mercoledì 22 marzo 2023

Una melodia rubata...Graziani, Collins o Clementi?

Chi ha copiato chi?
I Mindbenders, i Camaleonti, Graziani, Phil Collins allora...?
Tutto iniziò quando due artisti di livello eccezionale arrivarono a punzecchiarsi in merito a una melodia.

Ivan Graziani

Ivan Graziani, con "Agnese", scritta e uscita insieme all'album "Agnese dolce Agnese" nel 1979 e Phil Collins, con "Groovy kind of love" del 1988, si diedero per un po' battaglia virtuale. 

Chi ha copiato chi? 
A quel punto si scoprì che "A Groovy Kind of Love" era stata scritta da Toni Wine e da Carole Bayer Sager e che il brano era stato inciso nel 1965 da Diane & Annita e nello stesso anno anche dai Mindbenders.


In seguito il brano era stato registrato da numerosi altri cantanti, tra cui una versione tradotta dei Camaleonti nel 1966, "Non c'è più nessuno".
Nel 1970 Toni Wine scelse di registrare uno dei suoi più grandi successi come scrittrice, appunto "A Groovy Kind Of Love", proprio quello che era stato un successo mondiale per i Mindbenders 5 anni prima.


Tra le versioni più note, oltre a quelle di Sonny & Cher e Petula Clark, figura certamente quella di Phil Collins del 1988 che ha raggiunto il numero 1 sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito, anche grazie all'interpretazione del film Buster.
Si potrebbe definire un casus belli, una disputa divertente quanto, in realtà, surreale, dato che tra i due contendenti spuntò un terzo incomodo.
Si trattava del compositore e pianista romano Muzio Clementi, nato nella Capitale nel 1752 e, data l'epoca nella quale visse e operò, la querelle Collins-Graziani fu  definitivamente chiusa.
Entrambi i brani, "Groovy Kind of Love", il pezzo scritto da Toni Wine e da Carole Bayer Sager poi successivamente interpretato da vari artisti,  e "Agnese", il pezzo autonomamente composto da Graziani, si richiamano, senza ombra di dubbio, al rondò della Sonatina op. 36 n. 5 in Sol maggiore, terzo movimento, di Muzio Clementi.

"Muzio Clementi, che operò tra il 1770 e il 1825, costituisce la cerniera tra l'età di Haydn e Mozart e quella di Beethoven. Egli fu la figura più rappresentativa del pianismo nell'età classica e il titolo di "padre del pianoforte" inciso sulla sua lapide tombale è il riconoscimento ai molteplici interventi da lui compiuti nell'area del pianoforte. Nella sua produzione si avvertono subito i caratteri di una scrittura puramente pianistica. Il nuovo stile è ricco di sonorità piene e rotonde, continui contrasti fra legato e staccato, ricchezza di colori dinamici. Inoltre egli allargò verso l'acuto e verso il grave la zona utile della tastiera, irrobustì la scrittura accordale, intensificò l'impiego dei procedimenti a doppie note, esplorò il virtuosismo di agilità basato su passaggi di scale e di arpeggi. Con il Gradus ad Parnassum pose le basi del pianismo ottocentesco. Nelle Sonate sono presenti elementi, sia tecnici che stilistici, che influenzeranno persino l'opera di Beethoven.
Questa fu la profonda differenza con Mozart, con il quale spesso fu accostato come rivale. Mozart era profondamente legato al clavicembalo e, sebbene suonasse il pianoforte correntemente durante i suoi concerti, la sua mentalità rimase costantemente legata al clavicembalo. Clementi, invece, si era dedicato da subito al pianoforte e nel 1773 pubblicava le tre prime Sonate per pianoforte op. 2."
(Marino Marini)

