mercoledì 13 gennaio 2016

Colonia...stavolta la Matematica non c'entra!

Di solito in questo blog non mi occupo di questioni diverse dalla Matematica o dal Tango, ma questa volta ho voluto fare un'eccezione per riunire tre interviste (in ordine temporale) che finalmente si discostano dai "perbenismi", dall'ignoranza e dalle ipocrisie politiche.





Prima intervista ad Amalia Signorelli

Le violenze prima. La strumentalizzazione poi. Perché l'uomo occidentale difende le donne «per sentirsi superiore ai musulmani». 
Dalla open society alla fear society. Dalla società aperta che rende libere le facoltà critiche della persona a quella della paura, che in silenzio perde ogni giorno le libertà conquistate.
Dalle donne nude sui manifesti per sponsorizzare uno yogurth a quelle velate e rinchiuse in casa per difendere il focolare domestico, sino ad arrivare a quelle molestate e violentate nella centrale piazza di Colonia durante la notte di San Silvestro.
LA GUERRA DELL'UOMO OCCIDENTALE. 
Più che l'ennesimo scontro di civiltà, quello che si consuma sul corpo femminile è uno scontro tra uomini.
«L'uomo occidentale, che esercita la sua superiorità su quello musulmano, o almeno tenta di esercitarla. E non certo per difendere le donne, ma il proprio potere», spiega a Lettera43.it l'antropologa Amalia Signorelli.
Ma essendoci apparentemente in ballo 'solo' la dignità femminile, nei giorni dopo le violenze di Capodanno si è sentito solo tanto silenzio.
Quello delle forze dell'ordine di Colonia prima di tutto, che non sono intervenute davanti a quello che poi lo stesso rapporto della polizia ha definito «l'attraversamento delle forche caudine» per oltre un centinaio di donne. Un atto progettato da una banda che avrebbe addirittura più di un migliaio di adepti, e che era nota agli inquirenti tedeschi da oltre 18 mesi. Eppure nessuno ha fatto niente
IL SILENZIO E LA MANCANZA DI DIRITTI. 
Così come nessuno fa niente quando si legge che le donne in Italia guadagnano sei mila euro di pensione in meno rispetto agli uomini, che a parità di ore lavorate hanno stipendi più leggeri, che rivestono sì ruoli amministrativi e politici, ma quasi sempre al fianco di colleghi maschi che tengono il comando.
«Purtroppo ora anche le donne hanno iniziato a stare in silenzio», dice Signorelli, non senza tradire un pizzico di sconforto.


Amalia Signorelli, antropologa e sociologa

Colonia Signorelli: "A Colonia una guerra tra maschilisti"
08 Gennaio 2016, Antonietta Demurtas per L43

