martedì 10 febbraio 2015

Gli Incas e il loro "strano" calcolo matematico

"Famolo strano", la famosa frase di un film di Carlo Verdone visto di recente, mi ha ricordato una conferenza a cui assistetti tempo fa, al Convegno Internazionale “Calcolo Matematico Precolombiano”, tenuta su un interessante studio/ricerca sulla matematica degli Incas e sulla sua interpretazione. 
Lo "strano" era appunto l'Abaco Inca, una realtà numerica decisamente strana e diversa dal sistema decimale, basato invece sull' istintiva possibilità di far di conto con le 10 dita.
Il professor De Pascale che all'inizio di questo secolo si occupò seriamente e profondamente nella decifrazione dell’Abaco Inca,  dimostrò essere un meccanismo di conteggio molto flessibile, che pur basandosi su un sistema di numerazione in base 40 può indifferentemente funzionare non solo nella base 10 e 36/40, ma anche nelle basi 12, 13, 18, 20, ecc.
Nel dicembre 2000 Nicolino De Pasquale ipotizza l'utilizzo da parte degli Incas di strumenti di calcolo basati su un sistema di numerazione in base 40 con pesi (1, 2, 3, 5) appartenenti alla successione di Fibonacci,  sistema di pesi  comune anche ad altre popolazioni come i Maya, i Tiwanaku, gli Huari, gli Egizi. 

Libro "Nueva Corónica y Buen Gobierno", scritto nel 1615 da Guaman Poma Felipe de Ayala

Purtroppo gli studi precedenti, e per più di 400 anni dal primo contatto, avevano cercato di interpretare l’Abaco Inca rispetto alla base 10, nonostante incongruenze e poca compatibilità con quest'unica base di calcolo.

"Una sorta di “dogma decadico”, di “postulato numerico” sembra aver davvero ritardato il progredire della nostra conoscenza della cultura Inca. Ad un primo esame, questo sistema di numerazione in base 40 si distingue per caratteristiche peculiari degne di essere indagate per fare piena luce sul passato e, nel contempo, trarre preziose indicazioni nella ricerca di nuove e più efficienti architetture di calcolo."

L’Abaco Inca (in forma di ”yupana”), presenta una caratteristica davvero "strana", quella di essere basata sulla successione del matematico Leonardo Pisano detto il Fibonacci (Pisa, settembre 1170 – Pisa, 1240). 
Le 40 combinazioni del codice sono ottenute mediante un particolare sistema di numerazione (basato appunto sui primi termini della successione di Fibonacci e intrinsecamente ridondante) con i coefficienti definiti dal medesimo stato binario dei singoli "semi". 




"Proprio questa peculiarità ha favorito la costruzione di una calcolatrice elettronica (per le operazioni aritmetiche fondamentali) come fedele riproduzione dell’abaco, sebbene basata su una scheda a microprocessore con segnali binari di ingresso e di uscita, corrispondenti allo stato dei singoli “semi”. Il software del dispositivo è stato implementato esclusivamente con appositi algoritmi dedotti dalla struttura stessa dell’abaco, con l’esclusione tanto dell’aritmetica binaria, quanto di quella decimale. Questo prototipo ha permesso così di approfondire la conoscenza del codice Inca, a stretto contatto con “pregi” e apparenti “non pregi” di tale sistema di numerazione. L’approccio iniziale ed il primo giudizio sono stati inevitabilmente “occidentali”, con tutti i condizionamenti derivati dall’assuefazione all’uso del nostro rigido sistema binario. Di conseguenza un notevole intralcio alla “fluidità” dei primi tentativi di sintesi è scaturito proprio dalla ridondanza del codice Inca che permette di scrivere un medesimo numero in più modi. Ma, ad una lettura più attenta e meno condizionata, questa caratteristica si è rivelata proprio come base di interessantissimi approfondimenti a partire dal metodo di "somiglianza" (da sfruttare ad esempio nella sottrazione e nella divisione) che dà una precisa risposta al perché gli Incas abbiano adottato tale sistema, fino ad una radicale rilettura della stessa ridondanza come "eccedenza di Qualità" (v. Giannantoni, 2002), per nuovi (o antichi) sistemi di numerazione e, più in generale, per nuove architetture di calcolo."

Nella miniatura il funzionario amministrativo (“contador mayor y tesorero” o camayoc) regge fra le mani un quipu e ai suoi piedi è presente lo schema della yupana (Figura 1)


Prima di addentrarci ad analizzare questi "strani" sistemi di calcolo vediamo storicamente quali fatti hanno permesso questa ulteriore e proficua indagine .
Dell'Abaco Inca illustrato nella miniatura (Figura 1) in forma di yupana ai piedi del Curaca (accanto al quipu, nelle raffigurazioni dell’epoca, troviamo spesso la yupana che si presenta come una sorta di pallottoliere), nel prezioso libro scritto e illustrato nel 1615 dal cronista indigeno Felipe Guaman Poma de Ayala ("Nueva Corónica y Buen Gobierno" - Institut d’Ethnologie, Paris), e rimasta a disposizione degli studiosi fino dal 1936,  non ne era stata data una decifrazione coerente, in quanto  le precedenti ipotesi, in chiave numerica, erano state formulate su base decimale nonostante la presenza di 11 semi nella struttura elementare dell’abaco, in netto contrasto con tale assunzione.
Un altro fatto importante riguarda la scoperta di altri due manoscritti che, grazie all' indagine e alla decrittazione effettuata da una studiosa napoletana (1996), Clara Miccinelli, e allo studio condotto da Laura Laurencich Minelli, docente di Storia e Civilta' Precolombiane dell' America all' Universita' di Bologna, hanno reso più agevole l'interpretazione dei "quipus" oltre a rivelare fatti inediti e sconcertanti sulla storia della conquista spagnola del Peru'.
Questi manoscritti sono: 
"Exsul Immeritus Blas Valera populo suo", datato Alcalà de Henares 10 maggio 1618 e scritto interamente dal gesuita esule, il meticcio P. Blas Valera, e "Historia et Rudimenta Linguae Piruanorum" composto fra il 1600 ca. e il 1638 dai gesuiti italiani F.Antonio Cumis e P. Anello Oliva, quest’ultimo noto come cronista la cui opera "Historia del Reino y Provincias del Perú" (1631) non ebbe però l’imprimatur della Compagnia.
Non mi addentro nell'analisi di questi manoscritti e dei risvolti gialli che hanno accompagnato tale scoperta lasciando alla curiosità del lettore la chiara visione che ne dà il libro di Clara  Miccinelli, "Quipu, il nodo parlante dei misteriosi Incas" e un'introduzione di Laura Laurencich Minelli e Giulio Magli, del Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano, al "Calendario Quipu del secolo 17° e il suo rapporto con l'astronomia Inca".


