Monologo Quantistico", che voleva essere un'introduzione ai "misteri" della Fisica Quantistica partendo dalla famosa foto, datata 29 ottobre 1927, in cui sono ritratti in posa 29 scienziati, quasi tutti fisici e uomini tranne Maria Curie, di cui 17 erano o sarebbero diventati Premi Nobel.
Avevano partecipato a Bruxelles alla quinta edizione della Conferenza Solvay,  che Einstein chiamò "Witches’Sabbath" (il convegno delle streghe), uno dei convegni voluti dall’industriale belga Ernest Solvay per fare il punto sui progressi della fisica.


Institut International de Physique Solvay, Leopold Park - Bruxelles 
Quinta conferenza Solvay 29 ottobre 1927. 
In piedi, in terza fila:
Nella fila centrale: 
Seduti davanti: 
Partendo da questa foto storica e dalla cena che ne seguì, Gabriella Greison, conduce lo spettatore a quella tavola, tra porcellane finissime e luci sfavillanti, camerieri compassati e ottimo cibo, facendogli ascoltare le chiacchiere che si intrecciano da una sedia all’altra, tra cui l’acerrima discussione sulla fisica quantistica tra Albert Einstein e Niels Bohrpunto cruciale nella storia della disciplina di quell'anno. 
E così, tra una portata e l’altra, cerca di trasmettere e far capire concetti complessi, facendoli ascoltare anche direttamente dalla "voce" di chi li ha ideati.
All'interno del monologo, molto spazio è stato dato alla figura di Albert Einstein, anche se, come detto, lo scienziato non amasse la fisica quantistica, anzi, secondo lui, prendere seriamente la teoria quantistica significava negare l’esistenza di un mondo fisico reale indipendente dall’osservazione. 
Questo spazio biografico, dedicato al grande scienziato,  purtroppo è stato caratterizzato solo da banali aneddoti o episodi dei sui soggiorni europei e americani, senza far minimamente cenno al soggiorno italiano (ricco di interessanti aneddoti o curiosità) o a quegli studiosi italiani (ma non solo) che sicuramente hanno avuto grande peso e importanza nella stesura della sua più importante Teoria, quella della Relatività.





Uno di questi fu senz'altro Tullio Levi-Civita (1873-1941), uno dei più grandi matematici mondiali del Novecento, personalmente ringraziato da Einstein per avergli fornito nel corso di lunghi carteggi lo strumento matematico indispensabile a dimostrare la Teoria della Relatività e che diventerà la struttura matematica dell’intera teoria.
Un giorno fu chiesto ad Albert Einstein, ormai un mito della scienza, cosa amasse dell’Italia ed egli con la sua proverbiale ironia rispose :
"Spaghetti and Levi-Civita"
In un intenso scambio epistolare, avvenuto nella primavera del 1915, Levi-Civita condivise con Einstein il calcolo differenziale assoluto, che aveva sviluppato all’inizio del Novecento con il suo maestro, e grandissimo matematico a sua volta, Gregorio Ricci Curbastro (1853-1925). 
Le capacità matematiche dell’italiano erano assai invidiate da Einstein che in una lettera del 1917 gli scrisse: 
"Ammiro il Suo metodo di calcolo. Deve essere bello cavalcare sul cavallo della vera matematica attraverso questi campi, mentre uno come me deve accontentarsi di procedere a piedi".
Il rapporto scientifico tra Einstein e Levi-Civita era destinato a durare nel tempo e nel 1936 si incontrarono un’ultima volta, frequentandosi per sei mesi, a Princeton. 
Testimone di quel loro incontro fu il fisico Leopold Infeld (1898-1968) che in quegli anni collaborava con Einstein e che nella sua biografia darà un divertente resoconto che tratteggia le personalità di questi due grandi scienziati (Leopold Infeld - "Albert Einstein" - Giulio Einaudi - Torino 1952).
Levi-Civita si occupò a lungo di relatività e fu uno dei propugnatori della teoria relativistica in Italia, anche se si era per così dire convertito alle nuove idee relativistiche, dopo un inizio non certo favorevole ad esse, che aveva addirittura definite un "baraccamento provvisorio".