DOMANDA. Da cosa nasce questo silenzio?
RISPOSTA. C'è una paura diffusa che non è solo legata agli attentati e alle violenze, ma è più generale, ed è cominciata prima. C'è la preoccupazione di non esporsi troppo, di non farsi dare della femminista, dell'aggressiva.
D. Quella che vuole 'rubare' il potere all'uomo?
R. Forse dovremmo arrenderci all'idea o prendere atto che la storia dell'uomo solo al comando è un eufemismo per parlare di società che diventano sempre più centralizzate e autoritarie sulle materie che contano, lasciando poi un grandissimo margine di pseudolibertà sulle materie irrilevanti.
D. Ma andare controcorrente oggi non è così semplice...
R. Il non conformismo si paga caro e questo potrebbe avere inciso sui comportamenti pubblici di un po' di tutti, non solo delle donne, basta vedere cosa succede a livello politico.
D. Lei cosa vede?
R. Oggi chi fa il parlamentare in Italia non lo fa più per difendere le proprie idee, ma la propria carriera e ciò significa andare a chiedere l'appoggio laddove è meglio pagato, un orientamento diffuso generale sul quale ci sarebbe molto da riflettere e preoccuparsi, a partire dai riscontri oggettivi.
D. Per esempio?
R. Le riforme o le cosiddette 'schiforme', che vanno tutte in una direzione di centralizzazione delle decisioni e progressiva dipendenza da un'autorità che non è messa in discussione. Anche questa nuova figura del preside sceriffo è un segno.
D. Un'accentuazione del superuomo visto che sono ancora gli uomini a comandare. E a violentare...
R. Sui fatti di Colonia sono molto perplessa: non ho ancora capito che cosa sia successo veramente. Ci sono troppe notizie contradditorie e interpretazioni discutibili.
D. In che senso?
R. La violenza è da condannare, ma adesso, siccome dobbiamo dire tutti che il mondo islamico fa schifo, e per certi versi è anche vero,  per avvalorare questa tesi vengono tirate in ballo le donne. Tutto perché gli uomini occidentali sono convintissimi di due cose.
D. Quali?
R. Di averci dato loro la libertà e la parità, di avercela gentilmente concessa e per questa ragione di essere infinitamente superiori ai loro colleghi musulmani. Due balle colossali.
D. Perché?
R. Prima di tutto perché quel tanto che le donne occidentali hanno è frutto delle lotte femminili. Anche se la parità vera non l'abbiamo ancora raggiunta, c'è un riconoscimento nell'esercizio dei diritti, una base di partecipazione sociale abbastanza paritaria.
D. Quindi secondo lei più che scontro di civiltà siamo ancora allo scontro tra uomini, quello occidentale che esercita la sua superiorità su quello musulmano?
R. Più che esercitarla, tenta di esercitarla. E non certo per difendere le donne, ma solo il proprio potere. Come in altri casi ci hanno fatto fare la bandiera della loro capacità di repressione, ora ci fanno fare la bandiera della loro capacità di liberazione.
D. Che invece è un'autoliberazione.
R. Sì, noi i diritti li abbiamo perché ce li siamo presi. Son due secoli e mezzo che le donne occidentali si battono. Non è certo l'eroina più significativa, ma a titolo esemplificativo vorrei citare una donna come Angelina Merlin, di cui nessuno ora parla più.
D. Perché?
R. Ha avuto il coraggio di mettere il parlamento di fronte alla vergonga del sesso a pagamento pagato dallo Stato, le pare poco? E questa donna è stata derisa per tutta vita, messa ai margini della vita politica, anche se apparteneva a un partito socialista.
D. Gli uomini si sono vendicati così, emarginandola.
R. Salvo poi riconoscere che Merlin aveva ragione. Ma sono tante le donne che hanno fatto battaglie analoghe e anche più significative, davanti alle quali gli uomini hanno dovuto ingoiare il rospo.
D. Un rospo che ormai sembra abbiano digerito da tempo: le donne si sono arrese?
R. In effetti c'è un ritorno indietro da parte delle donne, una regressione. Ma soprattutto c'è un altro problema,
D. Quale?
R. Gli uomini non hanno mai fatto autocoscienza, non si sono mai chiesti, salvo pochissime eccezioni, che cosa vuol dire essere uomo, non hanno mai messo in discussione la tradizione aggressiva della loro sessualità.
D. E cosa hanno fatto, invece?
R. Hanno imparato che certe cose pubblicamente non le devono più dire e privatamente non le possono più fare con la libertà di un tempo. Ma non c'è mai stata una presa d'atto che la sessualità maschile è sempre predatoria anche nelle forme più addolcite.
D. Infatti ancora oggi il 60% delle violenze sulle donne viene compiuta dentro le mura domestiche.
R. D'altronde quando Silvio Berlusconi ha esibito in misura macroscopica la possibilità di mercificare i corpi femminili come voleva, purché uno abbia i soldi, ha trovato negli altri maschi italiani molta complicità.
D. Se non invidia...
R. Sì, al massimo in quelli che dovevano farlo per ragioni di ufficio c'è stata un po' di condanna moralistica, ma mai una presa di distanza, mai il coraggio di dire che l'amore prezzolato è qualcosa di infima categoria rispetto a quello spontaneo.
D. Non stupisce quindi che ancora oggi molti italiani sorridano ricordando la presunta battuta rivolta ad Angela Merkel, la «culona inchiavabile». Una donna capo di governo che noi chissà quando riusciremo ad avere...
R. Sì, ma se in un Paese come la Germania dove il presidente è donna, il sindaco di Colonia è donna, succedono le notti 'brave' come quelle di Capodanno, evidentemente la situazione non è così lineare.
D. Non basta ricoprire poltrone?
R. Pensa che il passaggio delle donne nel parlamento italiano da poche unità a un numero non disprezzabile abbia portato dei cambiamenti?
D. Che cosa manca ancora?
R. Una come Tina Anselmi per esempio. A quell'epoca le donne al potere erano davvero una minoranza schiacciata, oggi abbiamo più donne ma che non contano niente.
D. Maria Elena Boschi è ministro per le riforme costituzionali però.
R. La Boschi conta sino a quando Renzi la utilizza come copertura per fare certe operazioni. Il potere maschile mira ad autoconservarsi al massimo. Ed è abilissimo in queste operazioni.
D. Ora persino Salvini è diventato femminista e difende le donne violate dagli immigrati.
R. Dietro i fatti di Colonia c'è un di più che è esplicitamente politicante. L'impressione che sia tutto strumentalizzato per fini anti immigratori è chiarissima, e il sospetto che sia stata messa in scena per favorire una ondata anti migratoria non è del tutto gratuito.
D. Gratuito o meno sono comunque le donne a essere vittime. Eppure anche tra loro c'è stato un gran silenzio.
R. Non so cosa pensare, sono stata militante, ho costruito la mia vita in un'ottica femminista nel senso forte del termine ma da qualche anno mi ha impressionato molto l'atteggiamento tra le giovanissime, che ho conosciuto insegnando all'università.
D. Che cos'hanno queste ragazze che non va?
R. Danno per scontato che come stanno, stanno bene, che è inutile cercare di avere più di così, perché tanto il mondo non cambia e tutto sommato gli uomini le rispettano abbastanza. C'è un senso di arrendevolezza preoccupante.
D. Si sentono fortunate visto che non sono costrette a indossare un burqa...
R. Io non vorrei essere nata in un Paese musulmano, ma anche in Medio Oriente le ragazze vanno a scuola, si laureano con tutte le restrizioni e costrizioni, a Teheran ci sono medichesse, avvocatesse, giornaliste. Poi, certo, ci sono i veti dei regimi autoritari, censure per tutti. Ma la condizione femminile non è quella della schiava domestica, se non in parte minoritaria. E far sembrare che sia tutto così è solo una strumentalizzazione.
D. Dell'Occidente?
R. Sì, perché fa comodo l'immagine dell'uomo islamico che non vede l'ora di violentare una donna e per questo è inferiore all'uomo occidentale, che invece rispetta le donne. Sono in entrambi i casi due esagerazioni utili solo per la propaganda politica.
D. E in questo duello la donna che ruolo gioca?
R. Nessuno, perché oggi non riusciamo a organizzarci. I movimenti femministi di fine Anni 60-70 erano spontanei ma bene o male riuscivano a incontrarsi, creare dei collegamenti tra le varie città.
D. Ora invece?
R. Pare che su questi temi ci sia un isolamento totale dei singoli individui. A Roma in via del governo vecchio c'era l'università delle donne di Libera, ci incontravamo lì ad ascoltare le colleghe o a dire la nostra. C'era un rete che è indispensabile se si vuole fare politica.
D. Altrimenti il rischio è quello di rimanere in silenzio?
R. Il problema è che oggi posso dire di essere marxista, contro la società, atea, e questo non desta nelle altre persone la stessa reazione preoccupata e sdegnata di quando dico di essere una femminista.
D. Il femminismo è davvero un pericolo?
R. Per gli uomini certamente sì, perché sanno che gli argomenti delle donne, quando sono ben maneggiati, sono inconfutabili, mentre magari anche l'ateismo si può confutare.
D. L'ateismo non mira a diminuire il potere maschile.
R. Pensi che al festival internazionale di Angoulême, tra i finalisti non c'era nessuna artista donna. Dopo le proteste, gli organizzatori ci hanno ripensato. E siamo nel cuore della civilissima Francia.
D. Senza bisogno di andare in Medioriente quindi.
R. No, perché anche da noi scattano meccanismi subconsci, retaggi culturali che diventano automatismi, e su questo si dovrebbe ragionare perché sono prodotti di una socializzazione di un certo tipo ma sono poi talmente ribaditi e mai messi in discussione che diventano automatici e vengono praticati senza che ci sia più un minimo di consapevolezza.
D. Il fatto che negli Stati Uniti forse ci sarà il primo presidente donna della storia potrebbe iniziare a cambiare questo senso di consapevolezza occidentale?
R. Sia l'elezione di Obama che quella di Hillary Clinton sono talmente contro tutta la concezione tradizionale conservatrice dell'America profonda che non potevano non provocare reazioni.
D. Violente, visto il numero di neri uccisi dalle forze di polizia in questi anni.
R. E quella di Hillary potrebbe provocare un recrudimento dell'antifemminismo, non mi meraviglierebbe, ma rimarrebbe comunque un fatto importantissimo a livello storico culturale.
D. Che cosa cambierebbe?
R. Ci sarebbe un tabù spezzato. Non possiamo dare per scontato che d'ora in poi i neri godranno tutti i diritti ma, insomma, hanno avuto un presidente, e così varrà per le donne.
D. Per quello più che un tabù infranto, ci sarebbe bisogno di un miracolo...
R. Intanto si aprirebbe la discussione, la possibilità della rivendicazione, anche del conflitto magari, che non mi spaventa affatto.
D. Che cosa le fa paura invece?
R. Il tabù sacralizzato intoccabile per cui di certe cose non si deve neanche discutere, come la donna papa per esempio. L'idea oggi è talmente assurda e fuori dagli schemi logici che diventa perfino comica.
D. Un'eresia.
R. Si, o il rogo o gli sghignazzi.
D. Ma chissà: le vie del signore sono infinite.
R. Speriamo anche quelle delle signore.