Immagine di un Quipu

Mi limiterò qui a sottolineare come le yupane abbiano conservato il loro segreto intatto per quasi 5 secoli, dato che i conquistadores distrussero migliaia di queste tavolette di pietra e pochi sono stati gli esemplari a disposizione degli studiosi. 
Inizialmente classificate come “abaco degli inca” (yupani in lingua Quechua significa contare), le tavolette di pietra o terracotta compaiono sulle decorazioni di manufatti di argilla e in alcuni rari documenti, in particolare appunto nell’opera "Nueva corónica y buen gobierno" e solo recentemente si è capito come gli Incas facessero calcoli con le yupane registrandone il dato sui quipus che fungevano da sistemi di scrittura e lettura.


Immagine di un Quipu

Quanto all’uso delle yupane, si attribuiva loro una molteplicità di funzioni, come modelli architettonici, abachi di calcolo o persino scacchiere impiegate per il gioco d’azzardo e Charles Wiener (1877) sosteneva che servivano per calcolare i tributi che pagavano i contadini.
Il primo studioso a dare un'interpretazione scientifica della yupana fu Henry Wassen (1931) che sosteneva, erroneamente, che il calcolo si basasse sulla progressione 1, 5, 15 e 30. 
Con il trascorrere degli anni molti studiosi hanno tentato di scoprire questo mistero, poi svelato, quasi per gioco, dall’ingegnere aeronautico pescarese Nicolino De Pasquale. Bizzarra potrebbe altresì definirsi la vicenda che ha permesso a De Pasquale di rivelare questo segreto senza saper niente né di Incas, né del segreto stesso, né tanto meno dei vari tentativi di decifrare le misteriose yupane.
Pare infatti che a Natale del 2000, in modo del tutto casuale, Nicolino De Pasquale, ricevesse in regalo dal nipote un libro di enigmi matematici che conteneva la miniatura di Guaman Poma con la scacchiera misteriosa e ne risolvesse l'enigma in meno di mezz’ora dopo aver osservato che il numero di cerchietti riportati nel disegno ricordava qualcosa di molto celebre in matematica, la “serie di Fibonacci” costituita dalla sequenza dei numeri dati dalla somma dei due precedenti: 1, 2, 3, 5, 8, 13..... e così via. 
De Pasquale ottiene così un sistema di numerazione in base 40 che sottopone a matematici, informatici e ingegnere dell’Università di Teramo e de L’Aquila e infine a uno dei maggiori esperti italiano di culture precolombiane, Antonio Aimi, secondo il quale la scoperta svela appunto l’equivoco originale di aver attribuito agli Incas un sistema di numerazione a base decimale. 
In sostanza quindi la yupana è un abaco che utilizza un sistema di numerazione in base 40 con pietre, o semi, cui sono attribuiti valori 1, 2, 3, 5 e sommando un’unità, due coppie, 3 terne e 5 cinquine si ottiene 39 cui, se si aggiunge lo zero, dato dalla mancanza di semi, si arriva alle 40 combinazioni totali. 




Più bizzarro ancora, Nicolino De Pasquale, invitato nel 2006 a Cagliari dal Club Unesco, parlò della sua scoperta partendo dai fiori: 

"Il gigaro (Arum maculatum) ha un solo petalo, la menta due, tre la baldellia (Baldellia ranunculoides), cinque la malva (Malva silvestris), otto i fiori di campo, abbiamo sempre 1, 2, 3, 5, 8, 13, e così via. Lo stesso si osserva nel carapace delle tartarughe, nei gusci delle conchiglie, nella struttura delle galassie e dei buchi neri e, se i numeri della serie di Fibonacci sono quelli che descrivono meglio la natura, allora il sistema più adatto a rappresentarli è proprio quello ricavabile dalla matematica inca, introdotto per mezzo delle yupane".

Osservando vasi, yupane, ceramiche ed altre fonti storiche, De Pasquale elabora nuovi sistemi di rappresentazione grafica, dai piani cartesiani alle funzioni, dalla derivazione all'integrazione, che straordinariamente convergono con le più recenti teorie matematiche.
Inoltre, De Pasquale sostiene la superiorità della matematica inca rispetto a quella pitagorico-euclideo-cartesiana di stampo occidentale, dimostrando come, con un abaco in legno appositamente ricostruito, si ottenga una maggior rapidità di calcolo per le quattro operazioni, affermando anche la potenza delle mappe sferiche, quindi non cartesiane, che permetterebbero il calcolo visivo e immediato di limiti, derivate e integrali, applicazioni che nel nostro sistema richiedono procedure estremamente complesse.....ma questa è un'altra storia!