Albert Einstein tiene a Bologna una serie di conferenze sulla relatività. 
E' invitato dal professore e grande matematico Federigo Enriques, insieme ad altri scienziati, 
a nome di un comitato cittadino che opera per la divulgazione scientifica. 
Le conferenze si tengono il 22, 24 e 26 ottobre 1921 nell'aula dello Stabat Mater dell'Archiginnasio

Fu comunque anche l’autore della Prefazione alla prima opera di Einstein tradotta in italiano, "Sulla teoria speciale e generale della relatività" .
Il volume fu pubblicato nel 1921 da Zanichelli in occasione delle tre conferenze divulgative che Einstein tenne a Bologna, in perfetto italiano, invitato dal grande matematico professor Federico Enriques
In quell’occasione i quotidiani italiani diedero ampio spazio all’avvenimento pubblicando articoli pro e contro la nuova teoria, anche se soprattutto l'influenza del grande studioso Levi-Civita trascinò con sé gran parte dell'ambiente fisico-matematico italiano.
Va ricordato anche il fatto, proprio di quell'anno, della discussa assegnazione del Nobel per la Fisica.
Sebbene il nome di Einstein fosse già comparso regolarmente, sin dal 1910, tra le "nomination” che il Comitato riceveva (e riceve) da un selezionato pool di studiosi di tutto il mondo, tuttavia, in quell’epoca di forti passioni e contrasti, sistematicamente alcuni membri del Comitato si opposero ad ogni tentativo di concedere il riconoscimento ad Einstein, soprattutto per la loro forte predilezione verso gli aspetti sperimentali che li portava a considerare la Teoria della Relatività troppo speculativa anzi perfino “filosofica”.
Riuscì a sbloccare la situazione il fisico svedese Carl Wilhelm Oseen, che propose di premiare Einstein nel 1922, con il premio non assegnato nel 1921, ma non per la Teoria della Relatività, bensì per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico.
Per inciso non si dovrebbe sottovalutare l'apporto alla stesura della teoria dell'effetto fotoelettrico, dato anche dal grande Hendrik Antoon Lorentz, fisico famoso per le sue ricerche sull'elettromagnetismo (in particolare con la Forza di Lorentz) e l'elettrodinamica.
Alcuni suoi contributi importanti come le trasformazioni di Lorentz (e alcune ipotesi sulla contrazione dei corpi in movimento) furono utilizzate dallo stesso Einstein per la descrizione dello spazio e del tempo nella formulazione della relatività ristretta (TRR).
"La gente non si rende conto di quale grande influenza abbia avuto Lorentz sullo sviluppo della fisica. Non possiamo immaginare come sarebbe andata se egli non avesse dato tanti contributi impareggiabili"
Così infatti disse Einstein che, senza le sue equazioni, non avrebbe forse mai formulato con completezza e coerenza matematica la TRR. 
Comunque Einstein ricevette la notizia dell'assegnazione del Nobel nel novembre del 1922, ormai in viaggio verso il Giappone e non riuscì a partecipare alla tradizionale cerimonia che si svolse (come avviene ancora oggi) a Stoccolma il 10 dicembre, anniversario della morte del fondatore Alfred Nobel.

Foto pubblicata per la prima volta nel 2011 - Einstein ed Elsa visitano il Giappone, nel 1922.
Il matrimonio con Elsa, che era sua cugina di primo grado, fu più un’unione di convenienza che un incontro di anime
(dopo il divorzio dalla prima moglie Mileva Marić.
Lontana dal mondo intellettuale del consorte, Elsa lo accudiva quasi come fosse un bambino, risparmiandogli le noie quotidiane, tollerando le sue non poche infedeltà e, con un ottimo inglese assai migliore di quello del marito, contribuì, nei rapporti con i media, a consolidarne l'immagine e la fama.
    