Seconda Invervista a Massimo Cacciari


Massimo Cacciari, filosofo

Colonia, Cacciari: "Le europee cambieranno abitudini a calci. Da deficienti accogliere e basta"
12 gennaio 2016 ore 15:26, Marco Guerra per Intelligonews

“Sempre peggio, almeno per 50 anni, saranno costrette a cambiare stile di vita a calci”. È l’analisi di Massimo Cacciari relativa alle tensioni seguite ai fatti di Colonia contro le donne tedesche. Il filosofo sentito da IntelligoNews parla delle trasformazioni epocali che l’Europa sarà costretta ad affrontare. 

In Germania dopo i fatti di Colonia si registrano le prime ritorsioni contro i migranti. Dobbiamo preoccuparci per un’escalation delle tensioni? 

“Certo che c’è da preoccuparsi, siamo davanti all’assenza di qualsiasi politica, sia per l'immigrazione sia per l’integrazione, lo scenario si fa drammatico. Le nostre città saranno destinate, se non cambiano le cose, a trasformarsi in un insieme di ghetti, di barriere, di frontiere e di etnie separate con tutte le conseguenze immaginabili”. 

Ieri un altro episodio è successo nel salernitano, anche l’Italia non è immune?

“Ma tutto il mondo è Paese dagli Usa all’Europa, dovunque non ci siano politiche di integrazione che funzionano ci sono conflitti fra etnie, culture e persone povere e ricche. Crescendo le diseguaglianze crescono anche le occasioni di conflitto”.

Così, “io ti accolgo punto e basta” non può bastare più come risposta? 

“Ma non è mai servito, solo i deficienti potevano crederci, ma non c’è più nemmeno quello. Non c’è una politica che regola l’immigrazione né una politica per l'integrazione, quindi dove pensa che possiamo andare finire?” 

Un duro colpo per chi pensava che era possibile la convivenza? 

Colonia, Cacciari: 'Le europee cambieranno abitudini a calci. Da deficienti accogliere e basta'“Ma come si faceva a pensarlo, mancando qualunque politica? Come si poteva pensare che le cose potessero funzionare. Finito l’intervallo di misericordia per il bambino morto sulla spiaggia sono tornati identici tutti i problemi, che se non si affrontano si possono solo incancrenire!”

Ma non c’è una questione culturale di fondo secondo lei, un’incompatibilità tra culture diverse?

“Ma che vuol dire? Siamo diversi anche io e lei; se lei muore di fame e io sono ricco a un metro da lei, lei si incazza”. 

Ricordiamo anche le guerre alimentate dall’Occidente…

“Ma la storia c’entra poco, se andiamo alle fonti di tutto questo caos arriviamo ai tempi di Esaù, il problema è oggi e oggi manca qualsiasi politica per affrontare queste trasformazioni epocali, e pace all’anima nostra”. 

È sciocco continuare a dire come un mantra “non cambiamo il nostro stile di vita”?

“Sono tutte stupidaggini, tutte coglionate espressione di pura ignoranza, i nostri stili di vita sono cambiati mille volte nella storia in base a mutamenti di Stato, catastrofi, cambiamenti sociali e culturali. Nessuno sta fermo, non c’è un modo di vita immobile, sono tutte stupidaggini che vengono da persone ignoranti che sono al governo in Europa. Non esistono più gli Audenauer e i De Gasperi, c’è gentucola sprovvista dei fondamentali per affrontare una cambiamento d'epoca”.

Quindi le donne europee dovranno cambiare alcune abitudini della loro vita? 

“Sì, ma una cosa è cambiare perché sai di dover cambiare e governi il cambiamento, un conto è cambiare a calci. Quando cambi a calci i mutamenti sono drammatici”.

Dobbiamo aspettarci nuove episodi come quelli di Colonia e situazioni di tensione? 

“Ma sarà sempre peggio, almeno per 50 anni, fintanto che per ragioni demografiche non finiranno i flussi d’immigrazione. Nel frattempo dobbiamo aspettarci sempre peggio”. 

Terza intervista a Diego Fusaro


Diego Fusaro, filosofo

Colonia, Fusaro spiega: "Scenario apocalittico. In Occidente per essere eroe oggi devi essere vittima"
13 gennaio 2016 Marta Moriconi per Intelligonews

“Sempre peggio, almeno per 50 anni, saranno costrette a cambiare stile di vita a calci”. Era l’analisi di Massimo Cacciari espressa ieri a IntelligoNews e relativa alle tensioni seguite ai fatti di Colonia contro le donne tedesche. Oggi abbiamo intercettato un altro filosofo, il giovane Diego Fusaro, che con le parole di Martin Heidegger ci parla della “società della notte del mondo, quella in cui siamo precipitati” senza essere “più coscienti del buio in cui siamo”.

