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lunedì 30 gennaio 2017

Trump, dalla grande inclusione alla grande espulsione

Sorprendentemente, a giudicare dai titoli dei giornali e da come viene percepito il fenomeno migratorio, in un mondo di più di sette miliardi di persone solo il 3% sono migranti internazionali, che vivono al di fuori dei paesi in cui sono nati. 
Eppure, il mondo è sempre in movimento, creando in questo processo, molte trasformazioni. 
Viviamo sempre più in un mondo in cui le ricchezze sono in mano a pochi mentre è sempre più crescente la quota di poveri e quindi, inevitabilmente, le pressioni migratorie continueranno ad aumentare come risultato di disuguaglianze globali e di gravi conflitti, e in cui i paesi più sviluppati si troveranno a dover gestire, con sempre più difficoltà, da una parte l'espansione demografica e dall'altra la necessità di forza lavoro.
E' indubbio che l'immigrazione è una forza di trasformazione, che produce cambiamenti sociali profondi e imprevisti in entrambe le società, sia di partenza che di arrivo, nei rapporti infragruppo all'interno delle società di accoglienza, e tra gli stessi immigrati e i loro discendenti. 


Iimmigrants on the ferry in 1905

L'immigrazione influenza e viene influenzata quindi, giocoforza,  sia dalle politiche statali che cercano di controllarne i flussi, che dalle diverse forme di reazione da parte dei residenti e dei politici di turno, che possono visualizzare i nuovi arrivati anche come una minaccia culturale o economica. 
La paura dello straniero, la xenofobia che porta a una "società del disprezzo", è variata storicamente in tandem con tutte le forme di migrazione internazionale, aggravata oggi maggiormente da una crisi economica globale, dagli attacchi terroristici, dalla guerra, e quindi da sempre maggiori flussi di rifugiati.
Sicuramente una caratteristica della società americana, tanto da auto-definirsi "nazione di emigranti", è stata la capacità  di assorbire, come una spugna gigante, decine di milioni di nuovi arrivati da tutte le classi, culture e paesi. 
Questo risultato fenomenale, tuttavia, ha storicamente convissuto con due lati contrapposti nel processo di costruzione della nazione in quanto gran parte della storia americana può essere vista come una dialettica di processi di inclusione ed esclusione, e in casi estremi di espulsioni e rimozioni forzate.
Per capire la vastità dei processi di inclusione basterebbe raccontarne la storia attraverso due città, New York e Los Angeles.



Italian immigrants on the Ellis Island–Manhattan ferry in 1905

New York, può sicuramente essere considerata la città americana simbolo per eccellenza dell'immigrazione.  Dal 1820 (quando il numero degli arrivi ha cominciato ad essere stimato) al 1892 (l'anno in cui Ellis Island ha aperto all'ingresso del porto di New York, vicino alla Statua della Libertà, installata sul suo piedistallo nel 1886), gli immigrati arrivati prima alle banchine sulla punta di Manhattan, e poi attraverso la vicina Castle Garden (primo impianto di accoglienza degli immigrati) furono più 10 milioni.
Quindi più di 100 milioni di americani possono rintracciare i loro antenati (prevalentemente europei) in questo periodo. Lo stesso Donald Trump trova le sue origini di migrante nel nonno Friederich (Fred) Trump, che, nato il 14 marzo 1869 a Kallstadt in Germania, migrò nel 1885 negli Stati Uniti da Amburgo a bordo della nave "Eider" e diventò un cittadino degli Stati Uniti nel 1892 a Seattle, Washington.


Fred Trump (padre di Donald) nel 1915 da bambino (primo a sinistra), con i genitori, nonché nonni di Donald,
 Friedrich Trump ed Elizabeth Christ, la sorella Elizabeth e il fratello John G. 

Poi dal 1892 fino alla sua chiusura nel 1954, Ellis Island è diventata la porta d'ingresso per altri 12 milioni di immigrati ed è quindi ricordata come la più trafficata stazione di controllo degli immigrati del paese nel decennio tra il 1905 e il 1914.
Dopo il 1924 Ellis Island divenne invece principalmente un centro di detenzione e di deportazione. 
Altri 100 milioni di americani discendono quindi anche da questi immigrati che, arrivati a Ellis Island, si sono poi dispersi in tutto il paese. 
Così, incredibilmente, quasi due terzi della popolazione degli Stati Uniti, circa 320 milioni di oggi, possono rintracciare le loro origini ai nuovi arrivati che sono entrati attraverso New York City nel secolo tra i 1820 e 1920.