Un pianoforte prodotto da Muzio Clementi & Co

Muzio Clementi (Roma, 23 gennaio 1752 – Evesham, 10 marzo 1832) fu uno tra i primi compositori a scrivere musica appositamente per le capacità espressive del pianoforte.
Fu un eccelso pianista, compositore e un valido insegnante che ebbe tra i suoi allievi Field e Cramer e che, oltre alla sua primaria attività didattica, si dedicò all'attività editoriale e aprì anche una piccola fabbrica di pianoforti.
Acclamato come il padre della tecnica pianistica moderna, egli fu anche il primo virtuoso dello strumento e influenzò le successive generazioni di compositori. 
Di lui si ricordano le Sonatine per pianoforte che scrisse per i suoi allievi e che ancora oggi vengono eseguite dagli studenti di pianoforte per la loro progressiva difficoltà tecnica. 
Parliamo proprio dell'op.36, mentre quelle più complesse portano numero d'opera 2, 7, 9, 11, 12, 23, 25, 33, 37, 40, 47 e 50, e sono ormai vicine al pianismo di Beethoven. 
Così come in quelle di Beethoven, nelle Sonate di Clementi emergono i contrasti dinamici e timbrici dello strumento, le esplorazioni nelle regioni più estreme della tastiera, l'uso del pedale, mostrando la volontà di approfondire le possibilità tecniche ed espressive del pianoforte, capace di tradurre un pensiero musicale dialetticamente complesso, influenzato dall'avvento del sinfonismo.
La sua opera didattica più famosa è "Gradus ad Parnassum", una raccolta di 100 studi mirati a sviluppare gradualmente determinati procedimenti di tecnica pianistica e a fornire modelli classici nella forma (canoni, fughe, suites, rondò, primi tempi di sonata, ecc…), uno splendido esempio di arditezza e regole.
La sua produzione musicale comprende complessivamente 113 opere fra sonate, capricci, toccate, fughe, ed altri pezzi per pianoforte, come i 24 Valzer e le 12 Monferine.
Dedicò al pianoforte altre varie opere didattiche, oltre al Gradus, fra cui la raccolta di 24 Preludi ed esercizi del 1790, 6 Sinfonie e 1 Oratorio, di cui però si è perduta la partitura.

Un pianoforte prodotto da Muzio Clementi & Co

Concludo qui questo mio articolo che ha voluto essere si un omaggio all'eccelso compositore settecentesco ma anche un riconoscimento a questi  grandi artisti moderni che, pur prendendo da lui spunto, hanno comunque contribuito ad arricchire la panoramica musicale degli anni '70/'80.

A questo punto non può mancare una carrellata delle varie interpretazioni discografiche, sotto le cui copertine lascio i link ai brani, dando la precedenza ad "Agnese" di Ivan Graziani, che per me è stato uno tra i più grandi musicisti rock italiani. Un virtuoso della chitarra, sia elettrica che acustica, che conobbi a Brera insieme a mio marito e a mio cognato pittore, autore in proprio di dischi bellissimi, tra i maggiori della discografia italiana e che mi dedicò, allora giovanissima, "Monna Lisa"!
Un video anche ironico, legato alla diatriba con Collins, che parte proprio con una sua pantomima. 
Quindi segue la versione di Phil Collins e quelle degli altri artisti sopra citati, compresa l'interpretazione di Toni Wine del 1970, che lei stessa dichiarò scritta su una melodia basata sul Rondò in Sol Maggiore, Sonatina no. 5, op. 36 di Muzio Clementi.
Chiude la carrellata la "Sonatina op. 36 n. 5" in Sol maggiore, terzo movimento di Muzio Clementi.







mercoledì 21 dicembre 2022

Discontinuità, un mondo da scoprire

 "Nella relatività generale la materia è un buco in un pieno: più precisamente, una discontinuità del campo gravitazionale. Nei luoghi in cui si trova la materia il campo diventa infatti infinito, e cessa dunque di esistere."

Immagine dalla copertina del libro "Il Vangelo secondo la Scienza" dove
Piergiorgio Odifreddi scrive questa frase per descrivere la materia  
come una discontinuità del campo gravitazionale (pag 64).

