giovedì 26 aprile 2018

L'uomo matematico di Robert Musil

"La matematica è un'ostentazione di audacia della pura ratio; uno dei pochi lussi oggi ancora possibili"

Questo saggio "L'uomo Matematico" di Robert Musil, evidenzia come il suo approccio con la matematica consista principalmente in due diverse operazioni concettuali: da un lato, identifica gli aspetti irrazionali e passionali di questa scienza, d'altra parte, suggerisce anche l'uso della matematica e la sua duplice natura per risolvere il conflitto tra la sfera emotiva e quella intellettuale dell'uomo, che per lui rappresentava la causa fondamentale della crisi della modernità.



Tra le molte sciocchezze che fa dire, sulla matematica, l'ignoranza della sua vera natura, ce n'è una che consiste nel qualificare i grandi capitani  come "matematici del campo di battaglia". In effetti, se si vuole evitare la catastrofe, bisogna che i loro calcoli logici non superino l'innocente semplicità delle quattro operazioni. L'improvvisa necessità di una deduzione così moderatamente sottile e complessa, come risolvere una semplice equazione differenziale, costerebbe la vita a migliaia di uomini.

Non è per attaccare la strategia, ma è per difendere la singolarità della matematica. Si dice che rappresenti per il pensiero il massimo dell'economia, e senza dubbio ciò è esatto. Ma il fatto stesso di pensare è una questione oscura e problematica. È diventato da tempo (anche se inizialmente è stato un semplice risparmio biologico) una passione complessa da spendere, che non si preoccupa più dell'aggiornamento del risultato di quanto all'avaro della sua povertà, lentamente, voluttuosamente, convertito al suo contrario.

La matematica consente, in condizioni favorevoli, di eseguire in pochi istanti un'operazione, come l'addizione di una serie infinita, che non sarebbe mai possibile completare diversamente. Si possono eseguire a macchina calcoli logaritmici complessi fino alle integrazioni; il lavoro del calcolatore (di colui che calcola) moderno si limita alla disposizione dei dati del problema e alla rotazione di una manovella o alla pressione di un pulsante. Così, un semplice assistente è in grado di esplicare problemi che il suo insegnante, solo duecento anni fa, non avrebbe potuto risolvere senza consultare Newton a Londra o Leibniz ad Hannover. E anche per i problemi che la macchina non è ancora in grado di risolvere (naturalmente, molti di più), si può considerare la matematica come un ideale apparato intellettuale il cui scopo e successo è quello di prevedere, dai principi, tutti casi possibili. 

Questo è il trionfo dell'organizzazione razionale. Alle grandi strade della ragione, minacciate dal maltempo e dai briganti, sono state sostituite le linee di vagoni letto. Dal punto di vista dell'epistemologia, non c'è dubbio che sia un'economia. 

Ci si è chiesto quale proporzione di questi casi possibili serva realmente. Si è calcolato quanta vita umana, denaro, fatica e ambizione siano stati spesi nella storia di questo enorme sistema di risparmio, quanti ve ne sono ancora investiti e dovrebbero esserlo, se non altro per non perderne l'acquisizione; e si è fatto un tentativo per bilanciarli con profitto. Ancora una volta, questo dispositivo, certamente complicato, ingombrante, si è dimostrato economico e propriamente incomparabile. La nostra intera civiltà gli deve la sua esistenza, e non possiamo sapere con quali altri mezzi potrà essere sostituita; soddisfa pienamente ai bisogni a cui risponde, e la generosità del suo funzionamento a vuoto è uno di quei fatti unici che vanno oltre le critiche. 

Bisogna quindi distogliere lo sguardo dai profitti estrinsechi, applicarlo, anche all'interno della matematica, alla distribuzione degli elementi rimasti inutilizzati, per scoprire l'altro volto, il vero volto di questa scienza. Quindi, niente meno che efficace, si rivela di natura dispendiosa e appassionata. L'uomo medio usa poco più di quanto la scuola primaria gli abbia insegnato; l'ingegnere, quel tanto che basta per ritrovarsi nelle colonne delle formule dei manuali tecnici, cioè non molto; il fisico stesso di solito lavora con mezzi matematici relativamente poco differenti. Ne hanno bisogno in modo diverso, sono per lo più dipendenti da loro stessi, perché i matematici sono meno interessati a tali adattamenti. Ecco come, nei numerosi domini di questa scienza (aree d'importanza pratica incontestabile), gli specialisti si trovano a essere dei non-matematici. 

Ma ci sono regni incommensurabili che sono lì solo per il matematico: un'enorme rete neurale si è accumulata attorno ai punti di partenza di alcuni muscoli rari. È da qualche parte là dentro che il matematico lavora isolato: le sue finestre non danno all'esterno, ma nelle stanze vicine. È uno specialista: perché nessun genio è in grado di controllare tutto. Senza dubbio pensa che un giorno il suo lavoro porterà qualche vantaggio sfruttabile, ma non è ciò che lo stimola; è al servizio della verità, cioè del destino in sè, non del fine di questo destino. Il risultato pratico della sua attività sarebbe un miracolo di economia, ciò che vive in esso è prodigalità e passione.