Ellis Island  porta d'ingresso a New York

Sulla costa occidentale invece, la storia dell'immigrazione si è  sviluppata in un modo un po' diverso e, in particolare a Los Angeles, che è considerata come la metropoli premier per immigrati nel mondo di oggi. 
E 'difficile valutare e descrivere la trasformazione demografica  che la California ha subito nel corso dell'ultimo mezzo secolo. 
Ancora nel 1960 Los Angeles era la "più bianca" e la più grande città protestante nel paese, tuttavia entro la fine del 1980 un terzo di tutti gli immigrati verso gli Stati Uniti si erano stabiliti in California, e oggi, dei 10 milioni di persone a Los Angeles County (contea più grande della nazione), il 72% sono le minoranze etniche (cioè 7,2 milioni di persone, un numero significativamente più grande delle popolazioni della maggior parte degli stati degli USA). 
In effetti, il sud della California ospita la più grande concentrazione di messicani, salvadoregni, guatemaltechi, filippini, coreani, giapponesi, taiwanesi, vietnamita, cambogiani, iraniani, nonché di altre nazionalità che hanno trovato qui ospitalità al di fuori dei rispettivi paesi di origine e di contingenti considerevolmente alti, come ad esempio armeni, cinesi, honduregni, indiani, laotiani, russi e israeliani ebrei, nonché diverse nazionalità arabe. 
La maggior parte delle più grandi nazionalità di immigrati che si sono stabiliti negli Stati Uniti dal 1960 hanno quindi scelto  il loro insediamento primario a Greater Los Angeles.
Oggi, gli immigrati rappresentano ancora oltre un quarto della popolazione di 38 milioni di persone in California, e più di un quarto di tutti gli immigrati della nazione risiedono proprio in California. 
Questa quota considerevole di immigrazione ha beneficiato di varie leggi o delibere approvate in concomitanza di specifici momenti storici: della Immigration Act 1965 (che ha abrogato la razzista Quota Act 1924), il reinsediamento di centinaia di migliaia di profughi della guerra fredda da Cuba e dal Vietnam, Laos e Cambogia dopo la fine della guerra in Indocina nel 1975, e la disposizioni di amnistia del 1986, Immigration Reform and Control Act (IRCA), agli immigrati senza documenti.
Il censimento della popolazione nel 1970 contava la percentuale più bassa di persone di origine straniera nella storia degli Stati Uniti, il 4,7%. 
Oggi, che la quota è di oltre il 13% a livello nazionale, si avvicina così, ma senza superarlo, al massimo storico del 14,8% raggiunto nel decennio 1890 e 1900.


Los Angeles anni '60

Una caratteristica iconica quindi degli Stati Uniti è stata la sua notevole capacità di assorbire i nuovi arrivati da tutte le classi, culture e paesi.
La diversità etnica e nazionale dei migranti contemporanei negli Stati Uniti impallidisce in confronto alla diversità delle loro origini come classe sociale. 
Ne è un esempio eclatante il fatto che sia i più istruiti che i meno istruiti negli Stati Uniti oggi sono gli immigrati, il che porta a una riflessione sulle conseguenze sul piano lavorativo e di mercato che vede contrapposti tra gli stessi gruppi di migrazione professionisti ad alto livello e manodopera a basso costo, il che porta inevitabilmente a una clessidra che vede da una parte migrazione di "cervelli" e dall'altra lavoratori da sfruttare, spesso anche senza documenti.  
Questi ultimi hanno fatto emergere, in particolare in questi anni del 21esimo secolo, l'elemento più controverso nella politica dell'immigrazione. 
Alcuni milioni di loro sono entrati negli USA da bambini e un segmento di questi, i cosiddetti "Dreamers", sono stati i beneficiari delle politiche di Obama  volte a integrarli, fornendo loro status temporaneo legale, l'accesso al mercato del lavoro legale, patenti di guida e la sicurezza di non essere deportati.



Donald Trump insieme alla madre Mary Anne Macleod (scozzese) e al padre Fred Trump