Fusaro condivide la riflessione espressa da Massimo Cacciari? Lo stile di vita cambierà e la trasformazione epocale non sarà indolore? 

"Sono d’accordissimo con Cacciari. Quello visto in questi giorni è uno scenario apocalittico. Mi ha colpito che in qualche modo il fatto che siano migranti e stranieri, che non andrebbe usato né come giustificazione né come aggravante, invece sia stato trattato come elemento attenuante. E’ paradossale. La logica vorrebbe che venissero trattati come tutti i cittadini. Per alcuni esponenti politici, penso a quelli del Pd, la questione dell’immigrazione viene prima di quella delle donne". 

Tutto quel tentativo di ridimensionare quanto accaduto a Colonia, non è comunque inutile?

Colonia, Fusaro spiega: 'Scenario apocalittico. In Occidente per essere eroe oggi devi essere vittima'"Certamente, ma questo è buon senso e non è di casa nel nostro tempo. Aggiungerei una domanda: quelli che fanno sempre le battaglie in difesa delle donne dove sono finiti? Vengono prima le battaglie per i migranti nella scala delle priorità da quanto ho capito...". 

E’ mancata una politica d’immigrazione e di integrazione per Cacciari. In compenso c’è stata un’escalation rispetto alle iniziative di dare qualche centinaia di euro a migrante accolto a famiglia. Che succede?

"Diciamo che l’immigrazione ha senso quando arrivano gruppi di migranti che vengono fatti integrare. Quando ne arrivano orde, come in questo caso, di persone non controllate questi fenomeni possono capitare. E comunque non c'è attenuante, cosa che colpisce invece in questa situazione".

Quanto accaduto in Germania, è lo specchio del vecchio conflitto tra ricchi e poveri? 

"No, io questo non lo leggo come un conflitto tra ricco e povero, ma un conflitto con i vigliacchi protagonisti. Chi alza le mani su una donna deve avere la pena massima, immigrato o autoctono che sia. Il conflitto tra uomini e donne è impari, è un altro fenomeno". 

Se Cacciari parla di scenario drammatico riferendosi al futuro, Fusaro di cosa parla?

"Io parlo di scenario per cui per un verso si limiteranno le libertà in nome della sicurezza, e per un altro verso ci andranno di mezzo immigrati che non fanno male a nessuno, ma che verranno visti come assassini. Poi, mi sento di dire che il buonismo ancora una volta trionferà. Da questa vicenda esce un migrante che si presenta come un nemico totale. E' il caso di ribadire poi che la concezione della donna occidentale - che pure non è perfetta perché ridotta a merce - ha comunque dei vantaggi rispetto a quella di questi signori qua".

E la virilità maschile come ne esce? 

"In maniera penosa. Perché intanto dove erano gli uomini tedeschi in quel frangente? Dove era la Polizia tedesca? Mi pare sia una domanda che in maniera onesta vada sottoposta. Vorrei proporre una lettura poi, leggete il libro di Daniele Giglioli "Critica della vittima": la vittima è presentata ormai come l’eroe del nostro tempo nell’Occidente. Ha ragione perfettamente, perché per essere eroe oggi devi essere vittima".

Che tra l’altro si trasforma in carnefice? 

"Esattamente". 

Una domanda sulla guida senza patente depenalizzata. Basteranno 5000 euro per sanare l’illecito. Soldi contro reati? 

"Io userei il caso che ha appena portato come esempio per spiegare a un bambino di 8 anni che cos’è il classismo e la disuguaglianza sociale: è una società dove tutto è possibile a patto che tu abbia i soldi per potertelo permettere. E’ un self service per fare tutto ciò che vuoi perché ogni limite morale viene abbattuto, probabilmente in futuro si potrà anche avere rapporti sessuali con i bambini e chi oserà dire che non è corretto sarà un pedofobo, però dovrai avere i soldi per potertelo permettere. Questa è la società più terribile che si potesse prospettare. Un incubo. Io la chiamerei con Heidegger la società della notte del mondo, siamo precipitati in un buio totale in cui nemmeno siamo più coscienti del buio in cui siamo".



domenica 10 gennaio 2016

Matematica...invenzione o scoperta?

A volte mi sorge il dubbio che qualche studente, se avesse potuto viaggiare indietro nel tempo, avrebbe forse cercato di impedire a qualcuno di inventare la Matematica. 
Un desiderio probabilmente che nasce dal fatto che spesso gli studenti devono affrontare prove e compiti difficili di cui a volte farebbero volentieri a meno!
Ma sarebbe possibile fare ciò se si potesse tornare indietro nel tempo? 
Probabilmente no! 
E perché? 
A differenza di tante altre invenzioni, come l'automobile, l'aereo, la lampadina o il computer, la Matematica non è proprio un'invenzione, ma piuttosto una scoperta graduale a cui è molto difficile dare un inizio.
La scoperta della Matematica non può essere quindi attribuita ad una persona, ma può essere considerata solo come un lento sviluppo avvenuto con l'aiuto di migliaia di persone!




Ma come ha fatto ad iniziare? 
Nessuno lo può sapere con certezza, ma possiamo usare la nostra immaginazione per pensare a come la matematica abbia potuto aver inizio. 
A proposito di viaggio indietro nel tempo, potrei immaginare di farlo e di trovare l'amico uomo di Neanderthal intento a raccogliere bacche e quindi chiedergli: "quante me ne dai?" 
Forse proprio la risposta a questa domanda ha dato luogo al bisogno della matematica. 
Se io e il mio preistorico compagno stiamo raccogliendo in un cesto dei frutti di bosco, vorremmo probabilmente poterne dividere equamente il contenuto e per fare ciò avremmo bisogno, in primo luogo, di sapere quante bacche abbiamo raccolto e quindi dovremmo saper contare. 
È così che è nato il conteggio e i primi numeri? 
Nessuno lo sa, ma con l'aiuto del mio amico preistorico potrei scoprire cosa sia avvenuto!
E dopo la scoperta del conteggio e dei numeri arriverebbe necessariamente il concetto di divisione.
La divisione potrebbe essere nata proprio dalla necessità di dividere quel mucchio di bacche in modo equo tra me e lui. 
Ed è così, grazie proprio alle "scoperte" matematiche, che l'amico preistorico ha potuto progredire. Sembrerebbe infatti molto probabile che la necessità di alcuni principi matematici abbia avuto origine dalla vita quotidiana, principi che, come tali, sono stati scoperti o creati proprio da necessità piuttosto che "inventati". 
Semplici scoperte che però alla fine hanno generato i settori più avanzati della matematica, come la geometria, il calcolo, l'algebra, la trigonometria, l'analisi.......!