La matematica è un'ostentazione di audacia della pura ratio; uno dei pochi lussi oggi ancora possibili. Anche i filologi si dedicano spesso ad attività nelle quali essi per primi non intravedono il minimo profitto, per non parlare dei filatelici e dei collezionisti di cravatte. Ma si tratta di manie innocenti che si sviluppano molto lontano dalle cose serie della vita, mentre la matematica proprio in esse abbraccia alcune delle avventure più appassionanti e incisive dell'esistenza umana. Un piccolo esempio: praticamente, si può dire che viviamo interamente dai risultati di questa scienza, di cui essa stessa si disinteressa completamente. Cuociamo il pane, costruiamo le case e facciamo andare avanti i mezzi di locomozione, grazie a lei. Ad eccezione di alcuni manufatti: mobili, vestiti, scarpe fatti a mano e bambini, tutto ci viene fornito dal coinvolgimento delle operazioni matematiche. Tutta questa vita intorno a noi che corre, circola o resta immobile, non solo dipende dalla matematica per la sua comprensione: elle ne è effettivamente il ​​prodotto, si basa, nell'infinita varietà delle sue determinazioni, su di lei. I pionieri della matematica crearono, da alcuni elementi di base, delle rappresentazioni utilizzabili: da questi derivarono  inferenze, sistemi di calcolo e risultati che i fisici adottarono per nuove scoperte; infine arrivarono ​​i tecnici, che spesso si sono accontentati di aggiungere a questi risultati alcuni calcoli supplementari e fecero apparire le macchine. Ora, quando tutto ciò aveva preso la forma più bella del mondo, i matematici - infaticabili ricercatori teorici -giunsero alla conclusione che qualcosa nelle fondamenta dell'intera faccenda era assolutamente fuori luogo: e trovarono, andando al fondo delle cose, che l'intero edificio poggiava sul nulla! Ma le macchine stavano funzionando ... Eccoci dunque ridotti ad accettare che la nostra esistenza sia pura fantasmagoria; la viviamo, certo, ma solo sulla base di un errore senza il quale non esisterebbe! Nessun uomo oggi è più vicino al fantastico del matematico. 

Questo scandalo intellettuale, il matematico lo imputa, in modo esemplare, cioè con fiducia e orgoglio, alla natura diabolicamente pericolosa della sua intelligenza. Potrei citare altri esempi, come l'inesorabilità con cui i fisici hanno a volte negato la realtà dello spazio e del tempo. E questo, non certo per aria, come accade ai filosofi (che sono immediatamente scusati per la loro professione), ma facendo affidamento su ragioni che all'improvviso, come la presenza di un'automobile di fronte a te, è terribilmente degno di fede. Ma questo è sufficiente per capire di chi ci stiamo occupando. 

Quanto a noi, sin dall'Illuminismo, abbiamo perso il coraggio. Un piccolo insuccesso è bastato a disgustarci dell'intelligenza, e lasciamo che il primo uomo esaltato venga a tacciare di razionalismo vuoto il tentativo di un Diderot o di un D'Alembert.  Ribolliamo per il sentimento contro l'intelletto, dimenticando che il sentimento senza intelletto - con rare eccezioni - è una vescica di grasso. Abbiamo già danneggiato così seriamente la nostra poesia, che dopo aver ingoiato due romanzi tedeschi uno dopo l'altro, tutto ciò che dobbiamo fare è risolvere rapidamente un integrale, per sgonfiarlo. 

Non veniteci a dire che i matematici, fuori dalla loro specialità, sono esseri banali o stupidi, a cui la loro stessa logica non serve a niente. È che la loro logica non ha più un posto e che essi fanno nel loro campo ciò che dovremmo noi fare nel nostro. Questa è la lezione considerevole ed esemplare della loro esistenza: sono un'analogia dell'uomo spirituale che verrà. 

Per poco che questa serietà abbia superato le battute permesse qui a proposito di loro, le seguenti conclusioni non sembreranno troppo inattese. Ci lamentiamo che non esiste una cultura del nostro tempo. Questo può essere inteso in modo diverso; ma fondamentalmente la cultura è sempre stata un'unità o attraverso la religione o attraverso una forma sociale o attraverso persino l'arte. Siamo diventati troppo numerosi per una società; troppo numerosi anche per una religione (cosa che qui possiamo solo affermare, non provare). E per quanto riguarda l'arte, il tempo in cui viviamo è il primo che non può amare i suoi artisti. Tuttavia, questa stessa epoca non solo vede attive energie intellettuali quali non ce ne sono state mai, ma è venuta a conoscenza anche di un'armonia e di un'unità della mente finora insospettabili. Pretendere che tutto ciò non riguardi che un sapere limitato sarebbe stupido: da molto tempo ormai, il vero obiettivo è il pensiero in generale. Senza dubbio questa forma di pensiero, con le sue esigenze di profondità, audacia e novità, è per il momento limitata al dominio esclusivamente razionale e scientifico. Ma questa mente si divora su se stessa e non appena afferra il sentimento, diventa spirito. Ai poeti è possibile fare questo passo. Per fare questo, non devono imparare alcun metodo (psicologico, per amor di Dio o cose del genere); solo per imporre le loro necessità. Invece, essi si accontentano di considerare la loro situazione con perplessità e si consolano bestemmiando. E se i contemporanei non possono più, da soli, trasferire il loro livello di pensiero nell'umano, percepiscono ciò che è sotto il loro livello.

[Traduzione di Annalisa Santi da Der mathematische Mensch saggio di Robert Musil, pubblicato, in modo anonimo, sulla rivista Der lose Vogel (n. 10/12, aprile-maggio 1913)]


sabato 24 febbraio 2018

Albrecht Dürer, dalla magia alla matematica

"Qual è 'l geometra che tutto s'affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond'elli indige,..."
(Dante Alighieri citazione dal XXXIII canto del Paradiso - Divina Commedia)

Questa citazione di Dante ben rende il problema della rettificazione o quadratura del cerchio, cioè la costruzione di un segmento con la stessa lunghezza di una data circonferenza o di un quadrato con la stessa area di un dato cerchio, che è stato uno dei problemi centrali della matematica per millenni e che ha dato origine ad una vera e propria malattia, il "morbus cyclometricus", che in certe epoche ha assunto dimensioni di epidemia. 
π = circonferenza/diametro = area del cerchio/quadrato del raggio
Questa spasmodica ricerca di π "peripheria circuli", cioè il rapporto tra la lunghezza della circonferenza ed il diametro di un cerchio, o che è lo stesso, il rapporto tra l'area del cerchio e il quadrato del raggio, nel XV secolo coinvolse anche grandi artisti tra cui uno dei maggiori rappresentanti del Rinascimento tedesco, Albrecht Dürer (1471-1528).


