martedì 22 aprile 2014

Dialogo sul Tango

Ripropongo qui le riflessioni, in una sorta di lettera-articolo, che scrissi tempo fa e che pubblicai nel sito Stanzeallaria. Non hanno la pretesa di spiegare cosa sia il tango ma forse piuttosto quello che il tango non dovrebbe essere.
Volendomi allontanare dall'immaginario collettivo mediato dalla pubblicità, dalla moda (soprattutto da quando è stato dichiarato patrimonio dell'Unesco), dal fascino inconscio di una danza ritenuta simbolo di sensualità, ho cercato solo di tracciarne quelli che per me, appassionata tanguera, sono i punti essenziali per interpretare la vera essenza di questa "danza" che non può essere ridotta solo a figure e passi ma considerata come una forma di dialogo e d'intesa.




Queste considerazioni sono nate dal desiderio di far capire ad un mio caro amico, tanguero, la mia visione del tango, della coppia, dell'interpretazione ecc., cercando anche di dimostrargli quanto siano convergenti le nostre posizioni. Le sfaccettature del tango, nella sua interpretazione ed esecuzione, sono talmente tante e variegate che ho deciso di affrontare l'argomento per punti che prescindono da priorità o importanza, ma che sono messi in modo casuale, così come mi sono venuti in mente utilizzando anche alcuni concetti rielaborati in una sorta di raccolta di appunti.

1. Dialogo di coppia e importanza della sensibilità del ballerino.

Sono molto distante dalla visione classica del tango come divisione di ruoli, vale a dire dall’imposizione della marcation da parte dell'uomo e dal conseguente abbandonarsi ad un atteggiamento quasi passivo da parte della donna; ritengo invece che il rapporto di coppia debba essere paritetico, in una sorta di stato colloquiale, secondo cui si instaura tra i ballerini un vero e proprio dialogo.

Questa scelta della parola “dialogo” (non mia ma presa in prestito) indica come dovrebbe essere il rapporto di coppia nel tango: così come nel dialogo si usano simboli che diventano codici di comprensione, allo stesso modo anche nel tango ci si serve di molti movimenti, che si trasformano in codici con significati diversi, attraverso i quali ci si esprime senza parlare. Come il dialogo verbale, per essere fluido e sciolto, deve essere improvvisato e immediato, così deve essere il dialogo nel tango.

Quando si dialoga, infatti, si improvvisa utilizzando il lessico, si fanno discorsi in funzione di una risposta o del contributo di un nuovo concetto, e non si impiegano frasi preparate; così nel tango si improvviserà usando la propria capacità di trasmettere e si ascolterà la risposta che ci si aspettava, o meno, di ricevere e si stabilirà così una nuova frase, esponendo le sensazioni che la musica suscita in noi ed evitando di fare un monologo, ma dialogando con la ballerina in un continuo adattamento alle nuove situazioni.

Questo tuttavia non è possibile se manca la sensibilità dell'interlocutore, cioè se egli non sa ascoltare: entrambi devono saper ascoltare, ma capita spesso che sia l'uomo a non saperlo fare, legato com’è al monologo prodotto dal suo maschilismo. Se invece entrambi sanno ascoltare, il dialogo risulta facile, e se la donna impara a parlare attraverso i suoi movimenti, diventa ancora più facile, in quanto entrano in gioco le prospettive di entrambi.


2. Possibilità e capacità di raggiungere il dialogo

Va da sé che per dialogare, farsi comprendere, saper ascoltare e rispondere si deve essere non solo padroni degli elementi linguistici, ma si deve anche essere in grado di saperli adattare alla situazione contingente e di poterli trasmettere; così, anche nel tango si deve certamente acquisire una padronanza di passi e figure, ma anche e soprattutto essere in grado di saperli adattare alla situazione musicale e di comunicarli al proprio interlocutore, vale a dire alla propria partner, che a sua volta deve sapere rispondere e continuare a dialogare, cercando di esporre le sensazioni che la musica le suscita senza tuttavia poterle tradurre in creazione.

Ed è su questa ultima considerazione (“senza tuttavia poterla tradurre in creazione”) che vorrei soffermarmi brevemente, per far capire come, per una ballerina, sia molto più difficile dialogare, se il partner non è in grado di instaurare questo stato colloquiale, ossia:

. se non riesce a usare gli opportuni codici verbali (passi o figure);
. se non ha un sufficiente grado di spontaneità (improvvisazione ed orecchio musicale);
. se non è in grado di trasmettere (marcation);
. se non è capace di ascoltare e adattare la risposta (sensibilità).

Al primo e al terzo punto si può sempre porre rimedio con corsi, suggerimenti, critiche, filmati da cui imparare nuovi passi o combinazioni, affinare la propria capacità di marcation: ma se un uomo non ha orecchio musicale, e soprattutto non possiede questa sensibilità interpretativa della risposta della partner, non si riesce più a dialogare, e si introduce un monologo o un discorso preparato.

E'come rispondere a una domanda imponendo una frase preparata in anticipo, studiata a memoria senza ascoltare la risposta (ossia senza adattarsi anche alle sensazioni che la musica suscita nella donna) o senza adattarla al contesto (cioè alle variazioni musicali). 