"Più che di macchie si dovrebbe parlare d'un manto nero la cui uniformità è spezzata da nervature chiare che s'aprono seguendo un disegno a losanghe: una discontinuità di pigmentazione che già annuncia la discontinuità dei movimenti. A questa punto la bambina del signor Palomar, che si è stancata da un pezzo di guardare le giraffe, lo trascina verso la grotta dei pinguini. Il signor Palomar, cui i pinguini dànno angoscia, la segue a malincuore…"

Immagine relativa alla frase scritta da Italo Calvino nel suo Palomar
un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1983, 
Frase in cui descrive la discontinuità del manto di una giraffa

L’"Indennità di discontinuità", destinata a musicisti, attori, autori e tecnici del settore, è un disegno di legge approvato il 18 maggio scorso dal Senato della Repubblica Italiana avente ad oggetto l’indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo che rappresenta una sorta di reddito che copre tutti i lavoratori dello spettacolo nei momenti di inattività oppure durante il periodo di studio e di formazione.

Immagine relativa al disegno di legge

"Vedere il mondo come fondamentalmente continuo contrasta nettamente con il vederlo come fondamentalmente discontinuo. Un mondo continuo rappresenta il sogno newtoniano-laplaciano di un graduale e costante movimento verso l'alto della realtà attraverso un dolce processo evolutivo darwiniano. 
In economia questo punto di vista è stato incarnato da Alfred Marshall
Un mondo discontinuo si caratterizza in netti contrasti e improvvisi cambiamenti come nella moderna, teoria evolutiva di Niles Eldredge e Steven Jay Gould (1972). 
In economia questo punto di vista è stato affermato in modo più eloquente da Karl Marx e Joseph Schumpeter."

Immagine, relativa alla discontinuità in economia, della copertina del libro 

"Nella storia di una democrazia la discontinuità è un elemento fecondo e non un baratro di cui aver paura"

Questa frase, attribuita al giornalista Paolo Mieli, sintetizza la discontinuità in democrazia.



Cinque esempi di discontinuità, per introdurre il tema, appunto "discontinuità" del Carnevale della Matematica n°165, di gennaio 2023.
Ma il termine "discontinuità" ha moltissimi altri usi e significati che anche la stessa definizione dell'enciclopedia Treccani non può ricoprire:

"Mancanza di continuità, interruzione nel tempo o nello spazio: d. di movimento; d. della tradizione; d. di una superficie, ecc.; anche in senso fig., di cosa che non sia continua, coerente, unitaria nelle sue manifestazioni o qualità: d. di metodo; d. di tono, di stile; d. di un racconto, di un discorso, ecc. In fisica, variazione brusca, nello spazio o nel tempo, di una grandezza fisica; punto di d., ogni punto dello spazio in cui si verifichi una discontinuità di una determinata grandezza (per estens., anche riferito al diagramma della grandezza); superficie di d. e linea di d., superficie e linea, rispettivamente, luogo di punti di discontinuità. In meteorologia, presenza di due masse contigue di aria a caratteri differenti, affiancate o sovrapposte, separate da una superficie detta appunto superficie di discontinuità. In geofisica, superfici di d. sismica, quelle che separano gli involucri concentrici, di diversa composizione chimico-mineralogica e di diverso stato fisico, che costituiscono il globo terrestre; si dicono di primo o di secondo ordine, a seconda che ad esse corrisponda un cambiamento repentino o graduale di velocità delle onde sismiche. In matematica, punto di d. di una funzione, punto in cui la funzione non è continua".



Di interesse scientifico, in statistica, biostatistica, econometria, scienze politiche, epidemiologia, psicologia, pedagogia e discipline correlate, troviamo il "Disegno di Discontinuità di Regressione" (RDD - Regression Discontinuity Design) o Progettazione della Discontinuità di Regressione, che è un metodo di inferenza causale, visto come un metodo utile per determinare se un programma o un trattamento è efficace.
Questo metodo si concentra sulle caratteristiche delle osservazioni su entrambi i lati di una soglia definita dal ricercatore.
E' un disegno considerato quasi-sperimentale, che mira a determinare l'efficacia di un trattamento confrontando tra fase pre-test e post-test che isola gli effetti causali di intervento assegnando un valore di soglia al di sopra o al di sotto il momento di somministrazione dell'intervento.
Applicato per la prima volta da Donald Thistlethwaite e Donald Campbell per valutare l'effetto delle borse di studio, il suo utilizzo è aumentato di recente. 
La sua rilevanza è stata confermata confrontando i risultati ottenuti con questa tecnica con quelli ottenuti tramite studi randomizzati controllati e l'RDD è diventato, negli ultimi anni, sempre più popolare come metodo nella valutazione delle politiche pubbliche.