Torniamo al nostro Abaco Inca e vediamo in dettaglio "matematico" la struttura del sistema delle yupane¹ 

Come noto, scelta una base di rappresentazione ß, ogni numero naturale n si può scrivere nel modo seguente
= ∑i αß i
con 0 ≤ αi < ß –1 dove gli αi sono quasi tutti nulli.
I numeri αi sono solitamente rappresentati con simboli diversi e indipendenti tra loro: nella notazione decimale usuale abbiamo le cifre 0, 1, 2, 3, ... , 9.
Ma l’aritmetica che sottende alla calcolatrice inca vuole invece che le cifre siano a loro volta rappresentate con una notazione posizionale e questa volta di tipo diverso. Ogni cifra αi infatti si scrive come
α = ∑   
dove fj è un peso che viene assegnato alla cifra aj e dunque non è necessariamente potenza di una base fissata. Nel caso specifico si tratta di quattro termini consecutivi della successione di Fibonacci:
f1 = 1; f2 =2; f3 =3; f4 =5;
e il vincolo su aj è
0 ≤ aj ≤ fj

Nelle condizioni espresse, la formula (1) rappresenta tutti i numeri da 1 a 39 e, da un punto di vista concreto, consente l’interpretazione numerica della figura che si forma posizionando granellini di mais sulla tavoletta della figura seguente negli appositi spazi.

ooooooooooo


Ecco ad esempio due rappresentazioni del numero 4.

 

ooooooo●●o

ooooooooo


Si codificano in questo modo tutte le cifre αi.
Quindi, l’Abaco Inca opera con 2 sistemi di numerazione, uno “globale” per l’individuazione completa del numero da rappresentare, ed uno “locale” valido per la definizione dei singoli coefficienti. Il sistema globale é un classico sistema di tipo posizionale pesato, ha per base 40 ed è quindi sintetizzabile con la notazione:
dove:
  • N = numero di cifre utilizzate (coincidenti con il numero di righe);
  • i = generica posizione (corrispondente ad una riga);
  • Ci = singolo coefficiente (da 0 a 39).

A differenza degli altri sistemi classici, nell’Abaco Inca le 40 combinazioni per la definizione dei coefficienti non sono rappresentate da 40 simboli, bensì mediante un particolare sotto-sistema di numerazione a 4 settori, che possiamo definire “locale”, con pesi rispettivamente corrispondenti a unità, coppie, terne e cinquine secondo la successione di Fibonacci.
Secondo la forma canonica dell’Abaco, ogni unità può essere assunta una sola volta, ogni coppia al massimo 2 e analogamente ogni terna 3 e ogni cinquina 5. Nello schema è descritta questa struttura con il massimo coefficiente ottenibile (39=5×5+3×3+2×2+1).

Se si aggiunge lo zero, rappresentato dalla mancanza di semi, si ottengono le 40 combinazioni totali della base. Ogni riga rappresenta nell’abaco un coefficiente che, seguendo la notazione precedente, sarà poi moltiplicato per la relativa potenza della base 40 in relazione alla sua posizione.
Anche nel sotto-sistema non sono definiti i simboli, ma sono indicati i sotto-coefficienti attraverso la presenza o l’assenza di singoli semi.
La scrittura di un generico coefficiente (Ci) può essere schematizzata con la seguente notazione:
Ci = CI × 5 + TE × 3 + CO × 21 + UN × 10             (3)
dove:
CI = cinquine, TE = terne, CO = coppie, UN = unità.

Il passaggio successivo, per indicare un qualunque numero naturale, si effettua, poi, usando la base 40, cosa che, in concreto, porta alla forma bidimensionale della yupana schematizzata nella figura seguente. L’ultima colonna è stata qui aggiunta per segnalare il peso della riga ed è indicato tra parentesi il massimo numero rappresentabile in ogni casella.

 

oooooooooo402(40000,14400,6400,1600)
ooooooooooo401(1000,360,160,40)
ooooooooooo400(25, 9, 4, 1)

 


Il valore di ogni singolo granello è rappresentato nella tabella che segue:

 

8000480032001600
2001208040
5321

 


Si tratta dunque di una scrittura la cui notazione posizionale abituale si sviluppa in altezza e lo zero è semplicemente la mancanza di granelli sulla riga.


Non nascono ambiguità di interpretazione in quanto la scrittura si sviluppa sui piani scanditi nella tavoletta dall’alto (posizione a potenza maggiore) verso il basso e non su un foglio da sinistra verso destra dove diventa necessario indicare esplicitamente lo zero. Niente vieta, poi, di rappresentare le frazioni.
La semplicità cognitiva del sistema è stupefacente e la precisione di 4015 ottenuta con l’abaco a 15 righe raffigurato in alcuni vasi andini consentiva agli Incas la rispettabile precisione di circa 25 cifre decimali.

Una delle caratteristiche del sistema delle yupane è che il sotto-sistema locale risulta notevolmente ridondante essendo possibile scrivere uno stesso numero in più modi differenti. Per esempio una cinquina può essere rappresentata anche come una terna più una coppia, oppure con due coppie più una unità.

Occorre tuttavia precisare che nell’abaco la ridondanza riguarda solo il sistema di numerazione locale di riga, mentre quello globale non presenta questa caratteristica e possiede proprietà del tutto simili al nostro decimale tranne che per il valore della base.
La ridondanza è una caratteristica fondamentale dell’abaco inca e, a prima vista, sembrerebbe costituire una notevole complicazione ritenuta fortemente negativa. In realtà vedremo che la ridondanza nella rappresentazione, insieme con la somiglianza di cui parleremo nel prossimo paragrafo, si traducono invece in una serie di concreti vantaggi.
È opportuno, tuttavia, chiarire che l’ipotesi secondo la quale gli inca abbiano creato un così particolare sistema di numerazione, basato sulla ridondanza (e sulla somiglianza) per semplificare i calcoli, è avvincente e anche in realtà persuasiva sotto molti punti di vista, ma va detto che la ridondanza nella rappresentazione potrebbe, in effetti, anche essere stata utilizzata con l’intento di aggiungere informazioni supplementari ai numeri, ossia potrebbe essere stato assegnato un significato diverso ad ogni granello anche nella stessa casella, significato non solo quantitativo, nel senso della cardinalità, ma anche legato ai fenomeni naturali. Non dimentichiamo che la struttura dell’abaco è intimamente connessa (con la serie di Fibonacci) con la struttura numerica di tali fenomeni.