A. Dürer, Autoritratto con pelliccia, 1500 - Alte Pinakothek, Monaco di Baviera

Dürer subì certamente il potere e il fascino del π (pi greco), che troneggiava nella sua mente, nelle sue mani, nelle sue opere. 
L’autoritratto, in cui Albrecht si raffigura in posa come un Cristo, certamente scena voluta e scelta pensata, anche se usuale al tempo, è molto significativa a dimostrazione del fascino suscitato in lui dal π 
Mentre a destra troneggia l'iscrizione latina 
“Così io, Albrecht Dürer da Norimberga, sono riuscito a ritrarmi con colori caratteristici nei miei 28 anni”
in alto a sinistra troviamo la sua firma, cosa strana in quanto generalmente un artista si firma in basso e di solito a destra, ma qui no! 
Prendendo una lente e ingrandendo l'immagine si nota che l’iniziale del suo nome, la lettera A, la rappresenta a forma di π (Pi Greco) con la D, iniziale del suo cognome, al suo interno.
Anche se il suo vero cognome, in origine, era Ajtos che in ungherese significa "porta" (in tedesco porta di dice "Tür", da Tür a Türer e poi a Dürer il passo è breve), che poi era anche lo stemma della sua famiglia.
La porta verso dove? Verso la “Conoscenza” si potrebbe dire, ma di quale conoscenza? 
Una conoscenza del mondo, delle sue leggi matematiche ma anche dell'esoterismo che nasconde.
Nella concezione esoterica il π simboleggiava il passaggio dall'armonia del cerchio, i cui punti sono tutti equidistanti dal centro, al quaternario simbolo delle 4 dimensioni spazio-temporali. 
Splendida è in tal senso la firma di Dürer così riconoscibile e sintetica da diventare un “brand” ante litteram, un logo che non sfigurerebbe tra quelli di oggi.



Esempi del "logo" ideato da Albrecht Dürer

I matematici probabilmente conoscono il Dürer soprattutto per il suo lavoro Melencolia I  che contiene, strani oggetti, simboli appartenenti al mondo dell'alchimia e della matematica. 
Una figura alata, assorta nei suoi pensieri, si trova circondata da oggetti propri del mondo alchemico, una bilancia, un cane scheletrico, attrezzi da falegname, una clessidra, un putto, una campana, un coltello, una scala a 7 pioli (7 sono le operazioni per giungere alla pietra filosofale), il famoso quadrato magico.... e dove un compasso (preso stranamente per una punta), il tetraedro troncato e la sfera rappresentano la base matematica dell’arte del costruire. 
Un'opera che è anche di una simmetria tale da non lasciare dubbi su dove si possano trovare i 3 elementi più importanti per arrivare alla conoscenza: le chiavi, la via da percorrere e la porta. 

Melencolia I o Melancholia I è un'incisione a bulino (23,9x28,9 cm) 
di Albrecht Dürer, 
siglata e datata al 1514 e conservata, tra le migliori copie esistenti, 
nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe. 
Immagine tratta da Melencolia3 - Gaetano Barbella

Un'opera, densa di riferimenti esoterici, tra cui appunto il quadrato magico, che è una delle incisioni più famose in assoluto, oggetto anche di omaggi come quello di Thomas Mann  nella sua opera letteraria "Dottor Faustus" o di Dan Brown nel romanzo "Il simbolo perduto".
Questo quadrato magico è molto complesso e matematicamente interessante. 
Infatti non è solo la somma dei numeri delle linee orizzontali, verticali e oblique a dare 34 ma anche la somma dei numeri dei quattro settori quadrati in cui si può dividere il quadrato e anche i quattro numeri al centro, se sommati danno 34, così come i quattro numeri agli angoli.
Inoltre se si prende un numero agli angoli e lo si somma con il numero a lui opposto si ottiene 17 e se si prendono i numeri centrali dell'ultima riga si trova il numero 1514, anno in cui è stata creata l'opera. 


Quadrato magico di Melencolia I - datato 1514

Melencolia I è certamente una delle opere di Dürer che più è in relazione con i suoi studi matematici ma anche ermetici ed occultistici e che dimostra quanto l’artista abbia  fatto dell’occultismo un’opera d’arte, in cui l’allegoria fa parte di quel trittico dedicato alle tre vie che portano alla conoscenza.
Infatti, insieme a il “Cavaliere, la Morte e il Diavolo” e a “San Girolamo nella cella”, Melencolia I fa parte di un trittico, detto Meisterstiche (Incisioni Maestre), che potrebbe rappresentare, nell’ordine, la fede, la meditazione e l’immaginazione: il Cavaliere si farebbe interprete delle virtù morali, il San Girolamo di quelle teologiche e la Melencolia delle virtù intellettuali.


Foto dalla mostra a Milano del 26 febbraio 2018  - testi divulgativi del Dürer 

Ora lascio il Dürer fanatico di pi greco e incisore esoterico per svelare il suo apporto didattico/matematico, soprattutto riguardo alle sue originali costruzioni geometriche.