Ma veniamo al dunque e al vero perché di questo mio viaggio immaginario indietro nel tempo.
Quello che volevo capire e cercare di trovarne risposta era il cosiddetto enigma di Wigner: 
"la matematica è stata inventata o scoperta?"
Ma soprattutto questa "invenzione" o "scoperta" è proprio vero che nasca dall'esperienza?

Eugene Wigner, che nel 1963 ricevette il Premio Nobel per la fisica, era un fisico e matematico ungherese naturalizzato statunitense, noto, oltre che per i  suoi grandi contributi scientifici, per la sua gentilezza e modestia. 
Proprio il giorno del ricevimento del premio Nobel disse di non aver mai pensato ad una tale possibilità, aggiungendo: 
"Non mi sarei mai aspettato di leggere il mio nome sui giornali senza aver commesso qualche crimine." 
Negli incontri scientifici, sia formali che informali, quando qualcuno avanzava una proposta, spesso Wigner ribatteva semplicemente "Io non capisco", senza mai mostrarsi pretenzioso, né preoccupandosi di sembrare sciocco.
Nel 1960, già noto come uno dei più profondi pensatori nel campo della fisica matematica, Wigner compì una incursione provocatoria nel campo della filosofia della matematica con il suo saggio più famoso tra quelli non riguardanti la fisica, dal titolo "La irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali"(The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences). 
In esso egli sosteneva che la cognizione matematica potrebbe essere all'origine dei concetti fisici, come gli umani li percepiscono, anche se la felice coincidenza secondo la quale la matematica e la fisica si accoppiano tanto bene appare "irragionevole" e difficile da spiegare.
Da qui anche il famoso enigma che si pone sulla vera origine della Matematica.
Com'è possibile che un prodotto della mente umana, pur essendo indipendente dall’esperienza, si accordi tanto bene agli oggetti della realtà fisica? 
Se lo chiedeva, tra gli altri, Einstein pensando alla matematica, come a una disciplina che almeno dai tempi dei Pitagorici ha assunto un’aura di divinità per le sue caratteristiche di perfezione e trascendenza. 
Man mano che le nostre conoscenze tecniche si sviluppano, scopriamo che le formule e le forme geometriche, elaborate sullo slancio della speculazione pura, descrivono con precisione il mondo che ci circonda e spesso anticipano scoperte ben più tarde. 

Qual è il mistero di tanta “irragionevole efficacia”?
Ed ecco alcune frasi, messe a caso e senza ordine temporale o di priorità, che ritengo siano degne di nota e che rispondano bene al quesito.


Eugene Wigner

La prima risposta viene proprio da "L’Irragionevole Efficacia della Matematica nelle Scienze Naturali" di Eugene Wigner.
Communications in Pure and Applied Mathematics, vol. 13, No. 1 (February 1960)
che così conclude il capitolo:

"Il miracolo dell’adeguatezza del linguaggio della matematica per la formulazione delle leggi fisiche è un dono meraviglioso che noi non comprendiamo e non meritiamo. Dovremmo essere grati per esso e sperare che rimanga valido per le ricerche future, e che si estenda, nel bene e nel male, per il nostro piacere - forse anche per il nostro disappunto - in maniera da allargare le nostre possibilità di imparare e di conoscere."



Paul Adrien Maurice Dirac

Da "The evolution of the physicist’s picture of nature" di Paul Adrien Maurice Dirac  Scientic Amer., 1963, V.208, N.5. p.45-53

“Sembra essere una delle caratteristiche fondamentali della Natura che le leggi fisiche fondamentali siano descritte in termini di una teoria matematica di grande bellezza e potenza, che necessita di un elevato standard matematico per poter essere compresa.
Potreste chiedervi: Perché la Natura è costruita secondo queste linee? 
Si può solo rispondere che la nostra attuale conoscenza sembra mostrare che la Natura è costruita in questo modo. Dobbiamo semplicemente accettarlo. Si potrebbe forse descrivere la situazione dicendo che Dio è un matematico di livello molto alto, e che Lui ha usato una matematica molto avanzata per costruire l’Universo. I nostri deboli tentativi di matematica ci permettono di comprendere solo un pizzico dell’Universo, e solo procedendo a sviluppare una matematica sempre più avanzata possiamo sperare di capire meglio l’Universo.”


Albert Einstein

In un discorso alla Accademia Prussiana delle Scienze a Berlino il 27 gennaio 1921, Albert Einstein stava discutendo il significato della matematica nella storia del pensiero scientifico, ed osservò:

“A questo punto si presenta un enigma che in tutte le epoche ha agitato le menti interessate alla conoscenza. Come può essere che la matematica, che dopo tutto è un prodotto del pensiero umano indipendente dall’esperienza, sia così mirabilmente appropriata per gli oggetti della realtà?
Forse che l’umana ragione, quindi, senza l’ausilio dell’esperienza, per semplice forza di pensiero, è capace di determinare le proprietà delle cose reali?
E’ mia opinione che la risposta a questa domanda sia in breve questa: Nella misura in cui le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, esse non sono certe; e nella misura in cui sono certe, esse non si riferiscono alla realtà.”

E ancora, nel famoso saggio di Einstein “Physics and Reality” del 1936 si legge:

"Il mero fatto che la totalità delle nostre esperienze sensoriali sia tale che mediante il pensiero ... possa essere messa in ordine, questo è un fatto che ci lascia sgomenti, ma che noi non potremo mai capire. 
Si potrebbe dire che “l’eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità”. 
E’ una delle più grandi scoperte di Immanuel Kant che questo darsi di un mondo esterno reale sarebbe privo di senso senza la sua comprensibilità."