Yupana in versione moderna realizzata in legno

Insieme alla ridondanza, l’altro principio che rende la matematica inca estremamente efficace è quello della somiglianza: potendo scrivere due numeri in più modi differenti (effetto della ridondanza), e sfruttando, poi, la somiglianza delle cifre ottenute, coinvolte nelle operazioni, è possibile semplificare notevolmente i calcoli. Chiariamo quanto detto con degli esempi.
In riferimento alla sottrazione, ad esempio, dal momento che possiamo scrivere uno stesso numero in più modi differenti, se scriviamo il minuendo in una forma che contenga lo stesso sottraendo al fine di “privare” proprio il sottraendo dal minuendo, otteniamo semplicemente il risultato per definizione. Supponiamo di effettuare la sottrazione (15 – 6) in figura:


Sfruttando la possibilità di scrivere il numero 15 in diversi modi, scegliamo quello che “contiene il numero 6 scritto nella stessa forma assegnata (in realtà possiamo, se necessario, modificare anche il sottraendo per maggiore flessibilità)”. L’operazione allora viene visualizzata come in figura 18 nella quale 2 cinquine del numero 15 sono sostituite da due terne e da due coppie. Una ellisse rossa circoscrive il sottraendo contenuto nel minuendo in modo da rendere corretta la sottrazione. “Ciò che resta” è, in sostanza, il minuendo privato del sottraendo, ossia il risultato 9. L’eccezionale valore del metodo si identifica nella possibilità di operare mediante la definizione invece che con l’uso della regola.


Sarà facilissimo insegnare a chiunque, anche un bambino, a eseguire correttamente l’operazione.




Proseguendo con la sottrazione, in caso di sottraendo maggiore del minuendo, cioè di risultato negativo, si fanno somigliare i due numeri ed il risultato è uguale esattamente al valore dei semi che mancano al minuendo per essere uguale al sottraendo, ovviamente con il segno negativo.
La figura 14 descrive questo caso per l’operazione 9-16 (è stata omessa, per semplicità, la fase di somiglianza). Le ellissi rosse racchiudono i semi resi uguali e i cerchi blu i semi (di colore giallo) “prestati” al minuendo per ottenere l’uguaglianza visiva e corrispondenti quindi al risultato negativo (evidenziato in basso con i semi di colore giallo).




Questi metodi sono sicuramente intuitivi e conducono velocemente al risultato.
Messa a punto la sottrazione si potrebbe pensare di implementare la divisione con il metodo delle sottrazioni successive, ma è conveniente sfruttare ancora la ridondanza tramite la somiglianza. In primo luogo si rende il dividendo simile al divisore (o si modificano entrambi) in modo da massimizzare la somiglianza, si ottiene così il quoziente che è uguale al numero di volte che il divisore entra nel dividendo. Si tolgono infine tutti i semi del punto precedente ottenendo direttamente il resto della divisione. Questa non è altro che la definizione della divisione, ma nell’abaco inca si riesce a visualizzare proprio il concetto stesso di quoziente e di resto. In un utile esempio, le figure seguenti mostrano la divisione tra i numeri 45 e 19 che inizialmente sono scritti come nella figura 20. Ora le righe hanno effettivamente corrispondenza con l’esponente nella base 40 dato che un numero è maggiore di 39:







Attenendoci alla somiglianza si perviene alla situazione di figura 21. 
Il numero 45 (40+5) deve essere reso il più possibile simile al 19 invadendo le sue stesse caselle. Il seme di peso 401 viene tramutato in 39+1 e, dato che la massima capacità di una riga è uguale a 39, occorre riempire tutta la riga di peso 400 in senso canonico (5 cinquine, 3 terne, 2 coppie e una unità) e aggiungere una unità anche se deve essere superata la capacità massima delle caselle, in ogni caso sarà la normalizzazione a sistemare il risultato. Il 45 è scritto ora con 6 semi nelle cinquine (1 originario più 5 provenienti dal “trasloco” del 40), 3 terne, 2 coppie e 2 unità tutte provenienti dalla traslazione citata. Per maggiore chiarezza, nella figura 21 il dividendo ha i semi significativi di colore giallo, mentre il divisore di colore rosso. Contando ora il numero di volte che il divisore entra nel dividendo si ha il quoziente; le ellissi rosse evidenziano questa situazione dalla quale si ricava che il quoziente è 2.   Scritto il quoziente, possono essere eliminati tutti i semi racchiusi nelle ellissi rosse e ciò che rimane non può che essere il resto della divisione (nella figura circoscritto da una ellisse di colore blu).
Infatti sono rimaste fuori dalle ellissi rosse 2 coppie e 1 terna sempre di peso 400 per cui il resto vale 7 come deve essere dal momento che 45 diviso 19 fa 2 col resto di 7. Volendo procedere con le cifre dopo la virgola, si continua la divisione passando il resto alla riga superiore. Il quoziente della divisione successiva si riferisce alla riga di peso 40-1; si continua così fino alla precisione voluta tenendo presente che i risultati ottenuti sono ovviamente in base 40 e che quindi il valore delle cifre quarantesimali tende molto rapidamente a essere trascurabile. 


Nella divisione, come nella moltiplicazione, si può operare con le righe assolute considerando a parte l’esponente. In questo modo anche calcoli con numeri enormi risultano notevolmente semplificati. Nella divisione in particolare l’applicazione della proprietà distributiva permette ulteriori riduzioni di complessità. Negli esempi precedenti dividendo e divisore sono stati separati per chiarezza in abachi differenti, ma nelle operazioni manuali sperimentali l’uso di semi di colore diverso permette con un solo abaco di eseguire agevolmente tutte le operazioni sino al risultato finale. Applicando la somiglianza si semplificano talmente i calcoli che il rischio di commettere errori è praticamente nullo.