Purtroppo quello che si pensava impossibile si è avverato e gli Stati Uniti oggi, con l'ascesa al potere di Trump assistono e assisteranno a stravolgimenti e picconamenti delle poliche precedenti, quella di Obama ma forse non solo. Dalla sanità pubblica alla costruzione di un muro lungo il suo confine meridionale, alla fine della cittadinanza per diritto di nascita (un marchio di garanzia degli Stati Uniti nonché diritto costituzionale a partire dalla fine della guerra civile), all'istituzione di un registro musulmano, al finanziamento federale di "città santuario", e, come già vediamo in questi giorni, alla riduzione del reinsediamento dei rifugiati e alla negazione di accoglienza per intere nazionalità (vedi i siriani), a vasti aumenti di divieti di accesso negli USA, detenzione e deportazione di immigrati.
E lui ha già stravolto tutto, “nessun presidente della storia moderna degli Stati Uniti ha cominciato il suo mandato con una tale quantità di iniziative sui temi più disparati e in così breve tempo” (fa sapere l’Agi), annullando anche i più consolidati diritti di donne, lavoratori, nativi, immigrati......ricorrendo persino a ricatti:
- nel giorno del suo insediamento, 20 gennaio, ha firmato un ordine per cominciare a smantellare la riforma sanitaria del suo redecessore. - tre giorni dopo, il 23 gennaio, ha ordinato di ritirare gli Usa dal Tpp, l’accordo di associazione transpacifico, che già in campagna elettorale aveva definito “un disastro potenziale” per gli Usa. 
- ancora il 23 gennaio il tycoon ha firmato un ordine per proibire l’utilizzo di fondi del governo per sovvenzionare le Ong che praticano o danno consigli sull’aborto. 
- sempre lunedì 23 gennaio ha firmato anche un terzo ordine esecutivo per bloccare nuove assunzioni nel governo federale, eccetto che per le Forze armate. 
- il 24 gennaio ha dato il via libera a due grandi (e controversi) progetti di oleodotto che Obama aveva congelato a causa dell’impatto sull’ambiente.
- il 25 gennaio ha firmato l’ordine esecutivo per avviare la costruzione nel giro di “mesi” del muro alla frontiera con il Messico. 
- ancora il 25 gennaio ha ordinato di creare altri centri di detenzione per clandestini, aumentare il numero degli agenti di controllo alle frontiere e interrompere i fondi federali a città come Chicago, New York e Los Angeles, che proteggono dall’espulsione gli immigrati irregolari. 
- il 27 gennaio, il tycoon firma al Pentagono gli ordini esecutivi per la sospensione dell’accoglienza ai rifugiati per 120 giorni (tempo necessario per poter esaminare i meccanismi di accettazione e assicurarsi che gli estremisti non mettano piede sul territorio statunitense), bloccando a tempo indefinito l’ingresso di rifugiati siriani e sospendendo per 90 giorni la concessione di visti a cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana con una storia di terrorismo: Libia, Sudan, Somalia, Siria, Iraq, Yemen e Iran. 
Dimenticandosi, ma forse no dati gli interessi economici in gioco, di paesi dichiaratamente coinvolti in attentati terroristici come Arabia Saudita, Pakistan o Afganistan.
Questi presupposti indicano che sicuramente con Trump è iniziata una nuova era, migliore o peggiore, lo si vedrà in futuro sempre che il Congresso non lasci a Trump carta bianca. In questo caso temo che da presidente si trasformerebbe in tiranno assoluto! 


29 giugno 2017 - Corteo di protesta contro Trump e il suo bando agli immigrati
partito da Battery Park verso Ground Zero e Midtown

Ci aspetta un futuro comunque incerto e potenzialmente uno dei più tragici e vergognosi della storia della "Immigrant America".
Mi auguro non si trasformi nel virulento anti-cattolicesimo "Know Nothing" della metà del 19esimo, o nei successivi movimenti nativisti contro meridionali e orientali europei, che culminò nel restrizionista e razzista "National Origins Quota Act" del 1924.
Prese di posizione che trascinano con se odio e isteria collettiva come quella anti-tedesca della prima guerra mondiale e che ricordano tragici momenti come l'internamento di giapponesi americani durante la seconda guerra mondiale, o il "rimpatrio" (rimozioni forzate) nel corso del 1930 di un milione di messicani americani (oltre la metà dei quali erano cittadini degli stati Uniti).
Al "Dream Act", il sogno di Obama, si era già sostituita la proliferazione di centinaia di leggi e ordinanze federali per cercare di controllare e arginare l'immigrazione a livello locale, nonostante mandati costituzionali in senso contrario statali e locali. 
Ironia della sorte, il presidente Obama, il cui sogno era quello della riforma dell'immigrazione, ha lasciato l'incarico dopo aver forse presieduto, suo malgrado, il maggior numero di espulsioni nella storia americana.



Foto
LEWIS HINE LA GRANGER COLLECTION / CORDON PRESS
dal sito elpais

mercoledì 13 gennaio 2016

Colonia...stavolta la Matematica non c'entra!