Sulla destra Sir A.S. Eddington inieme ad Einstein

E così rispondeva Sir Arthur Stanley Eddington (1882 – 1944) il grande  astrofisico inglese, noto soprattutto per le sue ricerche riguardanti la teoria della relatività:

“Così la mia prima risposta alla implicita domanda sull’irragionevole efficacia della matematica è che noi ci avviciniamo alle varie situazioni con un preciso apparato intellettuale di modo che possiamo solo trovare in molti casi quello che effettivamente troviamo.
E’ proprio così semplice e così sconcertante.
Ciò che ci hanno insegnato riguardo al fatto che la base della scienza sono gli esperimenti, nel mondo reale risulta solo parzialmente vero.” 

Eddington si spinse anche più oltre sostenendo che una mente sufficientemente acuta avrebbe potuto dedurre tutta la fisica.
"Forse si può ragionevolmente supporre che una sorprendentemente grande parte di essa può essere dedotta in questo modo."


Steven Weinberg

Da "Dreams of a Final Theory" di Steven Weinberg, London, Vintage 1993, 125) 

"E’ molto strano che i matematici siano condotti dal loro senso per la bellezza matematica a sviluppare strutture formali che solo più tardi i fisici trovano utili, anche se i matematici non avevano in mente tale scopo......I fisici trovano generalmente questa abilità dei matematici di anticipare la matematica necessaria per le teorie fisiche del tutto incredibile. 
E’ come se Neil Armstrong nel 1969, quando mise per la prima volta piede sulla superficie della luna avesse trovato impresse sulla sabbia lunare le orme di Jules Verne."



Dal libro di George Lakoff Rafael E. Núñez, “Where mathematics comes from” ("Da dove viene la matematica"), Basic Books N.Y. 2000

"L'efficacia della matematica nel mondo è un tributo all'evoluzione e alla cultura. L'evoluzione ha dato forma ai nostri corpi e cervelli in modo tale che abbiamo ereditato la capacità per le basi dei numeri e relazioni spaziali primitive. La cultura ha reso possibile a milioni di scaltri osservatori, in millenni di prove ed errori, di sviluppare e tramandare strumenti matematici sempre più sofisticati - strumenti forgiati per descrivere le osservazioni. Non c'è mistero nell'efficacia della matematica nel caratterizzare il mondo così come lo percepiamo: questa efficacia è il risultato della combinazione di conoscenza matematica e interconnessione del mondo. La connessione tra le idee matematiche e il mondo come percepito dagli esseri umani ha luogo nella mente umana. Sono gli esseri umani che hanno creato le spirali logaritmiche e i frattali e che “vedono” spirali logaritmiche nelle lumache e frattali nelle foglie di palma."





In definitiva si potrebbe concludere che secoli di interrogativi non bastano a dissipare il mistero dell'origine e della perfetta corrispondenza tra speculazione matematica e realtà fisica, che però, come sosteneva Dirac, ci hanno regalato almeno una certezza: se Dio esiste, di sicuro è un matematico integralista.





giovedì 26 novembre 2015

Numeri immaginari...Matematica reale o immaginaria?

Eccomi alla seconda puntata (la prima la trovate qui) del viaggio tra matematica reale e immaginaria vista anche attraverso i fumetti.
Avevo detto che avrei parlato dei numeri immaginari!!??
Non posso fare a meno però di ritornare ai fumetti, anzi alla strisca di "Calvin & Hobbes" dove Calvin si terrorizza al solo sentirne il nome, mentre per Hobbes sono innati. Infatti, come si sa, le tigri di pezza hanno sviluppato la capacità di comprendere e lavorare con i numeri immaginari!!!
Tanto per ricordare chi sono Calvin e Hobbes.....Calvin è un bimbo, Hobbes la tigre di pezza che con lui diventa animata.




Calvin: Ecco un altro problema di matematica che non riesco a risolvere, quanto fa 9+4?
Hobbes: Oh, questo è difficile, devi usare l'analisi matematica e i numeri immaginari per questo
Calvin: Numeri immaginari ?? 
Hobbes: si, sai come undiciette, trentaventi, roba del genere, è un po' "complesso" al primo approccio
Calvin: E tu dove hai imparato tutte queste cose che non sei mai stato a scuola?
Hobbes: Istinto, le tigri ci nascono con l'istinto

Calvin & Hobbes è una striscia a fumetti realizzata da Bill Watterson, uscita sui quotidiani statunitensi dal 18 novembre 1985 al 31 dicembre 1995, data in cui l’autore smise di disegnare. Ambientata negli Stati Uniti contemporanei, la striscia è incentrata sulle avventure di Calvin, un bambino di sei anni pestifero e fantasioso, e di Hobbes, la sua tigre di pezza che per tutti è un semplice pupazzo, ma che per Calvin si anima e diventa un fedele compagno di avventure e peripezie quotidiane.
Il nome Calvin si ispira a Giovanni Calvino, il teologo del XVI secolo che credeva nella predestinazione, mentre Hobbes è quello del filosofo e matematico britannico del XVII secolo, Thomas Hobbes, autore nel 1651 dell'opera di filosofia politica Leviatano, in cui rivela la sua bassa considerazione per la natura umana.

Dopo questa introduzione fumettistica entro nel vivo dell'argomento dei numeri immaginari che in verità non so se considerarli appartenenti al mondo della Matematica reale o di quella immaginaria!
Comunque Hobbes ha dimostrato di conoscerli davvero e aggiungendo "it's a little confusing" ha  implicitamente ammesso che c'è un po' di confusione, insomma che la questione è complessa.
Si perché immaginario e complesso, come ben sanno i matematici, sono due concetti che vanno davvero a braccetto. E accompagnata dai due simpatici fumetti cercherò di introdurli, soprattutto storicamente. 



Fu Girolamo Cardano (Ars Magna, 1545), poliedrica figura del Rinascimento italiano, riconosciuto anche come il fondatore principale della teoria della probabilità, il primo a trattare esplicitamente questi numeri (senza ancora usare il simbolo i), tentando di risolvere il seguente problema:

“dividere un segmento di lunghezza 10 in due parti tali che il rettangolo da esse formato abbia area 40”

In realtà l’area di un tale rettangolo è al massimo 25 (quando x=y cioè quando le due parti sono uguali e diventa un quadrato), ma l’algebra ci dice qualcosa in più, se consideriamo l’equazione corrispondente al problema:

x² −10x + 40 = 0 .
Essa conduce alle due soluzioni “sofistiche” 5 + √−15 e 5 − √−15 , che usano il numero “impossibile” √−15 e il cui prodotto è:
(5 + √−15)(5 − √−15) = 25 − (−15) = 40
e la cui somma è:
(5 + √−15)+ (5 − √−15) =10 

Nei secoli successivi, numerose altre equazioni algebriche portarono a soluzioni  “immaginarie”, come le definì Cartesio nel 1637. Ma fu grazie ad Eulero che lo studio di tale materia trovò pieno compimento con l'introduzione dell’unità immaginaria i, tale che i² = −1, che permise di scrivere i numeri precedenti come 5 ± i√15 e qualsiasi altro numero complesso nella forma a noi nota: z = a + i b
L’interpretazione geometrica fu dovuta alle tesi di Gauss (1799) e Argand (1806) e alla introduzione del piano complesso, che oggi porta il loro nome.