Altre discontinuità interessanti sono, in geologia, quelle di Mohorovičić, di Gutenberg o di Lehmann 

La "Discontinuità di Mohorovicic", o "Moho", rappresenta il confine tra la crosta e il mantello terrestre.
In geologia la parola "discontinuità" è usata per una superficie nella quale le onde sismiche cambiano velocità. Una di queste superfici esiste a una profondità media di 8 chilometri sotto il bacino oceanico e a una profondità media di circa 32 chilometri sotto i continenti, e a questa discontinuità, le onde sismiche accelerano.
Questa discontinuità detta di Mohorovicic è stata scoperta nel 1909 da Andrija Mohorovicic (Volosca, 23 gennaio 1857 – Zagabria, 18 dicembre 1936), un sismologo croato che si rese conto che la velocità di un'onda sismica è correlata alla densità del materiale attraverso il quale si muove. 
Interpretando l'accelerazione delle onde sismiche osservate all'interno del guscio esterno della Terra come un cambiamento compositivo all'interno della Terra, comprese che l'accelerazione deve essere causata da un materiale di maggiore densità presente in profondità.
Il materiale di densità inferiore immediatamente sotto la superficie è ora comunemente indicato come "crosta terrestre" e il materiale ad alta densità sotto la crosta  come "mantello terrestre". 
La "Discontinuità di Mohorovicic" segna quindi il limite inferiore della crosta terrestre.
Mohorovicic ha potuto utilizzare la sua scoperta per studiare le variazioni di spessore della crosta, scoprendo che la crosta oceanica ha uno spessore relativamente uniforme, mentre la crosta continentale è più spessa sotto le catene montuose e più sottile sotto le pianure.

A) Discontinuità di Mohorovičić B) Discontinuità di Gutenberg 
C) Discontinuità di Lehmann 
1) Crosta continentale 2) Crosta oceanica 3) Mantello superiore 
4) Mantello inferiore 5) Nucleo esterno 6) Nucleo interno


La "Discontinuità di Gutenberg" è la superficie che separa il nucleo dal mantello all'interno della Terra, individuata e scientificamente determinata per la prima volta nel 1914 dal geofisico tedesco Beno Gutenberg (Darmstadt, 4 giugno 1889 – Pasadena, 25 gennaio 1960).

Col nome "Discontinuità di Lehmann" si indicano due differenti discontinuità nella struttura interna della Terra, entrambe scoperte dalla sismologa danese Inge Lehmann  (Copenaghen, 13 maggio 1888 – Copenaghen, 21 febbraio 1993).
Le caratteristiche dettagliate del mantello superiore terrestre tra Moho e la zona di transizione sono ancora poco conosciute. Una questione importante è l'esistenza e la natura della discontinuità di Lehmann a 220 km di profondità, che è stata scoperta all'inizio degli anni '60  e di cui è stata recentemente confermata l'esistenza sia nelle regioni continentali che oceaniche. 

Lascio al lettore (ai link evidenziati) altre curiosità sulle discontinuità geologiche qui, ovviamente per il Carnevale della Matematica, mi soffermerò a illustrare una discontinuità matematica.
In matematica esistono molteplici branche che analizzano i fenomeni discontinui e i diversi metodi includono la teoria delle catastrofi, la teoria del caos, la geometria frattale, la teoria della sinergia, la criticità auto-organizzante...e tutti, in un modo o nell'altro, sono stati applicati in molteplici campi.
Non voglio certo, in questa sede, affrontare tematiche così complesse ma più semplicemente solo soffermarmi sulla discontinuità delle funzioni, facendo un breve accenno storico legato alla nascita del concetto di limite.