Di solito in questo blog non mi occupo di questioni diverse dalla Matematica o dal Tango, ma questa volta ho voluto fare un'eccezione per riunire tre interviste (in ordine temporale) che finalmente si discostano dai "perbenismi", dall'ignoranza e dalle ipocrisie politiche.





Prima intervista ad Amalia Signorelli

Le violenze prima. La strumentalizzazione poi. Perché l'uomo occidentale difende le donne «per sentirsi superiore ai musulmani». 
Dalla open society alla fear society. Dalla società aperta che rende libere le facoltà critiche della persona a quella della paura, che in silenzio perde ogni giorno le libertà conquistate.
Dalle donne nude sui manifesti per sponsorizzare uno yogurth a quelle velate e rinchiuse in casa per difendere il focolare domestico, sino ad arrivare a quelle molestate e violentate nella centrale piazza di Colonia durante la notte di San Silvestro.
LA GUERRA DELL'UOMO OCCIDENTALE. 
Più che l'ennesimo scontro di civiltà, quello che si consuma sul corpo femminile è uno scontro tra uomini.
«L'uomo occidentale, che esercita la sua superiorità su quello musulmano, o almeno tenta di esercitarla. E non certo per difendere le donne, ma il proprio potere», spiega a Lettera43.it l'antropologa Amalia Signorelli.
Ma essendoci apparentemente in ballo 'solo' la dignità femminile, nei giorni dopo le violenze di Capodanno si è sentito solo tanto silenzio.
Quello delle forze dell'ordine di Colonia prima di tutto, che non sono intervenute davanti a quello che poi lo stesso rapporto della polizia ha definito «l'attraversamento delle forche caudine» per oltre un centinaio di donne. Un atto progettato da una banda che avrebbe addirittura più di un migliaio di adepti, e che era nota agli inquirenti tedeschi da oltre 18 mesi. Eppure nessuno ha fatto niente
IL SILENZIO E LA MANCANZA DI DIRITTI. 
Così come nessuno fa niente quando si legge che le donne in Italia guadagnano sei mila euro di pensione in meno rispetto agli uomini, che a parità di ore lavorate hanno stipendi più leggeri, che rivestono sì ruoli amministrativi e politici, ma quasi sempre al fianco di colleghi maschi che tengono il comando.
«Purtroppo ora anche le donne hanno iniziato a stare in silenzio», dice Signorelli, non senza tradire un pizzico di sconforto.


Amalia Signorelli, antropologa e sociologa

Colonia Signorelli: "A Colonia una guerra tra maschilisti"
08 Gennaio 2016, Antonietta Demurtas per L43