Altro contributo notevole fu sicuramente quello di Michele Angelo Besso (1873–1955), un ingegnere svizzero di origine ebraico-italiana (sefardita) che lavorò, nello stesso ufficio brevetti di Berna, con Albert Einstein e ne divenne amico intimo, confidente, e sostenitore, tanto che il grande fisico lo ebbe a definire come "la migliore cassa di risonanza in Europa"
E quando Einstein si trasferì a Zurigo e poi a Berlino i due studiosi continuarono ad incontrarsi spesso e mantennero una vivace corrispondenza.
Lo storico articolo di Einstein "Zur Elektrodynamik bewegter Körper"- "Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento", nel quale espose la teoria ora conosciuta come "relatività ristretta" (TRR), fu per allora un lavoro scientifico decisamente insolito, in quanto non riportava i normali riferimenti alla letteratura della fisica teorica, ma a cui contribuì notevolmente anche l'amico Michele Besso.
L'unica persona infatti a cui diede credito di aver contribuito al lavoro del 1905 fu proprio Michele Besso, che Einstein ringraziò scrivendo: 
"... concludendo, tengo a dire che l'amico e collega Michele Besso mi ha costantemente prestato la sua preziosa collaborazione mentre lavoravo a questo argomento, e che gli sono debitore di parecchi interessanti suggerimenti".
Quanto siano stati solo suggerimenti o capitoli importanti forse non ne avremo mai conferma ma sta di fatto che nel 1913 Einstein e Besso collaborano a quello che è considerato il primo tentativo di stesura della "relatività generale" (manoscritto attualmente conservato al Musée des Lettres et Manuscrits di Parigi), priva tuttavia del necessario formalismo tensoriale di cui Einstein si sarebbe servito due anni più tardi, con la collaborazione dell'amico e matematico, nonché loro compagno di studi universitari, Marcel Grossmann, per la definitiva e corretta stesura della teoria (TRG). 
Il manoscritto, che si sofferma in particolare sulla possibile soluzione al problema della precessione del perielio dell'orbita di Mercurio, uno dei punti di inconsistenza storicamente più rilevanti nella classica teoria newtoniana della gravitazione, mostra come, in questo caso, Besso ebbe un ruolo molto maggiore di "una cassa di risonanza".
Verso la fine della sua vita, Einstein ricevette una lettera dalla moglie del suo amico Michele Besso, che stava in Svizzera. Lei scrisse: 
"Sai, tu e Michele eravate amici a Berna, e Michele ha così tanto talento, come mai non ha mai realizzato niente?"
E Einstein rispose: 
"Ma naturalmente perché lui è un uomo buono!" 
Buono in che senso? A cosa si sarà mai riferito?


Mileva Maric e Albert Einstein
Si sposarono nel 1903 e divorziarono nel 1919

Un altro punto interrogativo legato alla Teoria della Relatività Ristretta è l'apporto della prima moglie.
Sempre in quel periodo e sempre in Svizzera, al Politecnico di Zurigo, Albert incontrò Mileva Maric, unica donna ammessa al corso tutto maschile di fisica e matematica, che poi sposò nel 1903. 
Mileva, di origine serba, era dotata di una intelligenza superiore, cosa che non veniva perdonata alle donne dell’epoca e Einstein la chiamava "monello" per la sua irrefrenabile vivacità, tanto da avere con lei infinite discussioni. 
Si confrontavano e punzecchiavano sulla velocità della luce in rapporto al moto della sorgente che la genera e sulla dinamica dei gas, dalla quale lei era stregata. 
Si pensa che Mileva abbia contribuito largamente, insieme a Michele Besso, alla stesura della TRR, che Einstein pubblicò due anni dopo il matrimonio. Nel testo, Einstein non fa alcun accenno alla moglie, forse perché il contributo di una donna avrebbe sminuito, nella bigotta società del primo ’900, il valore della scoperta. 
La comunità scientifica respinge l’idea che Mileva abbia avuto un ruolo significativo nella TRR, ma c’è un episodio che sembrerebbe confermarlo. Quando divorziarono nel 1919, Einstein accettò di inserire nella clausole della separazione l’impegno che, se avesse vinto il Nobel, avrebbe versato l’importo del premio sul conto svizzero della ex moglie. Lo vinse nel 1921, ma pare che investì ogni dollaro in bond di New York perdendo tutto nella crisi del ’29. 