In seguito all'invenzione della stampa a caratteri mobili, nella metà del XV secolo, si sviluppò anche l'editoria scientifica, ma pur essendo tedesco l'ideatore, Johannes Gutenberg, è interessante notare che il primo libro di matematica vera e propria, se si escludono libri di conto o libri di testo per l'aritmetica commerciale, stampato e pubblicato in tedesco, "Underweysung der Messung mit dem Zirkel und Richtscheyt" (Istruzione nella misurazione con riga e compasso), è stato scritto proprio da Albrecht Dürer.
Albrecht, nato a Norimberga 547 anni fa, il 21 maggio 1471, figlio di un orafo ungherese (terzogenito di diciotto figli), iniziò originariamente a imparare questo mestiere con il padre, da cui apprese le tecniche di incisione sui metalli, che più avanti metterà a frutto nei suoi celebri lavori a bulino e acquaforte, e poi divenne apprendista presso l'artista più importante di Norimberga, Michael Wolgemut
Come pittore, fece il suo primo viaggio in Italia dal 1494 al 1495, dove imparò molto sul nuovo stile rinascimentale dell'arte italiana e in particolare sull'allora metodo relativamente nuovo di prospettiva lineare.


"Ritratto di giovane veneziana" dipinto dal Dürer  in Italia e simbolo della mostra 
“Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia” 
a Milano dal 21 febbraio al 24 giugno 2018  


Dürer si convinse che questo stile di composizione basato sulla matematica era il vero nucleo dell'arte e tornò in Italia dal 1505 al 1507 specificamente per saperne di più su questa tecnica, ma dove frequentò, soprattutto a Venezia, anche ambienti Neoplatonici che lo portarono ad esplorare vie esoteriche, e dove conobbe Raffaello Sanzio
Molto più giovane di lui, Raffaello avrà una sincera e profonda ammirazione per la sua arte dell'incisione, tanto da tener esposte nella sua bottega alcune sue opere.
Una conoscenza e un'amicizia reciproca che terminerà nel 1520 anno in cui Raffaello muore a Roma, a soli 37 anni.
I due artisti si erano scambiati delle opere solo pochi mesi prima. Dürer aveva inviato un autoritratto, Raffaello il bozzetto della Trasfigurazione e sul retro del foglio, un disegno e delle annotazioni apparentemente insignificanti (misure e codici enigmatici che Durer cercherà poi di decifrare), ma che erano invece i primi pensieri annotati su carta di quello che sarebbe diventato uno dei più celebri affreschi del grande urbinate, la "Scuola di Atene".
L'affresco, che rappresenta i più celebri filosofi e matematici dell'antichità intenti nel dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico, è uno dei più alti esempi di perfetta prospettiva centrale nella cultura prospettica del Rinascimento italiano.


“Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia” mostra a Milano 
foto del 26 febbraio 2018
Sullo sfondo la gigantesca xilografia, vera antesignana dei poster, 
composta da 192 blocchi 
stampati separatamente e riuniti insieme a formare un grande "Arco di Trionfo",  
su cui erano illustrate 
storie della vita di Massimiliano I d'Asburgo e dei suoi antenati oltre a complesse figurazioni allegoriche.
1515-1517, sotto la regia di Albrecht Dürer, conservata, tra le migliori copie esistenti, 
nel Germanisches Nationalmuseum di Norimberga.

Sempre nel suo viaggio in Italia e a Venezia, aveva incontrato Jacopo de’ Barbari, e questi era riuscito a mostrargli cosa fosse in grado di fare la matematica applicata all’arte.
Seppur autodidatta Dürer dedicò la sua vita artistica proprio allo studio della prospettiva e della proporzione lineare, e allo sviluppo delle conoscenze matematiche necessarie per realizzare questo tipo di disegno.
Fu senz'altro una delle personalità più competenti per introdurre questa tecnica nel Nord Europa e diventerà il più grande esponente della pittura tedesca rinascimentale.
Convinto che il segreto della vera bellezza risiedesse nella teoria delle proporzioni matematiche, dedicò vent'anni a scrivere la sua tesi più importante sull'argomento il suo "Hierinn sind begriffen vier bücher von menschlicher Proportion" (Quattro libri sulla teoria della proporzione)  stampato e pubblicato postumo a Norimberga nel 1528.
Quando questo libro fu quasi completato, Dürer si rese però conto che era troppo matematicamente avanzato per gli apprendisti, i suoi più probabili lettori, e così compilò un libro di testo di geometria elementare, il suo "Underweysung der Messung mit dem Zirkel und Richtscheyt" (Istruzione nella misurazione con riga e compasso), che fu stampato e pubblicato a Norimberga, nel 1525, prima della sua opera magna per la quale avrebbe dovuto esserne un'introduzione.
Fu quindi ristampato postumo nel 1538 con materiale aggiuntivo e nella biblioteca del Dipartimento di Matematica e Informatica Dickinson College (Carlisle PA 17013 USA), c'è una bella traduzione in inglese, della prima edizione, di Walter L. Strauss (1977) in cui è riportato a sinistra il testo originale in tedesco e la traduzione in inglese a destra, nonché una scansione del testo originale. (Qui le scansioni del libro originale stampato nel 1538 - vedi pp. 110-119 per questo argomento)




Foto dalla mostra a Milano del 26 febbraio 2018  - testo del Dürer 


Come accennavo, questo è stato il primo libro di matematica a essere stampato e pubblicato in tedesco, in quanto tutte le precedenti opere matematiche erano state stampate in latino. 