Ritratto di Gottfried Wilhelm von Leibniz conservato 
presso la Biblioteca regionale di Hannover

Prima di addentrarmi nel secolo, l'ottocento, che ci porterà ad avere in mano la quasi definitiva definizione di limite (e quindi di concetto di continuità e discontinuità di una funzione) mi soffermerei un momento sul secolo dei "lumi", che ha portato all'evoluzione del fondamentale concetto per lo sviluppo dell'analisi infinitesimale, il concetto appunto di funzione.
Il primo a introdurre il termine "funzione" relativamente all'applicazione del calcolo alle curve, fu, tanto
per cambiare, Leibniz, in un manoscritto del 1673 che riportava tale termine direttamente nel titolo, "Methodus tangentium inversa seude functionibus". 
Questo concetto ritorna ancora ripetutamente nella corrispondenza che Leibniz tenne con i Bernoulli fra il 1692 e il 1694.

Leonhard Euler noto in Italia come Eulero, 
dipinto di Jakob Emanuel Handmann

Ma fu "Introductio Analysin Innitorum", del 1748 di Eulero, la prima opera in cui il concetto di funzione ebbe un ruolo esplicito e centrale. Nella prefazione, Eulero afferma che l'analisi matematica è la scienza generale delle variabili e delle loro funzioni.
Inizia definendo una funzione come "espressione analitica" (cioè una "formula"):
"Una funzione di una quantità variabile è un'espressione analitica composta in qualsiasi modo da quella quantità variabile e numeri o quantità costanti"
Sebbene la nozione di funzione non sia originata da Eulero, fu lui a darle il primo risalto trattandone il calcolo come una teoria formale delle funzioni.
Nel secondo volume dell' "Introductio" Eulero da un'ulteriore distinzione tra funzioni dando la seguente definizione di funzione continua e discontinua:
"La linea curva continua è quella la cui natura è espressa da una sola funzione determinata di x. Se però la linea curva è composta da differenti parti determinate da più funzioni di x, di modo che una parte sia il risultato di una funzione e un'altra sia il risultato di una seconda funzione, noi chiamiamo queste specie di linee curve discontinue, o miste e irregolari, giacché esse non sono formate secondo una legge costante e sono composte di porzioni di differenti curve continue".
Vibrazione corda nel piano 

Il concetto di funzione diventa centrale quindi verso la metà del Settecento grazie ad una questione di carattere fisico-matematico: studiare le vibrazioni di una corda in un piano.
Ed è proprio da questi studi fatti da vari matematici, tra cui  Jean-Baptiste D'Alembert, Joseph-Louis Lagrange e Joseph Fourier, che la discussione si andrà ad incentrare sulla questione strettamente matematica del concetto di funzione, che si intendeva allora nella definizione "standard" data da Euler, ed in particolare sulla continuità o discontinuità di queste funzioni.
Fu addirittura indetto un concorso dall'Accademia di Pietroburgo, nel 1787, per determinare la natura di queste funzioni, che fu vinto nel 1791 da Louis François Arbogast, che diede  una prima definizione di funzione continua, distinguendo due casi in cui le funzioni non rispettavano questa continuità: in un primo caso può "cambiare del tutto" la "legge secondo cui la funzione dipende dalla variabile”, e avremo una funzione che egli chiama discontinua, oppure si può avere il caso che "differenti parti di una curva non si congiungono fra loro", ed in questo caso avrò una funzione
discontigua.
Si può notare come si stessero già insinuando, all'interno del calcolo infinitesimale, quei concetti che, pur essendo ancora ben lontani dal rigore con cui li utilizziamo oggi, risultano necessari per la formalizzazione rigorosa di quel "calcolo sublime" che ha ideato Leibniz, ed in particolare per il concetto di limite su cui esso fonda le sue basi.