A confronto la formula rispettivamente attribuita ad Einstein e a De Pretto.
La formula potrebbe essere attribuita anche S. Tolver Preston (1875) o a Jules Henri Poincaré (1900).....
Einstein era ben lungi dall'essere l'unica persona che contribuì allo sviluppo della teoria della relatività
Quanto Einstein abbia effettivamente tratto dal lavoro di Hendrik Lorentz, Henri Poincare, David Hilbert.....
nel formulare la teoria della relatività rimane controverso.

Altro contributo, molto più discusso, e che, al momento attuale, non può essere presentato che a livello di congettura, è quello del suo contemporaneo agronomo veneto Olinto De Pretto (nato a Schio VC nel 1857 vedi qui pag 87), uomo di cultura e appassionato di fisica e geologia. 
Dato che non è ancora dimostrabile, e mai forse lo sarà, se Albert Einstein abbia letto il lavoro di Olinto De Pretto e se, soprattutto, ne abbia tratto ispirazione, forse l'unica strada praticabile è quella di concentrare le attenzioni ancora sulla figura di Michele Besso che, come detto, era amico di Einstein, ma anche collegabile a De Pretto. 
D'altra parte Einstein conosceva e parlava molto bene l'italiano, come si constata dalle molte lettere, sia conservate all'Università di Pavia che negli archivi, o dai documenti delle conferenze che tenne nella nostra lingua.
Nel giugno 1894 infatti il papà di Einstein, Hermann, si trasferì per lavoro in Italia con la famiglia, prima a Milano dove avviò una fabbrica elettromeccanica lungo il Naviglio, poi a Pavia. 
Albert raggiunse la famiglia nel 1895 e passò giorni felici a Pavia e Casteggio con l'amica "del cuore" Ernestina Marangoni e dove imparò molto bene l'italiano.
Durante questo periodo, Albert venne anche incoraggiato a frequentare la fabbrica paterna, le "Officine Einstein-Garrone", per la produzione di dinamo e macchinari elettrici, di via Lecchi, nella zona del Naviglio Pavese e a interessarsi delle macchine elettriche, stesso campo d'interesse di De Pretto che collaborava con l'industria di famiglia, la Fonderia De Pretto, che era tra le poche aziende italiane a produrre a sua volta energia elettrica.
Nella Fonderia, Silvio De Pretto era coadiuvato dai fratelli Alessandro, perito chimico e Francesco, ingegnere, e nel 1886, dopo circa sette anni di assistentato alla Scuola Superiore di Agricoltura di Milano, presso il Prof. Cantoni (che morirà nel 1887), entrò nella Fonderia anche Olinto De Pretto, in qualità di Direttore Amministrativo, carica che terrà fino alla fusione della De Pretto con la Escher Wyss. 
Sempre a questo periodo risale la conoscenza di Einstein con Michele Besso a sua volta in contatto con le industrie elettriche.
L'amicizia di Michele Besso con Einstein, che andò del resto ben oltre il periodo giovanile di Zurigo, data dal 1896, anno nel quale Albert Einstein si iscrisse al Politecnico di Zurigo, città nella quale si era recato anche il Besso a completare i suoi studi sin dal 1891, dopo avere iniziato a studiare Scienze fisico-matematiche presso l'Università di Roma.
Divenuto ingegnere, il Besso restò alcuni anni in Svizzera, per poi andare a lavorare (1899) proprio a Milano presso la "Società per lo sviluppo delle Industrie elettriche in Italia".
Né bisognerebbe trascurare, ancora a proposito del legame De Pretto-Besso-Svizzera-Einstein, il fatto che Einstein era, prima di diventare il fisico più famoso del mondo, soltanto un "oscuro impiegato dell'Ufficio dei brevetti di Berna" e che la famiglia De Pretto era stata depositaria di brevetti internazionali relativi alle proprie attività. 
Molte altre circostanze, segnalate nel libro "Albert Einstein e Olinto De Pretto-La vera storia della formula più famosa del mondo", che qui non riporto per esteso ma lascio alla curiosità del lettore, dimostrano la possibilità oggettiva che uno spunto, forse non marginale, al lavoro di Albert Einstein sia venuto, anche per il tramite di Michele Besso, proprio dal dimenticato agronomo italiano, anche se paradossalmente tale suggerimento sia stato fornito ad Einstein da una serie di considerazioni teoretiche tutte assolutamente inaccettabili nella sua ottica.