Sebbene mirasse agli apprendisti dell'arte, il libro trovò un pubblico molto più ampio e divenne un bestseller scientifico non solo in Germania. 
Fu tradotto in latino e in molte delle principali lingue europee e diventò un libro di testo standard in tutta Europa per la maggior parte del secolo successivo. 
Ancora attuale all'inizio del XVII secolo, quando Keplero, che  stava scrivendo le sue opere geometriche, criticò la costruzione dell'ettagono di Dürer come solo un'approssimazione e non matematicamente precisa. 
Pare comunque che una delle illustrazioni di Dürer del libro su come costruire una prospettiva lineare abbia ispirato Keplero alla sua soluzione sperimentale del problema del foro stenopeico nell'ottica.

Illustrazione "Lo sportello" metodo “meccanico” per rappresentare oggetti in prospettiva 
(dall’Underweysung der Messung del 1525)

Leggendo questo testo "Underweysung der Messung mit dem Zirckel und Richtscheyt ( Un manuale di misurazione di linee, aree e solidi per mezzo di riga e compasso) si vede chiaramente come Dürer abbia scritto il libro come un manuale tecnico per artisti, artigiani, ecc., dando istruzioni elementari su come disegnare poligoni regolari con riga e compasso. 
All'epoca di Dürer le vecchie opere dei greci si stavano nuovamente diffondendo e senz'altro Dürer ne venne a conoscenza tanto che il libro inizia: 

"Il più sagace degli uomini, Euclide, ha messo insieme le fondamenta della geometria. Coloro che lo comprendono bene possono fare a meno di ciò che segue qui"

Questa sembrerebbe anche un po' strana come introduzione perché, sebbene egli dia alcune costruzioni euclidee, molte sono nuove e, inoltre, doveva certo sapere che la stragrande maggioranza dei suoi lettori non conosceva Euclide.

Pagine che mostrano il carattere del testo e le costruzioni all'interno di un cerchio. 
Dal libro "Underweysung der Messung mit dem Zirckel und Richtscheyt "

Poiché si tratta di un manuale tecnico, l'accento di Dürer è sulle costruzioni facili da disegnare che sembrano buone e, in particolare alcune come sosteneva Keplero, sono solo approssimazioni di bell'aspetto. 
Molte di queste erano note agli artigiani del tempo, perché tecniche tramandate di generazione in generazione o perché apparse in stampe precedenti, ma alcune potrebbero essere state davvero scoperte dallo stesso Dürer.

Un'interessante costruzione è quella del pentagono regolare, di cui in effetti ne dà due: una costruzione greca classica e una sua originalissima che vorrei qui descrivere.

Illustrazione 1 Pentagono

Questa costruzione ha due caratteristiche notevoli. 
Una è che viene disegnata, forse usando un compasso arrugginito, la cui apertura resta fissata per l'intera costruzione e questo, probabilmente rappresentava un grande vantaggio per l'artigiano.
Il fatto che non dovesse regolare continuamente il compasso avrebbe infatti reso la costruzione più semplice, veloce e precisa. 
Il secondo fatto interessante è che è solo approssimativamente un pentagono regolare, ma è un'approssimazione molto buona, anche se Dürer non dice mai che questa è un'approssimazione.
Secondo i calcoli fatti da David Richeson,  professore di matematica al Dickinson College, l'errore nell'altezza del pentagono è inferiore all'1%. 
La costruzione, come si vede nell'illustrazione¹ inizia con il segmento di linea etichettato {ab} e con questo raggio viene impostato il compasso e con successive manovre, che lascio come divertente esercizio di decodifica al lettore, si arriva alla costruzione del pentagono.
(qui un'immagine animata della costruzione del pentagono di Durer)

Andando avanti nella lettura di trova anche molto di più! 
Dürer continua a dare originalissime costruzioni con riga e compasso di poligoni regolari con 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11 e 13 lati. 
Come forse saprete, alcune di queste sono costruzioni impossibili (7, 9, 11 e 13), quindi le costruzioni di Dürer possono essere solo approssimazioni, anche se molto geniali.
L'ettagono (7-gon) e l'ennagono (9-gon) sono infatti approssimazioni eccellenti e quindi credo siano proprio da condividere e spiegare.

Illustrazione 2 Ettagono

L'ettagono di Dürer, come si vede nell'illustrazione², è straordinariamente facile da costruire. 
Inizia con un triangolo equilatero inscritto in un cerchio e considera la metà del lato del triangolo quasi con la stessa lunghezza del lato dell'ettagono inscritto. 
Quindi tutto ciò che si deve fare è semplicemente dividere in due un lato del triangolo e riportarne la misura, con il compasso, sulla circonferenza per ottenere così il primo lato 
dell'ettagono e usare poi questo lato per disegnare il resto e chiudere quasi perfettamente l'ettagono.
(qui un'immagine animata della costruzione dell'ettagono di Durer)


Illustrazione 3 Ennagono

La costruzione dell'ennagono è un po' più contorta, come nell'illustrazione³, ma altrettanto semplice. 
Si disegna un cerchio, un triangolo equilatero inscritto e, con la stessa apertura del compasso, si disegnano tre "Fischblasen" ("vesciche di pesce" come le chiama) facendo centro sui vertici del triangolo. 
Disegnato quindi un segmento radiale all'interno di una "vescica di pesce" lo si divide in tre parti e con l'apertura del compasso pari a questo 1/3 si traccia un cerchio concentrico che intersecherà in due punti {e} ed {f} la "vescica". 
Quindi {ef} sarà il lato di un ennagono (ovviamente approssimativo) inscritto nel cerchio più piccolo.
(qui un'immagine animata della costruzione del nonagono di Durer)
Come per il pentagono, Dürer non esplicita che l'ettagono e l'ennagono sono approssimazioni, tuttavia, ammette che le costruzioni dell'11-gono e del 13-gono, che tralascio in questo post, sono "meccaniche (approssimative quindi) e non dimostrative".