Ma andiamo per ordine e consideriamo il fatto che mentre i numeri naturali e le frazioni sono nati da esigenze di carattere pratico, di tipo amministrativo e commerciale, i numeri negativi, reali, immaginari e complessi sono, invece, frutto di speculazioni interne allo sviluppo della matematica, in particolare di quella parte che è denominata algebra e che fino alla metà dell’Ottocento si identificava con la teoria delle equazioni algebriche. 
E proprio la risoluzione e lo studio delle proprietà delle equazioni polinomiali porterà inevitabilmente allo studio della natura e delle proprietà dei vari insiemi numerici.
Per circa sei secoli dalla sua fondazione, comunque l’algebra non ebbe una significativa evoluzione e il primo avanzamento notevole, si ebbe infatti solo nella prima metà del Cinquecento con la risoluzione delle equazioni di terzo e quarto grado ad opera di Scipione dal Ferro, Niccolò Tartaglia, Girolamo Cardano e Lodovico Ferrari. Ed è proprio in questo contesto che si iniziano a considerare anche soluzioni negative ed emerge per la prima volta una problematica che porterà all'introduzione dei numeri immaginari e complessi.
Pochi anni dopo il problema "impossibile" di Cardano, Raffaele Bombelli, nella sua "Algebra, parte maggiore dell'Artmetica" pubblicata a Bologna nel 1572, introduce regole di calcolo per operare con le radici di numeri negativi e accetta queste nuove quantità numeriche anche come soluzioni per le equazioni di secondo grado con discriminante negativo.
Questo tipo di soluzioni vengono denominate da Bombelli “sofistiche” (forse riprendendo il nome già precedentemente usato da Cardano), ma la loro compiuta accettazione non avvenne né facilmente né in tempi brevi.



La resistenza a considerare soluzioni negative o complesse di equazioni algebriche derivava, in gran parte, dal fatto che l’algebra era considerata uno strumento per risolvere problemi “concreti” e le soluzioni di quel genere non avevano alcun significato reale.
Autori come Albert Girard e René Descartes, furono tra i primi ad accettare questo nuovo tipo di soluzioni, ma lo fecero solo per motivi squisitamente matematici.
Albert Girard (1595-1632), nel suo trattato "L’invention en algebre" (1629), usa disinvoltamente coefficienti negativi e calcola non solo le soluzioni negative, ma anche quelle complesse.
Ricordando anche che fu il primo ad utilizzare le abbreviazioni sin, cos e tan in un trattato, notiamo che la parte più interessante di questa pubblicazione è quella dove Girard fornisce uno dei primi enunciati di quello che sarà poi denominato Teorema fondamentale dell’algebra (TFA):

Toutes les equations reçoiventautant de solutions, que la denomination de la plus haute quantité le demonstre, excepté les incompletes. 
Tutte le equazioni, tranne quelle incomplete, hanno tante soluzioni quante ne indica la denominazione della quantità più alta (cioé il grado)

Anche René Descartes (Cartesio 1596-1650), filosofo e matematico francese ritenuto fondatore della matematica e della filosofia moderna, nel terzo capitolo della sua "Géometrie" del 1637 tutto dedicato allo studio delle equazioni algebriche, fornisce un enunciato simile a quello di Girard:

Sachez donc qu’en chaque équation, autant que la quantité inconnue a de dimensions, autant peut-il y avoir de diverses racines, c’est-à-dire de valeurs de cette quantité
Sappiate che ogni equazione può avere tante radici, vale a dire valori di questa quantità, quante sono le dimensioni (il grado) della quantità incognita

Egli conclude la sua trattazione dell'algebra con l’affermazione:

Le radici non sono sempre reali, talvolta esse sono immaginarie, cioè mentre noi possiamo sempre concepire tante radici per ogni equazione come ho già detto, tuttavia qualche volta non c’è alcuna quantità che corrisponde a quello che si immagina. Così sebbene si possa immaginare che l’equazione x3-6x2+13x-10=0 abbia tre radici, tuttavia ve ne è solo una reale, mentre le altre due sono immaginarie.

Quest’ultima affermazione sembra indicare che Descartes ammetta che un’equazione di grado n abbia esattamente n radici purché si considerino anche quelle complesse, che lui chiama immaginarie, anche perché se l’equazione ha tutte radici di questo tipo non può essere costruita geometricamente e quindi può essere solo immaginata.
Girard e Descartes anche se in modo un po’ confuso propongono quelle che sono considerate le prime enunciazioni del TFA. Essi non solo non forniscono alcuna giustificazione del loro enunciato, ma si limitano a verificarlo su esempi che riguardano equazioni fino al quarto grado, le uniche per cui all’epoca si conoscevano formule risolutive.
Proseguendo la nostra storia arriviamo a Isaac Newton (1642-1727) che, nella sua "Arithmetica Universalis" del 1707, considera le soluzioni complesse come una indicazione della impossibilità di risolvere un problema, di qui l’appellativo di "impossibili" da lui usato per questo tipo di numeri:

Così l’equazione deve esprimere tutti i casi del problema così bene sia quelli che sono impossibili sia quelli che sono possibili, secondo che le sue radici possono essere possibili o impossibili.