Olinto De Pretto precursore di Einstein

Erano infatti teorie fondate su ipotesi relative alla struttura dell'etere, proprio quella elusiva "sostanza" che il lavoro di Einstein cercava al contrario di dichiarare "superflua", e di eliminare, cosa che poi di fatto avvenne, dal panorama della fisica. 
Riguardo alla teoria di De Pretto si tratta infatti di elementi formali, non decisivi, dato che il concetto di etere non è applicato alla teoria della relatività, ma di sicuro la frase che compare nel lavoro di De Pretto del 1904 (un anno prima della pubblicazione di Einstein negli Annalen der Physik dei suoi due celebri lavori) è esplicativa al riguardo: 
"La materia di un corpo qualunque, contiene in se stessa una somma di energia rappresentata dall'intera massa del corpo, che si muovesse tutta unita ed in blocco nello spazio, colla medesima velocità delle singole particelle" ... "La formula mv2 ci dà la forza viva e la formula mv 2/8338 ci dà, espressa in calorie,  tale energia. Dato adunque m=l e v uguale a 300 milioni di metri, che sarebbe la velocità della luce, ammessa anche per l'etere, ciascuno potrà vedere che si ottiene una quantità di calorie rappresentata da 10794 seguito da 9 zeri e cioè oltre dieci milioni di milioni".
(vedi "Albert Einstein e Olinto de Pretto - La vera storia della formula più famosa del mondodi Umberto Bartocci, con il testo integrale dell'opera di Olinto de Pretto "Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo" che il 27 febbraio 1904, venne ufficialmente pubblicato insieme a una lettera di consenso del 16 giugno 1903 dell'Illustre Astronomo Giovanni Schiaparelli)


Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 
Anno Accademico 1903-1904

Va anche ricordato che nel 1906 De Pretto fu accolto quale membro della Accademia dei Lincei. 
Il suo direttore, Ernesto Mancini, che era anche membro della Royal Society di Londra, presentò al comitato scientifico di questa organizzazione i documenti di De Pretto chiedendone il riconoscimento internazionale. 
Il testo, "Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo", venne accolto con favore dalla Royal Society ed inserito nel suo "Catalogo internazionale della letteratura scientifica".



Annalen der Physik  pubblicati da Albert Einstein nel 1905

La scienza comunque sembra non voler accettare che De Pretto, un oscuro agronomo vicentino, forse abbia ispirato il grande scienziato.
Con questo interrogativo, ma con la certezza che grandi apporti alle teorie di Einstein abbiano dato altrettante grandi menti, tra cui sicuramente Levi-Civita e Besso, ma non solo, concludo queste mie considerazioni, nate dall'ascolto di quel monologo a teatro che per nulla ha messo in risalto luoghi e personaggi che sicuramente hanno profondamente contribuito alla crescita e, di conseguenza, alla fama di Albert Einstein. 




Fonti

From the book
"L’opera di Einstein" di Gabriele Corbo - 1989
"Il genio e il gentiluomo. Einstein e il matematico italiano che salvò la teoria della relatività generale" di Fabio Toscano - Sironi, Collana Galápagos, 2004
"Le due Relatività - Gli articoli del 1905 E 1916" di Albert Einstein - traduzione di Aldo M. Pratelli ed Ermanno Sagittario
"Einstein parla italiano - Itinerari e polemiche" a cura di S. Linguerri e R. Simili - Pendragon, 2008
"Albert Einstein" di Leopold Infeld - Giulio Einaudi - Torino 1952
"Albert Einstein e Olinto de Pretto - La vera storia della formula più famosa del mondo" di Umberto Bartocci - Bologna, Andromeda, 1999
From website
Digital Einstein - Archivio lettere Einstein
http://www.alberteinstein.info/database.html
http://www.fembio.org/english/biography.php/woman/biography/mileva-maric-einstein/
http://zibalsc.blogspot.it/2014/08/160-unostinata-illusione.html
https://www.nobelprize.org/educational/physics/relativity/history-1.html
http://www.wikipedia.com
From the pictures
https://www.focus.it/scienza/scienze/teoria-della-relativita-100-anni-einstein?gimg=58544#einstein-inedito&img58544 
http://www.wikipedia.com