Come se non bastasse Dürer affronta anche due problemi indimostrati: quello di trisezione dell'angolo e della quadratura del cerchio.
Ricordando che la trisezione dell'angolo, come ha dimostrato algebricamente Pierre-Laurent Wantzel nel 1837, non si può risolvere con riga e compasso, nel libro Dürer lascia questa costruzione, curiosa ma sempre approssimativa, che vado a spiegare con una figura più esplicativa.

Trisezione dell'angolo secondo Dürer 

Sia AOB l’angolo da trisecare. Si tracci l’arco di circonferenza di centro O di estremi A e B, e si tracci anche il segmento AB.  Sia C  il punto  di AB tale che BC = 1/3 AB. Da C si conduca la perpendicolare ad AB, e sia D  il suo punto d’intersezione con l’arco di circonferenza. Si tracci quindi la circonferenza di centro B e raggio BD, che interseca il segmento AB  nel punto E.  Sia inoltre F  il punto di EC tale che si abbia EF = 1/3 EC. Si tracci poi la circonferenza di centro B e raggio BF, sia G  il  suo punto d’intersezione con l’arco di circonferenza. Allora l’angolo GOB è circa un terzo dell’angolo AOB.

Come già detto nel XV secolo molti artisti, tra cui Leonardo da Vinci (1452-1519), si dedicarono alla "quadratura del cerchio", e lo stesso Dürer cercò un' approssimazione di pi greco e ne diede una definizione molto rozza ma curiosa.
E così scrive:
"La quadratura circui, che significa quadrare il cerchio in modo che sia il quadrato che il cerchio abbiano la stessa superficie, non è stato dimostrato dagli studiosi. Ma può essere fatto approssimativamente per applicazioni minori o piccole aree nel modo seguente"
E' da notare che nella prima edizione del libro usa un'approssimazione di  π ~ 3{1/7} = 3,142857142.... (numero periodico), e nella seconda usa  π ~ 3{1/8} = 3,125 (numero decimale finito).
Le due approssimazioni, molto antiche, risalgono rispettivamente al 250 a.C. determinata da Archimede 3 + 10/71 <  π  < 3 + 1/7 = 3,142857142.... e addirittura al 2000 a.C. dai Babilonesi 3 + 1/8 = 3,125.
Scrive poi molto semplicemente: 
"Disegna un quadrato e dividi la sua diagonale in dieci parti e poi disegna un cerchio con un diametro di otto di queste parti"

Semplice quadratura del cerchio secondo Dürer 

Il libro di testo di Dürer gioca anche un ruolo importante nella storia della tipografia. 
È stampato infatti in un carattere tipografico creato appositamente per il libro dal maestro di scrittura Nürnberger Johannes Neudörfer (1497-1563) cognato dell'editore di stampanti Johannes Petreius .
Il carattere tipografico è uno script fraktur ("Fraktur" o "Gothic" è un particolare tipo di caratteri, appartenente alla famiglia dei caratteri gotici) e sebbene questo non sia stato il primo carattere fraktur, tutti i tipi di carattere fraktur sviluppati e utilizzati da allora derivano dalla creazione di Neudörfer.

Lettere del carattere "Fractur" dei testi del Dürer 
Il termine fractur deriva da frāctus ("rotto"), participio perfetto del verbo latino frangere ("rompere")

Questo libro del Dürer rappresenta certo una curiosa scoperta sotto vari profili ed è sicuramente una lettura piacevole che stimola a provare ad eseguire queste costruzioni. 
Io l'ho fatto a mano, ma si potrebbe anche facilmente fare usando Geogebra e si rimarrebbe sorpresi dalle figure geometriche risultanti.


Fonti
Illustrazioni tratte da Albrecht Dürer,  Underweysung der Messung mit dem Zirkel und Richtscheyt:  Faksimile-Neudruck der Ausgabe Nürnberg 1525 mit einer Einführung von Matthias Mende, 3. Aufl., Verlag Dr. Alfons Uhl, Nördlingen, 2000



venerdì 26 gennaio 2018

Yiddish tango per ricordare

"non esiste il tango, esistono i tanghi e ognuno corrisponde a una data epoca"
(Osvaldo Rossler)

In occasione del 27 gennaio 2018, Giornata della Memoria, e anche con l'aiuto 'virtuale' di Moni Ovadia, Hain Burstin e Tiziana Piacentini (in arte Vittoria Maggio), vorrei parlare di uno di questi tanghi, il tango yiddish.
Il repertorio della canzone in lingua yiddish contiene un grande numero di tanghi e, come ricordava Moni Ovadia, nella prefazione al libro di Furio Biagini, 'Il ballo proibito - Storie di ebrei e di tango',  "una cultura diasporica e perseguitata non poteva essere insensibile al fascino del  'pensiero triste in forma di danza e canto', all’energia sottoproletaria e meticcia che aveva generato il mistero del tango."



Sempre da questa prefazione si legge che "questo libro di Furio Biagini, importante, bello ed avvincente, ci racconta la storia pressoché sconosciuta di una fatale attrazione fra gli esuli della yiddishkeit est-europea  e dell’ebraismo sefardita ed una danza-musica-canto che ancora oggi sa turbarci ed emozionarci"
Senza trascurare il fatto che lo stesso Moni Ovadia definì 'Yiddish tango', "una delle più belle canzoni yiddish che mi sia capitato di ascoltare"......"dopo averla ascoltata l’ho scelta come uno dei motivi da inserire nello spettacolo scritto a quattro mani con Roberto Andò. La cantava accompagnata dalla TeaterOrchestra la meravigliosa Lee Colbert che ha tutti i quarti di nobiltà per interpretare questo genere di canzoni, essendo un’ebrea Argentina di Buenos Aires con origini russo/polacche.
Il testo di questo tango non parla di amori perduti, è speciale ed è, come ha da essere, forte ed appassionato."