DOMANDA. Da cosa nasce questo silenzio?
RISPOSTA. C'è una paura diffusa che non è solo legata agli attentati e alle violenze, ma è più generale, ed è cominciata prima. C'è la preoccupazione di non esporsi troppo, di non farsi dare della femminista, dell'aggressiva.
D. Quella che vuole 'rubare' il potere all'uomo?
R. Forse dovremmo arrenderci all'idea o prendere atto che la storia dell'uomo solo al comando è un eufemismo per parlare di società che diventano sempre più centralizzate e autoritarie sulle materie che contano, lasciando poi un grandissimo margine di pseudolibertà sulle materie irrilevanti.
D. Ma andare controcorrente oggi non è così semplice...
R. Il non conformismo si paga caro e questo potrebbe avere inciso sui comportamenti pubblici di un po' di tutti, non solo delle donne, basta vedere cosa succede a livello politico.
D. Lei cosa vede?
R. Oggi chi fa il parlamentare in Italia non lo fa più per difendere le proprie idee, ma la propria carriera e ciò significa andare a chiedere l'appoggio laddove è meglio pagato, un orientamento diffuso generale sul quale ci sarebbe molto da riflettere e preoccuparsi, a partire dai riscontri oggettivi.
D. Per esempio?
R. Le riforme o le cosiddette 'schiforme', che vanno tutte in una direzione di centralizzazione delle decisioni e progressiva dipendenza da un'autorità che non è messa in discussione. Anche questa nuova figura del preside sceriffo è un segno.
D. Un'accentuazione del superuomo visto che sono ancora gli uomini a comandare. E a violentare...
R. Sui fatti di Colonia sono molto perplessa: non ho ancora capito che cosa sia successo veramente. Ci sono troppe notizie contradditorie e interpretazioni discutibili.
D. In che senso?
R. La violenza è da condannare, ma adesso, siccome dobbiamo dire tutti che il mondo islamico fa schifo, e per certi versi è anche vero,  per avvalorare questa tesi vengono tirate in ballo le donne. Tutto perché gli uomini occidentali sono convintissimi di due cose.
D. Quali?
R. Di averci dato loro la libertà e la parità, di avercela gentilmente concessa e per questa ragione di essere infinitamente superiori ai loro colleghi musulmani. Due balle colossali.
D. Perché?
R. Prima di tutto perché quel tanto che le donne occidentali hanno è frutto delle lotte femminili. Anche se la parità vera non l'abbiamo ancora raggiunta, c'è un riconoscimento nell'esercizio dei diritti, una base di partecipazione sociale abbastanza paritaria.
D. Quindi secondo lei più che scontro di civiltà siamo ancora allo scontro tra uomini, quello occidentale che esercita la sua superiorità su quello musulmano?
R. Più che esercitarla, tenta di esercitarla. E non certo per difendere le donne, ma solo il proprio potere. Come in altri casi ci hanno fatto fare la bandiera della loro capacità di repressione, ora ci fanno fare la bandiera della loro capacità di liberazione.
D. Che invece è un'autoliberazione.
R. Sì, noi i diritti li abbiamo perché ce li siamo presi. Son due secoli e mezzo che le donne occidentali si battono. Non è certo l'eroina più significativa, ma a titolo esemplificativo vorrei citare una donna come Angelina Merlin, di cui nessuno ora parla più.
D. Perché?
R. Ha avuto il coraggio di mettere il parlamento di fronte alla vergonga del sesso a pagamento pagato dallo Stato, le pare poco? E questa donna è stata derisa per tutta vita, messa ai margini della vita politica, anche se apparteneva a un partito socialista.
D. Gli uomini si sono vendicati così, emarginandola.
R. Salvo poi riconoscere che Merlin aveva ragione. Ma sono tante le donne che hanno fatto battaglie analoghe e anche più significative, davanti alle quali gli uomini hanno dovuto ingoiare il rospo.
D. Un rospo che ormai sembra abbiano digerito da tempo: le donne si sono arrese?
R. In effetti c'è un ritorno indietro da parte delle donne, una regressione. Ma soprattutto c'è un altro problema,
D. Quale?
R. Gli uomini non hanno mai fatto autocoscienza, non si sono mai chiesti, salvo pochissime eccezioni, che cosa vuol dire essere uomo, non hanno mai messo in discussione la tradizione aggressiva della loro sessualità.
D. E cosa hanno fatto, invece?
R. Hanno imparato che certe cose pubblicamente non le devono più dire e privatamente non le possono più fare con la libertà di un tempo. Ma non c'è mai stata una presa d'atto che la sessualità maschile è sempre predatoria anche nelle forme più addolcite.
D. Infatti ancora oggi il 60% delle violenze sulle donne viene compiuta dentro le mura domestiche.
R. D'altronde quando Silvio Berlusconi ha esibito in misura macroscopica la possibilità di mercificare i corpi femminili come voleva, purché uno abbia i soldi, ha trovato negli altri maschi italiani molta complicità.
D. Se non invidia...
R. Sì, al massimo in quelli che dovevano farlo per ragioni di ufficio c'è stata un po' di condanna moralistica, ma mai una presa di distanza, mai il coraggio di dire che l'amore prezzolato è qualcosa di infima categoria rispetto a quello spontaneo.
D. Non stupisce quindi che ancora oggi molti italiani sorridano ricordando la presunta battuta rivolta ad Angela Merkel, la «culona inchiavabile». Una donna capo di governo che noi chissà quando riusciremo ad avere...
R. Sì, ma se in un Paese come la Germania dove il presidente è donna, il sindaco di Colonia è donna, succedono le notti 'brave' come quelle di Capodanno, evidentemente la situazione non è così lineare.
D. Non basta ricoprire poltrone?