Giungiamo quindi al Settecento, il secolo dell’analisi infinitesimale, ma in cui tuttavia quasi tutti i più importanti matematici si occupano anche della risoluzione delle equazioni polinomiali, cercando metodi per risolvere equazioni di ogni grado. 
Gottfried W. Leibeniz (1646-1716) e Giovanni Bernulli (1667-1748) agli inizi del 1700 si occupano di fattorizzazione per la risoluzione di integrali razionali. In particolare Leibniz sulla base di un esempio, mal calcolato, affermò che purtroppo la decomposizione non è sempre possibile.
Il grande matematico svizzero Leonardo Eulero (1707-1783), invece, in una lettera del 1 ottobre 1742 a Nicola Bernoulli afferma, senza dimostrazione, che ogni polinomio a coefficienti reali può essere decomposto in fattori lineari e/o quadratici a coefficienti reali. Bernoulli non giudica corretta l’affermazione e si innesta così una lunga diatriba che sfocerà in una dimostrazione di Eulero in un articolo “Recherches sur les racines imaginaires des equations”, pubblicato, nel 1751, nelle "Mémoires de l’Académie de Berlin".
Il grande matematico svizzero, negli ultimi anni vissuti a San Pietroburgo compose anche un manuale divulgativo di algebra che apparve in edizioni tedesca e russa a San Pietroburgo nel 1770-72 e in edizione francese nel 1774 (sotto gli auspici di d’Alembert, autore forse del primo tentativo serio di dimostrazione del TFA nel 1746).  
In esso, aldilà dei pregi didattici, si riscontrano imprecisioni che possono però essere spiegati dal fatto che l'autore, ormai cieco, non era più in grado di scrivere e lo dettò, sfruttando solo la sua memoria, al segretario, Nicolaus Fuss che era anche il marito di sua nipote.
E proprio il capitolo XIII di questo testo è dedicato a quei numeri che egli chiama “quantità impossibili o immaginarie”. 
Dobbiamo a lui l’uso della lettera i per indicare  √-1 che però fu adottata appunto verso la fine della sua vita in una memoria del 1777, pubblicata sugli Atti della Accademia di San Pietroburgo,.
A Eulero siamo anche debitori di molti dei simboli ancora oggi usati in matematica. Fu lui infatti a introdurre la lettera e per indicare la base dei logaritmi naturali, ad usare sistematicamente π per indicare il valore irrazionale 3,1415926535.......,  Σ come simbolo per la sommatoria e f(x) per indicare una funzione.




Ma tornando alla dimostrazione del TFA, altri tentativi furono portati avanti, oltre a quello di Eulero, dal torinese Giuseppe Lodovico Lagrangia (più noto come Lagrange) nel 1772 e da Pierre Simon Laplace nel 1795, e finalmente nel 1799 Gauss, il principe dei matematici, riuscì nell'intento. 
Johann Carl Friedrich Gauss (1777-1855) provò a dimostrare questo teorema per la prima volta appunto nel 1799, nella sua tesi di dottorato, presentata in quell’anno presso l’Università di Helmstedt in Germania. Successivamente egli trovò altre tre diverse dimostrazioni dello stesso risultato, ma modestamente affermò che era pervenuto alla prima dimostrazione sfruttando i tentativi dei suoi predecessori. 
Infine, nel 1814 Jean-Robert Argand, un libraio appassionato di matematica, pubblicò un'altra dimostrazione molto più semplice rispetto a quella di Gauss.

Ma fra i motivi che hanno a lungo ostacolato la comprensione dei numeri complessi c’è sicuramente la mancanza di una loro rappresentazione geometrica.
Questa fu infine proposta quasi contemporaneamente e indipendentemente, tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento da Caspar Wessel (1745-1818), Jean Robert Argand (1768-1822) e da Carl Friedrich Gauss (1777-1855). Ma anche se le tesi di Gauss e Argand apparvero già nel 1799 e nel 1806 rispettivamente, fu solo comunque dopo il 1831, anno in cui fu pubblicato il lavoro di Gauss "Teoria residuarum biquadraticorum. Commentatio seconda", che l’idea del piano geometrico complesso cominciò ad affermarsi. 
Gauss pose in corrispondenza i numeri complessi con i punti di un piano cartesiano fornendo così una interpretazione geometrica all’addizione e alla moltiplicazione di due numeri complessi, facendo così apparire più naturali, da un punto di vista intuitivo, queste operazioni e trasformando un numero complesso in un vettore.
Prende così una forma definitiva e coerente la teoria dei numeri complessi (chiamati con questo nome proprio da Gauss), la loro rappresentazione e la loro visualizzazione sul piano complesso che oggi porta il loro nome, detto appunto piano di Argand-Gauss.




Ma non finisce qui.
Un giorno un matematico irlandese, tale William Rowan Hamilton (1805-1865) non soddisfatto dei soli numeri complessi, decise di inventare i "quaternioni". Non bastandogli la sola i, aggiunse altre due unità immaginarie, j e k e così un quaternione assunse dunque la forma: q = a + ib + jc + kd
Se prima i numeri complessi avevano due parametri, la parte reale e la parte immaginaria, ora i quaternioni ne hanno quindi ben quattro. E se i numeri complessi potevano essere disegnati su di un piano, un ente bidimensionale, per i quaternioni non basta: ci vorrebbe un'entità a quattro dimensioni.
Ma non esiste, su questa terra!!!!!
Questo viaggio potrebbe proseguire ancora perché attraverso i numeri complessi si sono ottenuti i frattali e dai quaternioni i superfrattali con tutte le loro implicazioni e applicazioni probabilistiche alla fisica moderna, all'astronomia, alla meteorologia, alla neurologia, alla finanza o ancora alla  teoria della relatività e nella meccanica quantistica e in settori più applicati, come la computer grafica 3D, l'ottica e la robotica.




Ma questa è un'altra storia di cui potrei parlare in una terza puntata. Calvin e Hobbes sono esausti e non mi accompagnerebbero più!




Fonti:

From the book:
M.SPOGLIANTI "Appunti di Storia delle Matematiche" Litografia Cislaghi, Milano, 1974 
R.COURANT e H.ROBBINS "Che cos’è la matematica?" Boringhieri, Torino, 2010
C.B.BOYER "Storia della matematica" Oscar Mondadori, 2011
From website:
Per i metodi di calcolo e le proprietà dei numeri complessi consiglio questo link:
http://www.ing.unitn.it/~bertolaz/files/complessi.pdf 
From the pictures
Le immagini, rielaborate da me (Annalisa Santi), sono state reperite dal sito Calvin&Hobbes
http://calvinhobbesdaily.tumblr.com/