13.457 = 2x2x40°+3x40°+5x2x40°+3x2x40¹+5x2x40¹+1x40²+2x40²+5x40²
  
L’Abaco Inca si presenta come una realtà numerica straordinariamente diversa dal sistema decimale basato sulla fisiologica e istintiva possibilità di disporre di 10 dita per far di conto. Non deve sorprendere, perciò, se, per più di 400 anni dal primo contatto, la nostra civiltà ha interpretato l’Abaco Inca in base 10 nonostante evidenti incongruenze incompatibili con una simile asserzione (la presenza di 11 semi nella struttura elementare dell’abaco è in netto contrasto con tale assunzione).
E’ immediato intuire che la base 40 non sia adeguata alle naturali tendenze numeriche dell’uomo atavicamente portato a ragionare con il pratico ausilio del suo “abaco” nativo a 10 dita. Proprio questa caratteristica fisiologica ha prodotto una sorta di sottinteso postulato numerico istintivo secondo il quale uno strumento di calcolo dovrebbe inevitabilmente operare in base 10. Ci si è perciò domandati quali fossero le motivazioni per le quali gli inca erano stati indotti ad utilizzare un sistema di numerazione marcatamente “non fisiologico” per eseguire i conti.
Alla luce delle considerazioni fatte nei paragrafi precedenti, però, sui motivi per i quali gli Inca hanno utilizzato la yupana, come strumento di calcolo, con una base diversa da quella decimale, si può concretamente supporre che quella civiltà abbia fatto una scelta precisa e ragionata, giustificata dall’esistenza di concreti vantaggi in sede computazionale. Gli Inca, cioè, ricorsero a questo particolare sistema di numerazione ridondante e intrinsecamente “somigliante” proprio perché in questo modo ottennero uno strumento di calcolo il più possibile semplice, preciso e infallibile. Fu perciò una scelta di pura convenienza operativa, giustificata dai vantaggi dell’uso di questo sistema, in apparenza complesso e illogico, ma nei fatti capace di semplificare in misura incredibile tutte le operazioni aritmetiche.
I risultati dei calcoli, invece, erano memorizzati nei quipus, in base decimale, secondo una evidente esigenza di praticità “fisiologica”. 


Steve Jobs così lo definiva: Yupana + Quipu = Tablet Inca

Come si legge qui, nel 2008 Cinzia Florio propose un approccio alternativo all'interpretazione di De Pascale che per la prima volta si discosta dal sistema di numerazione posizionale, adottando quello additivo.
Basandosi esclusivamente sul disegno di Poma de Ayala, l'autrice spiega la disposizione dei cerchi bianchi e neri e interpreta l'uso dell'abaco come una tavola moltiplicatrice². 
A gennaio 2014, lo scrittore e professore universitario Subhash-Kak ha pubblicato una propria teoria sulla Yupana di Poma de Ayala, basata su un sistema di numerazione posizionale, non uniforme, in base 144.
Questa teoria lascia forse spazio a numerose critiche (tra cui quella della stessa Cinzia Florio), anche se resta interessante l'approccio matematico utilizzato dall'autore per definire la progressione dei valori delle caselle sulla yupana.
Voglio allegare quindi un link per poter scaricare un semplice programma Tk-Yupana scritto in tcl/tk che emula il funzionamento dell'abaco incaico secondo le  7 più accreditate teorie e che il 24 Aprile 2013, è stato usato proprio da Cinzia Florio per presentare la propria teoria sulla Yupana alla V Edizione del Premio Leonardo indetto dalla Associazione Croce del Sud.


Tk-Yupana - Teoria di C. Florio 


Concludendo forse dobbiamo dire che l'interpretazione della "strana" matematica degli Incas non è  giunta alla fine e costituisce ancora un vero mistero?
E che dire dell'affascinante utilizzo di corde e nodi dei loro quipus, quel complesso sistema di cordicelle e nodi legate ad una corda centrale? 
Ancora oggi i quipus non sono stati del tutto decifrati ma c’è chi, come l’antropologo Gary Urton, crede che i quipus siano un vero e proprio sistema di comunicazione a base binaria, in grado di archiviare informazioni, gestire calcoli complessi e memorizzare anche testi letterari.
Quindi, i quipus degli Incas rappresenterebbero un sistema di scrittura e di comunicazione tridimensionale, costituito di corde, nodi e colori assemblati secondo un codice ben prestabilito, ma ancora da decrifrare.
E possiamo chiederci: nel tecnopassato i nodi delle corde sono stati l’equivalente del bit dei nostri computer?


Note
¹ Struttura del sistema di calcolo delle yupane dal sito di Nicolino De Pasquale
² Si legga anche un articolo di Cinzia Florio "Recuperare la memoria: la llave inca come yanantin"

Fonti
From the book
Nueva Corónica y Buen Gobierno - Felipe Guaman Poma de Ayala
http://www.kb.dk/permalink/2006/poma/info/es/frontpage.htm
Quipu, il nodo parlante dei misteriosi Incas - Clara Miccinelli
From website
Nicolino De Pasquale - http://www.quipus.it/home.htm
A calendar Quipu of the early 17th century and its relationship with the Inca astronomy
Laura Laurencich Minelli - Dipartimento di Paleografia e Medievistica, Università di Bologna 
Giulio Magli - Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano 
http://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/0801/0801.1577.pdf
http://amsacta.unibo.it/2350/5/Introduzione.pdf
La vera storia degli Incas
https://sites.google.com/site/americalascoperta/alcuni-misteri
https://it.wikipedia.org
From the pictures
http://www.quipus.it
https://it.wikipedia.org


martedì 27 gennaio 2015

Tango nella skyline milanese

Nel cuore del quartiere Isola, tra il Bosco verticale e i nuovi grattacieli di Porta Nuova, eccomi a "La Stecca", la Milonga che affacciandosi sul panorama della skyline milanese, rappresenta forse un insolito connubio per il tango che, nell'immaginario collettivo, trova solitamente la sua collocazione in locali un po' retrò o dal fascino rioplatense.