R. Pensa che il passaggio delle donne nel parlamento italiano da poche unità a un numero non disprezzabile abbia portato dei cambiamenti?
D. Che cosa manca ancora?
R. Una come Tina Anselmi per esempio. A quell'epoca le donne al potere erano davvero una minoranza schiacciata, oggi abbiamo più donne ma che non contano niente.
D. Maria Elena Boschi è ministro per le riforme costituzionali però.
R. La Boschi conta sino a quando Renzi la utilizza come copertura per fare certe operazioni. Il potere maschile mira ad autoconservarsi al massimo. Ed è abilissimo in queste operazioni.
D. Ora persino Salvini è diventato femminista e difende le donne violate dagli immigrati.
R. Dietro i fatti di Colonia c'è un di più che è esplicitamente politicante. L'impressione che sia tutto strumentalizzato per fini anti immigratori è chiarissima, e il sospetto che sia stata messa in scena per favorire una ondata anti migratoria non è del tutto gratuito.
D. Gratuito o meno sono comunque le donne a essere vittime. Eppure anche tra loro c'è stato un gran silenzio.
R. Non so cosa pensare, sono stata militante, ho costruito la mia vita in un'ottica femminista nel senso forte del termine ma da qualche anno mi ha impressionato molto l'atteggiamento tra le giovanissime, che ho conosciuto insegnando all'università.
D. Che cos'hanno queste ragazze che non va?
R. Danno per scontato che come stanno, stanno bene, che è inutile cercare di avere più di così, perché tanto il mondo non cambia e tutto sommato gli uomini le rispettano abbastanza. C'è un senso di arrendevolezza preoccupante.
D. Si sentono fortunate visto che non sono costrette a indossare un burqa...
R. Io non vorrei essere nata in un Paese musulmano, ma anche in Medio Oriente le ragazze vanno a scuola, si laureano con tutte le restrizioni e costrizioni, a Teheran ci sono medichesse, avvocatesse, giornaliste. Poi, certo, ci sono i veti dei regimi autoritari, censure per tutti. Ma la condizione femminile non è quella della schiava domestica, se non in parte minoritaria. E far sembrare che sia tutto così è solo una strumentalizzazione.
D. Dell'Occidente?
R. Sì, perché fa comodo l'immagine dell'uomo islamico che non vede l'ora di violentare una donna e per questo è inferiore all'uomo occidentale, che invece rispetta le donne. Sono in entrambi i casi due esagerazioni utili solo per la propaganda politica.
D. E in questo duello la donna che ruolo gioca?
R. Nessuno, perché oggi non riusciamo a organizzarci. I movimenti femministi di fine Anni 60-70 erano spontanei ma bene o male riuscivano a incontrarsi, creare dei collegamenti tra le varie città.
D. Ora invece?
R. Pare che su questi temi ci sia un isolamento totale dei singoli individui. A Roma in via del governo vecchio c'era l'università delle donne di Libera, ci incontravamo lì ad ascoltare le colleghe o a dire la nostra. C'era un rete che è indispensabile se si vuole fare politica.
D. Altrimenti il rischio è quello di rimanere in silenzio?
R. Il problema è che oggi posso dire di essere marxista, contro la società, atea, e questo non desta nelle altre persone la stessa reazione preoccupata e sdegnata di quando dico di essere una femminista.
D. Il femminismo è davvero un pericolo?
R. Per gli uomini certamente sì, perché sanno che gli argomenti delle donne, quando sono ben maneggiati, sono inconfutabili, mentre magari anche l'ateismo si può confutare.
D. L'ateismo non mira a diminuire il potere maschile.
R. Pensi che al festival internazionale di Angoulême, tra i finalisti non c'era nessuna artista donna. Dopo le proteste, gli organizzatori ci hanno ripensato. E siamo nel cuore della civilissima Francia.
D. Senza bisogno di andare in Medioriente quindi.
R. No, perché anche da noi scattano meccanismi subconsci, retaggi culturali che diventano automatismi, e su questo si dovrebbe ragionare perché sono prodotti di una socializzazione di un certo tipo ma sono poi talmente ribaditi e mai messi in discussione che diventano automatici e vengono praticati senza che ci sia più un minimo di consapevolezza.
D. Il fatto che negli Stati Uniti forse ci sarà il primo presidente donna della storia potrebbe iniziare a cambiare questo senso di consapevolezza occidentale?
R. Sia l'elezione di Obama che quella di Hillary Clinton sono talmente contro tutta la concezione tradizionale conservatrice dell'America profonda che non potevano non provocare reazioni.
D. Violente, visto il numero di neri uccisi dalle forze di polizia in questi anni.
R. E quella di Hillary potrebbe provocare un recrudimento dell'antifemminismo, non mi meraviglierebbe, ma rimarrebbe comunque un fatto importantissimo a livello storico culturale.
D. Che cosa cambierebbe?
R. Ci sarebbe un tabù spezzato. Non possiamo dare per scontato che d'ora in poi i neri godranno tutti i diritti ma, insomma, hanno avuto un presidente, e così varrà per le donne.
D. Per quello più che un tabù infranto, ci sarebbe bisogno di un miracolo...
R. Intanto si aprirebbe la discussione, la possibilità della rivendicazione, anche del conflitto magari, che non mi spaventa affatto.
D. Che cosa le fa paura invece?
R. Il tabù sacralizzato intoccabile per cui di certe cose non si deve neanche discutere, come la donna papa per esempio. L'idea oggi è talmente assurda e fuori dagli schemi logici che diventa perfino comica.
D. Un'eresia.
R. Si, o il rogo o gli sghignazzi.
D. Ma chissà: le vie del signore sono infinite.
R. Speriamo anche quelle delle signore.