"Suonatemi un tango
Che sia razionalista o mistico,
Ma che possa capirlo anche la nonna
Suonatelo con ardore.
Rit. Suonate musicisti  suonate
Come lo può solo un cuore ebraico
Suonate la danza suonatela
Con anima e sentimento
Suonatemi un tango
Un tango della mia gente dispersa
Che possano capirlo anche i bambini
Suonate questa danza con ardore
Rit. Suonate musicisti…
Suonatemi un tango ebraico
Che non sia né ariano né barbarico
Che il nemico veda che posso ancora danzare
Che posso danzare con ardore. 



Yiddish Tango - Versione cantata da Olga Avigail con Tango Attack band: 
Hadrian Tabęcki - piano, Piotr Malicki - chitarra, Grzegorz Bożewicz - bandoneon

Nel maggio 2017 mi capitò di seguire un'interessantissima conferenza tenuta allo spazio Oberdan dallo storico Hain Burstin, professore ordinario di Storia moderna presso l’Università di Milano-Bicocca, che frequenta da molti anni il mondo rioplatense ed è attento osservatore e conoscitore del tango nelle sue diverse espressioni culturali.
Proprio da questa conferenza, arricchita dall'ascolto di molti brani musicali di tango yiddish, apprezzai queste composizioni e venni a conoscenza di cantanti, direttori, strumentisti, attori, impresari, insomma di quegli ebrei che hanno lasciato un segno nel mondo del tango: i fratelli Rubinstein, Rosita Montemar, la princesa del tango, Besprovan, violinista dell’orchestra Tipica Victor, Sucher, autore del bellissimo Prohibido, Bernstein, Schifrin, solo per citarne alcuni che avevo poi annotato. 
Scoprii così come fossero musicisti apprezzati, come magari si nascondessero dietro pseudonimi o come spesso fossero osteggiati dalle famiglie che vedevano questa promisquità con il tango come una perdita di identità ebraica e uno spreco dell’arte della musica, a cui avevano sempre tenuto, per tradizione. 
Insomma una dimensione del tango decisamente poco nota e a volte dai risvolti tragici come quelli del 'tango della morte',  'Plegaria' e tutti quei tanghi che venivano suonati nei campi di concentramento per accompagnare le visite degli ufficiali, i loro discorsi, o il viaggio verso i forni dei compagni.



Plegarja di Eduardo Bianco) - Orkiestra tangowa "Odeon",  
1930 Odeon (Polish pressing)


Una banda musicale di internati di Auschwitz
Spartito del compositore Rudolf Karel, rinvenuto ad Auschwitz

Questo perché i nazisti vedevano il tango, allora in voga insieme al Jazz, come una musica con meno probabilità di ispirare la ribellione. E dovevano suonare tanghi, in particolare il 'Tango della morte', come accompagnamento alle esecuzioni di massa.
Nella loro drammaticità questi sentimenti portarono alla luce numerosi capolavori musicali, che vennero composti proprio da quei musicisti.


 Spartito - Tango della morte

Durante le torture e le sparatorie nel campo di concentramento "Yanovskiy" (Leopoli), la musica suonava sempre. L'orchestra era composta da prigionieri, suonavano la stessa melodia "Tango of Death" e tra i membri dell'orchestra vi erano il professor del Conservatorio di Stato di Lviv, Shtriks, direttore dell'opera Mund e altri famosi musicisti ucraini. L'autore di questo lavoro è rimasto sconosciuto. 

Un breve brano del libro di Furio Biagini ci ricorda, come sostiene a ragione Osvaldo Rossler, che "non esiste il tango, esistono i tanghi e ognuno corrisponde a una data epoca"

“Quando il tango di Buenos Aires si diffuse nel Vecchio Continente entrò inevitabilmente a contatto anche con la cultura ebraica esteuropea e gli abitanti degli Shtetl lo adottarono, traducendolo in yiddish, come veicolo per esprimere il dramma della loro difficile vita. Persino durante gli anni della tragedia nazista, autori e compositori ebrei, rinchiusi nei ghetti o nei campi di sterminio, scrissero tanghi in giudeo-tedesco. … Naturalmente non si tratta di tanghi rioplatensi, però conservano ugualmente la nostalgia e il principio discepoliano di 'un pensiero triste che si balla'....."

Concludo questo breve viaggio nel tango yiddish aggiungendo le belle e interessanti considerazioni dell'articolo che Vittoria Maggio ha scritto per la sua rubrica 'Finché c’è tango c’è vita', a cui ho associato brani musicali.



Vittoria Maggio - Yiddish tango per ricordare
Un tango per il Giorno della Memoria
Il tango, il vero tango è sempre molto di più di chi ancora lo vede solo in uno spacco di gonna!
Buona lettura su un tema cruciale per l’umanità


'Finché c’è tango c’è vita' compie proprio in  questi giorni due anni di vita, quella vita che con umiltà e rispetto cerca di onorare attraverso il racconto del tango, questo strano ballo, unico a riuscirsi a confondere con la vita stessa, tanto da prenderne a volte il posto.