3. Il ballo, le interpretazioni musicali, le emozioni

Va abbandonato lo stereotipo del tango come ballo sensuale, e quando anch’io, a volte, faccio riferimento alla “sensualità”, mi riferisco alla capacità di provare e di trasmettere emozioni, alla capacità di ballare col "cuore" oltre che con le gambe; si può infatti voler raggiungere padronanze tecniche e interpretative, ma non si deve mai dimenticare di provare emozioni.

Se manca la capacità di trasmettere queste emozioni, “l'opera d'arte”, per quanto bella tecnicamente, non ha nessun valore, non ci dice niente: se questo vale per la pittura, la scultura, l'esecuzione musicale, ecc., deve valere di conseguenza anche per la danza (e in questo caso per il tango).

Questo per me è ed è sempre stato il ballo, il tango: la capacità di interpretare la musica, di adattarsi al ritmo, al tempo o alla melodia con proprietà tecnica, ma soprattutto con una grande capacità di esprimere e trasmettere i sentimenti e le emozioni che, via via, i brani suscitano in noi. Purtroppo sempre più difficilmente mi “emoziono” e sempre meno trovo coppie che riescano ad esprimere aldilà della loro capacità tecnica una vera e propria personalità.

Riguardo alle ispirazioni modellistiche (che il mio amico considerava divergenti), non ho nette preferenze di modelli stilistici: non potendo purtroppo “creare”, ma dovendomi adattare ai modelli creativi del ballerino, tutto dipende esclusivamente dalle sue scelte o predisposizioni, e soprattutto dalla sua capacità di dialogare e di adattarsi alla ritmica o alla melodia.

Anche per questo tendo a non ballare con un solo partner anche se sono consapevole che con pochi si può instaurare il vero “dialogo” del tango e a volte questo dialogo appunto si trasforma in monologo.
Monologo che purtroppo non ha la stessa valenza per entrambi i partner: la donna, se pur costretta dal non ritmo dell’uomo, non può imporsi e, se lo fa, si vede e non va bene, l'uomo, invece, può imporsi e, se lo fa, la donna diventa seguidora e la cosa funziona meglio.

A volte si prediligono brani lenti, con posture statiche, che ben si adattano ad inserimenti di combinazioni di passi e figure “memorizzate” e che facilmente il ballerino può impostare sulla melodia trascurando la ritmica: meglio certo, con un ballerino dotato di una buona sensibilità musicale, scelte diverse, per esempio di brani più moderni, caratterizzati da cambi di ritmica. Musiche sicuramente molto adatte a improvvisazioni e variazioni tecniche, nelle quali viene esaltata la capacità di improvvisare il disegno coreografico in relazione al tempo musicale, in accordo all'interpretazione soggettiva e alla capacità di elaborare una visione personale.

Poiché il tango è l'unica danza popolare di coppia che propone il “non movimento”, il “non ballo” (per esempio le pause di Gavito), ritengo che anche questo aspetto, insieme a variazioni dinamiche, faccia parte intrinseca di questo ballo e sia in perfetto accordo con la libertà di elaborare e sviluppare improvvisazioni.


4. Tecnica, critica ed “unità”

A volte si è più contenti di ricevere critiche costruttive che elogi, ma per quante critiche o considerazioni tecniche possiamo ricevere, potremmo solo migliorare tecnicamente ed essere ammirati per la capacità di scelta tempistica o di morbidezza di gesto: il difficile rimane quindi, in ogni caso, riuscire a trasmettere emozioni.

In totale accordo con i coniugi Dinzel, per me la ricerca della perfezione consiste dunque nel cercare di raggiungere il concetto di unità, di perseguire un'unica struttura dinamizzata; “quanto più i ballerini entrano in relazione tra loro, tanto più si perde la visione distinta di uno o dell'altra, che si fondono in un'unica relazione di coppia”.

Quando lo sviluppo del gesto comincia a essere il frutto di uno sforzo individuale, la coppia scompare e con essa anche l'emozione del tango.

Forse non ho toccato tutti i punti che avrei voluto e forse ce ne sono altri di cui dovrei discutere ma, per ora, mi fermo qui. Il mio intento era, infatti, soprattutto quello di far comprendere a quel mio amico tanguero la nostra convergenza di vedute, e spero proprio di esserci riuscita.
La mia lettera terminava così. Qui vorrei solo aggiungere alcune parole conclusive e riassuntive.

Il tango, una cultura che ha radici profonde, richiede quindi tempi lunghi di apprendimento, di assimilazione e maturazione.
E’ una musica che si realizza in una danza di coppia a partire da un "abbraccio", procedendo con un “camminare insieme”, aggiungendo "combinazioni" le cui modalità sono determinate dalla creatività dell’uomo che "marca" e della donna che “ascolta”, suggerisce, abbellisce.
Il tango non può essere ridotto a figure e passi ed essendo un ballo in cui sono privilegiate l’improvvisazione e la comunicazione all’interno della coppia, non può assolutamente avere sequenze o coreografie precostituite.
Non dovrà mai essere apprezzato e valutato per la "spettacolarità" di figure coreografate, ma per l'emozione che saprà trasmettre attraverso la capacità di dialogo, di intesa e di sintonia dei movimenti della coppia.

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