Qui il fascino invece sta proprio in questo contrasto tra una modernità estrema e la tradizione di una danza, il tango argentino, che trova le sue radici agli inizi del secolo scorso.
Ma non è solo questo a creare un'atmosfera intrigante e a farne una serata tanguera con una marcia in più!
La selezione musicale e il Piano Live creano un lunedì con un valore aggiunto, quello della musica dal vivo e delle cortine ballabili create dallo splendido pianoforte di Jean Filoramo. 



Il flauto di Mira Contu ha accompagnato Jean Filoramo nella serata di lunedì 26 gennaio 2015 

Era da tanto tempo che non parlavo di Tango su questo mio blog, forse perché non ritrovavo più quelle atmosfere e quelle suggestioni provate in tante serate tanguere ormai lontane.
Finalmente un progetto e una novità in questo universo sempre più piatto o appiattito da organizzatori a volte incompetenti o mossi solo da ritorni economici (per altro molto esigui nel panorama tanguero) e da frequentatori e ballerini sempre meno interessati alla qualità della serata.
Assistiamo alla nascita di sempre nuove Milongue, molte volte un po' improvvisate, che invogliano i ballerini solo perché appagano il loro desiderio di provare posti nuovi. 
Io ritengo invece che sia fondamentale che ci si debba riconoscere in una Milonga, nel suo stile, nella sua musica, nel tango che lì si pratica e che si debbano far crescere proprio quelle Milongue che portano avanti un progetto e non quelle che nascono nello spazio di una serata (one night), senza un impegno o un vero progetto musicale.
Spero proprio che "la Stecca" riesca a far parte di quella realtà del tango milanese fatta sia da coloro che appartengono al nucleo storico e che mantengono vive le Milongue tradizionali, sia da coloro che hanno deciso di mettersi in gioco con serio impegno e competenza, seguendo l’esigenza di integrare il tango tradizionale con brani di musica di gusto più contemporaneo.

Un ricordo.
Jean ci ha regalato un'interpretazione al piano di "Goodbye, My Love, Goodbye" in ricordo del grande Demis Roussos.....un'improvvisazione, senza spartito, davvero suggestiva!!!!! 
Qui lascio un video sempre dedicato al grande interprete greco Demis Roussos, che ha lasciato questa vita pochi giorni fa: un tango "Danse a la vie"




Demis Roussos - Danse a la Vie (tango)


Un grazie a Tamara e a Jean per la serata e per le foto della loro Bocanegra, The Litte


domenica 11 gennaio 2015

Leibniz...dal calcolo infinitesimale all'angelologia

Siamo nel 2015 e, in questi giorni di inizio d'anno, fervono articoli di astrologia con le previsioni sul prossimo futuro di un anno che, almeno, non sarà bisestile!!!

Costellazioni e Zodiaco

Quali sorprese ci riserverà il 2015? 

Per gli astrologi basta dar retta alle stelle! Infatti gli astrologi, come ogni anno, si sono messi ad osservare il cielo per fornire quelle risposte che molti attendono, a cui molti credono o di cui molti sorridono.
Malgrado sia privo di qualsiasi tipo di fondamento razionale o logico, l’oroscopo è ovunque e non c’è quotidiano o rivista che non riporti da qualche parte i “consigli” del giorno.
La vita è piena di difficoltà, il futuro è pieno di incognite e a tante domande non potremo mai dare risposte, mentre invece l’astrologo rassicura, consola, conforta. Per l’astrologo non c’è domanda che non abbia risposta, problema che non abbia soluzione.
Anche se l'astrologia contiene in se la capacità di dare all’uomo la sicurezza di un destino già scritto, razionalmente parlando non ha alcun fondamento. 
La grande scienziata Margherita Hack che, come astronoma, le stelle le conosceva davvero bene, ha usato fiumi di inchiostro per dimostrare che nelle stelle non è scritto davvero nulla.

“Gli astri sono troppo lontani per poterci influenzare. Che possa esistere un’ influenza di qualche tipo – di cui, beninteso, io non sono al corrente – sul carattere di chi nasce in un periodo dell’ anno piuttosto che in un altro, forse, e sottolineo forse, potrebbe anche essere. Ma le stelle di sicuro non c’ entrano nulla. L’astrologia è pura superstizione. Chi sostiene che le stelle possano esercitare una qualche influenza su di noi, non sa evidentemente a che distanza si trovano dal nostro pianeta“.

Secondo l'oroscopo ognuno di noi, dal momento della nascita, viene iscritto in un proprio segno zodiacale, con un proprio ascendente, con passaggi di particolari satelliti.....e per tutta la vita si crea quindi un legame, fra di noi e il nostro segno, in grado di esercitare un’influenza sul nostro umore, sul nostro carattere, sulla nostra vita sentimentale, sul nostro lavoro, sulla nostra salute......

Ma quest’influenza è dovuta a forze metafisiche o fisiche? 

Sappiamo che quelle fisiche, come ad esempio le radiazioni o la forza gravitazionale che arrivano dalle Stelle sulla Terra, possono essere calcolate scientificamente, ma sappiamo anche che giungono in quantità così minime da essere trascurabili.


Zodiaco

E che dire dei segni zodiacali?

Gli stessi segni zodiacali non esistono! Essi sono costellazioni, ovvero insiemi di stelle raggruppate fino a formare un disegno immaginario, ideate dagli antichi astronomi per orientarsi nell’osservazione dell’Universo. 
Senza trascurare il fatto che, oltretutto, costellazioni e segni zodiacali non coincidono più. La precessione degli equinozi, fenomeno dovuto al moto della Terra, lentamente sposta la visualizzazione degli astri. Oggi, proprio per via di questi fenomeni, le costellazioni zodiacali non sono più dodici bensì quattordici. E si sono spostati anche i giorni di riferimento e chi, per esempio, è nato il 31 marzo, non è nato sotto il segno dell’Ariete come sostiene l’astrologia, ma in quello dei Pesci. 
Visto e considerato che queste influenze non possono essere generate da forze fisiche non rimane che l'alternativa di forze metafisiche!