Tango e musica, arte, creatività e fantasia più in generale, a volte sono l’unico modo per esprimere e conservare identità, interiorità, spiritualità, radici anche quando sono ad alto rischio di sopravvivenza.
Questa settimana ricorre il Giorno della Memoria, quel ricordare ciò che per certi aspetti si vorrebbe dimenticare.
In quel terribile periodo, il tango ha ballato la sua tanda più difficile, quella ai confini tra vita, non vita, e morte.
Pochi conoscono il Tango Yiddish, e pochi  Musicalizador osano metterne qualche brano nelle serate di milonga. Suonarli di tanto in tanto aiuterebbe la memoria del 27 gennaio e contribuirebbe a ricordare uno dei valori più importante da difendere: la tolleranza nei confronti del diverso e la sua integrazione.

Il Tango Yiddish é un tango composto da musicisti ebrei negli anni trenta e quaranta, cantato in yiddish, la lingua giudeo-tedesca, quindi una lingua germanica che veniva parlata dagli ebrei originari dell’Europa orientale.
Tra gli immigrati in Argentina nelle prime decadi del ‘900  c’erano naturalmente anche ebrei e fu proprio in quel periodo che i loro tipici violini si mischiarono ai suoni nascenti del tango che anni più tardi videro la creazione dei tanghi yiddish più famosi.


Yiddish Tango - Timna Brauer & Elias Meiri Ensemble - ORF Live

Papirosen, che significa sigarette, è uno dei più celebri: scritto e composto da Herman Yablokoff nel 1935 a ricordo dell’occupazione tedesca di Grodno nella prima Guerra Mondiale  racconta  la storia di un venditore ambulante di sigarette, orfano di guerra che vende sigarette  in una notte fredda e nebbiosa. È molto bello se pur triste nelle note e nelle parole.



Papirosen - Scritto da Herman Yablokoff.
L'autore è stato ispirato a scrivere questa canzone dopo aver visto i bambini ambulanti durante l'occupazione tedesca di Grodno nella prima guerra mondiale. La versione attuale è in yiddish e russo e incorpora nuovi testi che sono stati aggiunti durante la seconda guerra mondiale. Descrive la vita quotidiana di un orfano ebreo cieco, che deve vendere sigarette e fiammiferi per sopravvivere ...

Il famoso My Yiddishe Mamme, dedicato a una delle tante madri di guerra, composto nel 1925, fu cantato in inglese, in russo, in yiddish e ripreso anche nel 2003 in francese dal grande Charles Aznavour


My Yiddishe Mamme versione in francese di Charles Aznavour

Durante l’Olocausto, il tango è diventato parte della vita dei ghetti e dei campi di concentramento:  i prigionieri avevano bisogno di avere una valvola di sfogo durante la loro tremenda giornata, e la musica poteva anche compiere questo miracolo.
Quindi il tango in yiddish fu il mezzo per esprimere le esperienze dei detenuti, le loro speranze, le sofferenze, le privazioni e il desiderio di libertà.
I nazisti permettevano questa musica non solo perché come il jazz era uno dei ritmi di moda in quegli anni: nei campi di concentramento costringevano le orchestre del campo , le Lager Cappellen, a suonare il Tango di Morte, per accompagnare i detenuti verso le camere a gas.


Tango della morte - l'orchestra del campo 
di concentramento "Yanovsky"

Un compositore ebraico ha scritto uno dei tanghi più conosciuti di questo periodo: si intitola “Friling” che significa Primavera, e fu  scritto da Shmerke Kaczerginski nell’aprile 1943, dopo la morte di sua moglie Barbara nel ghetto di Vilna; il brano, basato su una melodia di tango  esprime la tristezza e il senso di disperazione e solitudine dell’Autore.


Friling
I testi della canzone furono scritti da Shmerka Kocherginsky (1908-1954) nel ghetto di Vilnius nel 1943
 in memoria della moglie defunta nel ghetto.  La musica è stata scritta da Abraham Brudno. 
La canzone è eseguita dalla famosa cantante israeliana Hava Alberstein.


Il tango yiddish è in continua evoluzione, arriva sino ai giorni nostri…. se cominciate a navigare alla ricerca del tango yiddish, troverete questa parola che ricorre spesso: “tangele”. E’ il punto di incontro tra due potenti culture, cioè tra la canzone yiddish e il tango argentino.
“Tangele” è anche il titolo di un album del 2008 che un trio di musicisti (un vocalist, un violinista ed un pianista) ha dedicato alle canzoni, ai tanghi più importanti e conosciuti di quell’epoca.


Tangele ‎– The Pulse Of Yiddish Tango
Mastered by Scott Hull - Piano, Arranged by Gustavo Beytelman - 
Voice Lloica Czackis - Viola Juan Lucas Aisemberg

Esiste anche una pagina Facebook che si chiama Yiddish Tango Club, una band il cui leader è Gustav Bulgach, ebreo argentino, che ha dedicato ed ancor oggi dedica la sua arte e la sua musica alla miscela di danza ebraica conosciuta come Klezmer con il tango argentino.

L’anno scorso un altro gruppo di musicisti, un duo di fisarmonica e clarinetto, I Milongaires, sempre più interessati a divulgare il Tango yiddish, ha realizzato e prodotto un CD intitolato "Un tango per Auschwitz" dedicato a tutte le vittime della Shoah.


Album de I Milongaires - Tracce qui 

C’è un altro emblematico tango yiddish con cui mi piace concludere il nostro viaggio di oggi che si intitola  “Ich hob dich lieb”…. “Io ho amore per te”: chissà, finché  qualcuno avrà amore ancora per qualcun altro…… forse ancora vincerà la speranza!


The Barry Sisters - Ich hob dich zifeel lieb


E  come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi ha la voglia di  vivere!

Un abbraccio!