Seconda Invervista a Massimo Cacciari


Massimo Cacciari, filosofo

Colonia, Cacciari: "Le europee cambieranno abitudini a calci. Da deficienti accogliere e basta"
12 gennaio 2016 ore 15:26, Marco Guerra per Intelligonews

“Sempre peggio, almeno per 50 anni, saranno costrette a cambiare stile di vita a calci”. È l’analisi di Massimo Cacciari relativa alle tensioni seguite ai fatti di Colonia contro le donne tedesche. Il filosofo sentito da IntelligoNews parla delle trasformazioni epocali che l’Europa sarà costretta ad affrontare. 

In Germania dopo i fatti di Colonia si registrano le prime ritorsioni contro i migranti. Dobbiamo preoccuparci per un’escalation delle tensioni? 

“Certo che c’è da preoccuparsi, siamo davanti all’assenza di qualsiasi politica, sia per l'immigrazione sia per l’integrazione, lo scenario si fa drammatico. Le nostre città saranno destinate, se non cambiano le cose, a trasformarsi in un insieme di ghetti, di barriere, di frontiere e di etnie separate con tutte le conseguenze immaginabili”. 

Ieri un altro episodio è successo nel salernitano, anche l’Italia non è immune?

“Ma tutto il mondo è Paese dagli Usa all’Europa, dovunque non ci siano politiche di integrazione che funzionano ci sono conflitti fra etnie, culture e persone povere e ricche. Crescendo le diseguaglianze crescono anche le occasioni di conflitto”.

Così, “io ti accolgo punto e basta” non può bastare più come risposta? 

“Ma non è mai servito, solo i deficienti potevano crederci, ma non c’è più nemmeno quello. Non c’è una politica che regola l’immigrazione né una politica per l'integrazione, quindi dove pensa che possiamo andare finire?” 

Un duro colpo per chi pensava che era possibile la convivenza? 

Colonia, Cacciari: 'Le europee cambieranno abitudini a calci. Da deficienti accogliere e basta'“Ma come si faceva a pensarlo, mancando qualunque politica? Come si poteva pensare che le cose potessero funzionare. Finito l’intervallo di misericordia per il bambino morto sulla spiaggia sono tornati identici tutti i problemi, che se non si affrontano si possono solo incancrenire!”

Ma non c’è una questione culturale di fondo secondo lei, un’incompatibilità tra culture diverse?

“Ma che vuol dire? Siamo diversi anche io e lei; se lei muore di fame e io sono ricco a un metro da lei, lei si incazza”. 

Ricordiamo anche le guerre alimentate dall’Occidente…

“Ma la storia c’entra poco, se andiamo alle fonti di tutto questo caos arriviamo ai tempi di Esaù, il problema è oggi e oggi manca qualsiasi politica per affrontare queste trasformazioni epocali, e pace all’anima nostra”. 

È sciocco continuare a dire come un mantra “non cambiamo il nostro stile di vita”?

“Sono tutte stupidaggini, tutte coglionate espressione di pura ignoranza, i nostri stili di vita sono cambiati mille volte nella storia in base a mutamenti di Stato, catastrofi, cambiamenti sociali e culturali. Nessuno sta fermo, non c’è un modo di vita immobile, sono tutte stupidaggini che vengono da persone ignoranti che sono al governo in Europa. Non esistono più gli Audenauer e i De Gasperi, c’è gentucola sprovvista dei fondamentali per affrontare una cambiamento d'epoca”.

Quindi le donne europee dovranno cambiare alcune abitudini della loro vita? 

“Sì, ma una cosa è cambiare perché sai di dover cambiare e governi il cambiamento, un conto è cambiare a calci. Quando cambi a calci i mutamenti sono drammatici”.

Dobbiamo aspettarci nuove episodi come quelli di Colonia e situazioni di tensione? 

“Ma sarà sempre peggio, almeno per 50 anni, fintanto che per ragioni demografiche non finiranno i flussi d’immigrazione. Nel frattempo dobbiamo aspettarci sempre peggio”. 