Rapporto tra i settori del “Grande Cerchio” e gli archi ortivo ed occaso del Sole, nell’ipotesi di divisione della circonferenza in 72 settori - Corrispondenza con i 72 Angeli lunari



Ma quali forze metafisiche?

Se proprio vogliamo credere agli influssi che possono condizionare le nostre azioni, il nostro carattere, le nostre caratteristiche personali perché non affidarci ad altre forze, magari quelle degli Angeli!?
E qui entra in gioco il nostro amico Leibniz, perché curiosando nella sua biografia e sulla vastità dei suoi interessi (a me erano principalmente conosciuti quelli scientifici e filosofici) ho trovato studi e dissertazioni anche sulle entità angeliche derivate dalla Cabalah, i 72 angeli che circondano il trono di Dio, in continua rotazione secondo un’ellisse che collega tutte le costellazioni dello zodiaco.


Gottfried Wilhelm Leibniz (1646 - 1716)

Gottfried Wilhelm Leibniz (1646 - 1716), educato dal 1653 al 1661 alla Nikolai-Schule di Leipzig, la sua città natale, si iscrive all’università seguendo il normale corso biennale che al suo tempo comprendeva filosofia, retorica, matematica, latino, greco ed ebraico.
Anche grazie a questi studi Leibniz esemplifica una notevolissima varietà di interessi e attività, ancora più eccezionali sono l’originalità che egli manifesta in una serie di campi del sapere e la sua incomparabile capacità di assorbire le mille voci della tradizione, rielaborandole in una potente e innovativa sintesi.
Leibniz non è ancora trentenne quando, nel 1675, inventa, indipendentemente da Newton (1642-1727), il calcolo infinitesimale, destinato ad avere un enorme impatto in matematica e in fisica. 
Sebbene Newton arrivi alla determinazione del calcolo in epoca appena precedente, è Leibniz che pubblica per primo la scoperta con un articolo apparso nel numero di maggio del 1684 sulla rivista "Acta Eruditorum". 
Nonostante l'acre polemica circa la priorità dell’invenzione e le accuse di plagio scagliate dal "circolo dei newtoniani", fu certamente Leibniz a introdurre la chiara notazione algebrica e la terminologia tuttora in uso. 
Il calcolo non fu però il solo insigne contributo di Leibniz alle scienze matematiche: sempre durante il periodo parigino, egli è uno dei primissimi a concepire un’aritmetica binaria, anticipando l’era dei computer tramite una prima, per quanto ancora molto rudimentale, applicazione della sua scoperta alla macchina calcolatrice. 


La calcolatrice di Leibniz (in inglese Stepped Reckoner)

Nel 1679, in risposta alla geometria analitica cartesiana, propone un nuovo tipo di topografia, battezzata "analysis situs". 
Come spesso accade con le invenzioni leibniziane, si tratta però di una scoperta troppo avanzata per essere compresa e verrà ripresa solo nel XIX secolo per diventare una teoria di centrale importanza per la geometria non euclidea.
Ma il contributo di Leibniz alla scienza e alla tecnologia non si ferma qui e si estende a una varietà di altri aspetti. 
Per citare solo qualche esempio, oltre a lavorare per tutta la vita al miglioramento della sua macchina calcolatrice e ad idearne una per eseguire le quattro operazioni con l'aritmetica binaria, egli è tra i primi a comprendere la correlazione tra tempo e pressione atmosferica, inventa il primo barometro aneroide, disegna un prototipo della moderna pompa rotante, studia la formazione di fossili e minerali, intuisce la possibilità di sfruttare la forza del vento e dell’acqua e raccoglie dati in vista della determinazione del grado di latitudine attraverso l’inclinazione dell’ago magnetico.

Non voglio qui soffermarmi sull'immenso caleidoscopio di attività e interessi che caratterizzarono la vita di Leibniz, dall'intensa attività politica, diplomatica e giuridica fino, e non ultime, alle teorie filosofiche e metafisiche.
Teorie metafisiche e teologiche che lo portarono a sostenere quella linea continua di pensiero che va dai gradi più bassi di conoscenza (caratterizzata da idee chiare e tuttavia confuse), fino alla perfetta comprensione permessa dalle idee adeguate e possibile in larga misura solo a un intelletto infinito come quello divino.
In base al "principio di pienezza", dato che Dio doveva aver fatto il nostro mondo con il numero più vario di entità possibili, allora necessariamente dovevano esistere intelletti capaci di cogliere ciò che a noi sfugge, ma a cui noi posiamo tendere e raggiungerne l'elevato grado di conoscenzaentità "angeliche" con capacità superiori.


 72 erano anche i gradini della scala vista in sogno da Giacobbe, tramite la quale gli angeli scendono e salgono 
dalla terra al Cielo ( i 72 nomi di Dio)

Angeli separati e corporei o l’uomo strutturato in corpo, anima e angelo?

Sicuramente Leibniz era a conoscenza del pensiero esoterico dell'Angelologia, legato alla Cabalah ebraica e poi cristiana, che comunque adattò alle sue concezioni filosofiche, metafisiche e teologiche, come testimoniano anche i tre manoscritti conservati a l'Académie des sciences morales e politiques,"Leibniz, la philosophie juive et la Cabale" (copia digitale del libro).
Di Leibniz ci sono ancora tantissimi scritti inediti sull'argomento e pochi anni fa è uscito un saggio, di Mattia Geretto, sulla comprensione più completa e adeguata della metafisica leibniziana, "L’Angelologia Leibniziana". 
Come si legge nella presentazione del libro 
"L'angelologia leibniziana è una disamina di tutta la filosofia di Leibniz alla luce della problematica presenza di figure come angeli, genii e dèmoni........"