Terza intervista a Diego Fusaro


Diego Fusaro, filosofo

Colonia, Fusaro spiega: "Scenario apocalittico. In Occidente per essere eroe oggi devi essere vittima"
13 gennaio 2016 Marta Moriconi per Intelligonews

“Sempre peggio, almeno per 50 anni, saranno costrette a cambiare stile di vita a calci”. Era l’analisi di Massimo Cacciari espressa ieri a IntelligoNews e relativa alle tensioni seguite ai fatti di Colonia contro le donne tedesche. Oggi abbiamo intercettato un altro filosofo, il giovane Diego Fusaro, che con le parole di Martin Heidegger ci parla della “società della notte del mondo, quella in cui siamo precipitati” senza essere “più coscienti del buio in cui siamo”.

Fusaro condivide la riflessione espressa da Massimo Cacciari? Lo stile di vita cambierà e la trasformazione epocale non sarà indolore? 

"Sono d’accordissimo con Cacciari. Quello visto in questi giorni è uno scenario apocalittico. Mi ha colpito che in qualche modo il fatto che siano migranti e stranieri, che non andrebbe usato né come giustificazione né come aggravante, invece sia stato trattato come elemento attenuante. E’ paradossale. La logica vorrebbe che venissero trattati come tutti i cittadini. Per alcuni esponenti politici, penso a quelli del Pd, la questione dell’immigrazione viene prima di quella delle donne". 

Tutto quel tentativo di ridimensionare quanto accaduto a Colonia, non è comunque inutile?

Colonia, Fusaro spiega: 'Scenario apocalittico. In Occidente per essere eroe oggi devi essere vittima'"Certamente, ma questo è buon senso e non è di casa nel nostro tempo. Aggiungerei una domanda: quelli che fanno sempre le battaglie in difesa delle donne dove sono finiti? Vengono prima le battaglie per i migranti nella scala delle priorità da quanto ho capito...". 

E’ mancata una politica d’immigrazione e di integrazione per Cacciari. In compenso c’è stata un’escalation rispetto alle iniziative di dare qualche centinaia di euro a migrante accolto a famiglia. Che succede?

"Diciamo che l’immigrazione ha senso quando arrivano gruppi di migranti che vengono fatti integrare. Quando ne arrivano orde, come in questo caso, di persone non controllate questi fenomeni possono capitare. E comunque non c'è attenuante, cosa che colpisce invece in questa situazione".

Quanto accaduto in Germania, è lo specchio del vecchio conflitto tra ricchi e poveri? 

"No, io questo non lo leggo come un conflitto tra ricco e povero, ma un conflitto con i vigliacchi protagonisti. Chi alza le mani su una donna deve avere la pena massima, immigrato o autoctono che sia. Il conflitto tra uomini e donne è impari, è un altro fenomeno". 

Se Cacciari parla di scenario drammatico riferendosi al futuro, Fusaro di cosa parla?

"Io parlo di scenario per cui per un verso si limiteranno le libertà in nome della sicurezza, e per un altro verso ci andranno di mezzo immigrati che non fanno male a nessuno, ma che verranno visti come assassini. Poi, mi sento di dire che il buonismo ancora una volta trionferà. Da questa vicenda esce un migrante che si presenta come un nemico totale. E' il caso di ribadire poi che la concezione della donna occidentale - che pure non è perfetta perché ridotta a merce - ha comunque dei vantaggi rispetto a quella di questi signori qua".

E la virilità maschile come ne esce? 

"In maniera penosa. Perché intanto dove erano gli uomini tedeschi in quel frangente? Dove era la Polizia tedesca? Mi pare sia una domanda che in maniera onesta vada sottoposta. Vorrei proporre una lettura poi, leggete il libro di Daniele Giglioli "Critica della vittima": la vittima è presentata ormai come l’eroe del nostro tempo nell’Occidente. Ha ragione perfettamente, perché per essere eroe oggi devi essere vittima".

Che tra l’altro si trasforma in carnefice? 

"Esattamente". 

Una domanda sulla guida senza patente depenalizzata. Basteranno 5000 euro per sanare l’illecito. Soldi contro reati? 

"Io userei il caso che ha appena portato come esempio per spiegare a un bambino di 8 anni che cos’è il classismo e la disuguaglianza sociale: è una società dove tutto è possibile a patto che tu abbia i soldi per potertelo permettere. E’ un self service per fare tutto ciò che vuoi perché ogni limite morale viene abbattuto, probabilmente in futuro si potrà anche avere rapporti sessuali con i bambini e chi oserà dire che non è corretto sarà un pedofobo, però dovrai avere i soldi per potertelo permettere. Questa è la società più terribile che si potesse prospettare. Un incubo. Io la chiamerei con Heidegger la società della notte del mondo, siamo precipitati in un buio totale in cui nemmeno siamo più coscienti del buio in cui siamo".