Il terminee Cabalah (o anche, Kabala, Kabbala, Qabalah) significa conoscenza, ricezione, rivelazione e più precisamente, il termine Qabalah, deriva da Quibel "ricevere", cioè ciò che viene tramandato per trasmissione orale e che diventa "tradizione". Indica una raccolta di testi mistici, frutto della cultura ebraica, per lo più segreti e in parte trasmessi oralmente, da una generazione all’altra di maestri e di studiosi.
E la stessa origine ebbe anche la Cabalah cristiana che si diffuse notevolmente anche grazie al contributo di Pico della Mirandola e degli alchimisti e filosofi Pietro d'Abano e Agrippa von Nettesheim che ne parlò nel "De occulta philosophia", e che influenzarono sicuramente anche la cultura al tempo di Leibeniz.   
La Cabalah viene normalmente classificata in: pratica, letterale, non scritta, dogmatica. 
In particolare la Cabalah dogmatica comprende la parte teorica e si basa sull’elaborazione di alcuni testi fondamentali, tra cui lo Sepher Yetzirah, attribuito al patriarca Abramo, lo Zohar, il Sepher Sephirot e alcuni altri tra cui il Libro dell’Angelo Raziel.
Oltre allo Zohar (Libro della Luminosità) quello che riguarda più specificatamente l'influsso degli Angeli è il Khemot (Libro dei Nomi), dove si trova appunto l’elenco dei nomi dei 72 angeli (derivati dai 72 nomi di Dio) che circondano il trono di Dio.


De occulta philosophia - Agrippa von Nettesheim

Leibniz non  si può ritenere certo un seguace o sostenitore dell'esoterismo degli Angeli ma anche lui ha sicuramente contribuito alla divulgazione di teorie "angeliche" che, riprese in periodi storici successivi, fine settecento/ottocento con il fiorire della massoneria (legata alle tradizioni segrete ebraiche) e periodicamente fino ai giorni nostri, trovano sostenitori, divulgatori e "credenti", in alternativa alle concezioni astrologiche.
Come spiega Igor Sibaldi¹, nel suo "Libro degli Angeli"

"mentre l'Astrologia non interviene, se non in termini di cauta probabilità, sugli scopi che l'individuo si prefigge e lo lascia libero di scegliere i propri, l'Angelologia non solo non parla di Astri ma vuole indicare all'individuo quali scopi può e deve prefiggersi e quali compiti dovrà avere nel mondo per il bene suo e di tutti" ammettendo anche che "i criteri della nostra razionalità siano incompatibili con l'Angelologia".

Secondo l'Angelologia l’arco zodiacale (360° in continua rotazione lungo un’ellisse che collega tutte le costellazioni dello zodiaco) è diviso in sezioni di cinque gradi e ciascuna di queste corrisponde ad un periodo di circa cinque giorni dell’anno (365 giorni) e ogni periodo è dominato da uno dei 72 angeli.
Ciascuno degli angeli zodiacali (definiti anche "custodi") esercita un particolare influsso sui nati nel periodo in cui è dominante, assicurando protezione e trasmettendo le energie e i doni specifici di cui è portatore e una tabella, elaborata dai testi dell’angelologo Haziel² e suddivisa in 12 parti, guida la ricerca in base alla data di nascita. 


A ciascuna delle 22 lettere ebraiche sono associati dei numeri, dunque ad esse possono venire associate anche corrispondenze con le relative simbologie dei 22 Arcani maggiori dei Tarocchi. Mentre le lettere ebraiche si leggono da destra a sinistra, però, i corrispondenti Tarocchi vanno letti da sinistra a destra. In questo caso, la radice (lamed-aleph-waw) del Nome risponde alla configurazione: L'Appeso - Il Mago - L'Innamorato

Certamente più dell'Astrologia, l'Angelologia può essere una risposta al materialismo, soffocante per molti, e alla necessità di trascendenza.
Di fronte alla decadenza delle religioni tradizionali e all'affanno di presentare novità, l'angelologia rappresenta forse una nuova gnosi, un nuovo modo di esprimere il religioso per renderlo attraente.
Ognuno quindi può cercare, nella tabella Haziel, il suo "Angelo" ed io ho scoperto che il mio è Lauviah 1, 11° Angelo, il cui nome  significa “Dio loda ed esalta”
Curiosare può essere anche stimolante, crederci è un'altra cosa!


Note
¹Igor Sibaldi è scrittore e studioso di teologia e storia delle religioni. Ha pubblicato diversi romanzi presso Mondadori e curato l'edizione e la traduzione di numerosi classici della letteratura russa. Studioso di teologia neotestamentaria dal 1997, con il suo romanzo saggio "I maestri invisibili", ha cominciato a narrare la sua personale esplorazione "dei miti e dei territori dell'aldilà". Tiene conferenze e seminari in tutta Italia su argomenti di mitologia e di psicologia del profondo.

²François Bernad Termès è nato a Girona il 18 ottobre 1927. I suoi libri sono conosciuti in tutta Europa, sempre firmati con lo pseudonimo HAZIEL, il nome del primo Angelo Guardiano del Cuore dei Cherubini. Mistico realista, spazia dalla Cabala agli Angeli e agli Arcangeli, passando dall’Astrologia e dai Tarocchi. In Italia ha pubblicato diversi libri sugli Angeli divenuti dei Best Seller con decine di migliaia di copie vendute.


Fonti
From the book
L’Angelologia Leibniziana - Mattia Geretto 
De occulta philosophia - Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim 
Il libro degli Angeli - Igor Sibaldi
From website
http://emto.tumblr.com/post/12512007967/early-modern-angels-iii-natural-and
http://www-history.mcs.st-andrews.ac.uk/Biographies/Leibniz.html
http://www.angelologia.it/nomi.htm
From the pictures
http://www.istitutocalvino.it/studenti/siti/ia/precursori/leibniz.html