Giuseppe Luigi Lagrangia più noto come Lagrange

Sarà l'opera di Lagrange, "Théorie des fonctions analytiques" datata 1797, ad aprire le porte al nuovo secolo e alla sua grande ricerca in termini di analisi infinitesimale, dando un fondamento rigoroso al calcolo, allontanandolo il più possibile dalle evidenze di tipo geometrico.
Come preannunciato da Lagrange, la riorganizzazione delle teorie matematiche in funzione della didattica fu la grande spinta che porterà i matematici a ricercare, e conferire infine, quel rigore e quella struttura che da tempo si cercava.
A partire dunque da Luis Cauchy e Niels Abel, e prima di lui già con Bernard Bolzano, si assiste così all'inizio del processo che porterà ad affermare l'analisi come branca della matematica autonoma e poggiata su principi rigorosi e profondi. 
Proprio la ricerca in questa direzione porterà al più grande e profondo sviluppo che la matematica in generale abbia mai avuto, e con essa le grandi applicazioni in campo fisico e tecnologico alle quali ha condotto. 
Questo il motivo per cui l' Ottocento verrà designato come il secolo dell' "età dell'oro della matematica", basti anche  pensare ai nomi dei grandi matematici che vi hanno contribuito: Carl Friedrich Gauss (1777 – 1855), Augustine-Luis Cauchy (1789 – 1857), Peter Gustav Dirichelet (1805-1859), Évariste Galois (1811 – 1832), Carl Weirstrass (1815 – 1897), Bernhard Riemann (1826 – 1866), Richard Dedekind ( 1831 – 1916), Georg Cantor (1845 – 1918), Henri Poincaré (1854 – 1912)...

Il "Cours d'analyse" di Luis Cauchy tratta per lunghe pagine lo studio dei "valori singolari delle funzioni in alcuni casi particolari", ovvero dopo aver definito i punti in cui la funzione è continua, va a studiare i principali casi di discontinuità, che lo stesso Cauchy definisce "una delle questioni più importanti e delicate dell'analisi".
Avendo ricondotto tutto al concetto di limite, ovviamente per studiare le singolarità occorrerà andarne a studiare i limiti.
Passando per Dedekind e Cantor, alla fine dell'Ottocento,  il formalismo e la ricerca del rigore iniziato alla fine del Settecento trovano finalmente il loro coronamento.
Il concetto di limite si fonde con quello di continuità e all'inizio del Novecento ritroviamo, grazie alla sempre più netta distinzione fra scuole di pensiero formaliste o meno, la definizione di limite come oggi cerchiamo di farla imparare ai nostri studenti, cioè formalizzata al massimo con la notazione ε-δ che già era stata introdotta da  Carl Weirstrass ed Eduard Heine, e che troverà la sua attuale e definitiva definizione in un articolo apparso nel 1922 sul American Journal of Mathematics intitolato appunto "A General Theory of Limits", scritto da E.H.Moore e H.L .Smith.

Libro Analisi 1 (seconda parte) di Giovanni Ricci a pag 178

Aprendo il volume di Analisi 1 (seconda parte) del mio mitico Professore Giovanni Ricci a pag 178 si trovano le definizioni di discontinuità legate strettamente al concetto di limite.
Va comunque tenuto presente che non c'è uniformità nella letteratura scientifica sulla definizione di punto di
discontinuità. 
Molti definiscono il concetto di discontinuità come sinonimo di punto singolare, mentre secondo le definizioni dell'immagine l'appellativo di punto di discontinuità è riservato ai punti singolari appartenenti al dominio della funzione.

Classificazione delle discontinuità delle funzioni

Concludo qui, con queste note matematiche le mie osservazioni su un tema, quello della "discontinuità", che certamente abbraccia tutto un mondo di sfaccettature e di concetti, impossibili da sviscerare in un breve articolo.




venerdì 11 novembre 2022

Happy Equal Day

L'11 novembre, si celebra l' Equal Day, la giornata che dal 2019 viene dedicata al simbolo uguale.
Se fossimo stati nell'anno 1111 sarebbe stata anche una data palindroma perché l'11 novembre, come è noto, si scrive 11.11.
Ma nell'anno 1111 si sarebbe parlato del simbolo di uguale?



Direi proprio di si in quanto già verso la fine dell’XI secolo si era profilata una trasformazione profonda nella realtà culturale europea, la nascita delle università. 
Le tre facoltà maggiori erano giurisprudenza, medicina e teologia, e poi, propedeutica a queste, la facoltà di arti, nella quale veniva insegnato il quadrivio matematico (aritmetica, geometria, astronomia, musica) e il trivio (grammatica, retorica, logica). 
Ai tempi la matematica insegnata era poca e gli aspetti più interessanti della matematica nelle università concernevano il suo rapporto con la filosofia naturale, ma l'algebra aveva già fatto capolino e con essa le proprietà di uguaglianza.

Tornano ai nostri giorni, anche se non palindroma, possiamo scriverla come 11=11.
Ma perché dedicare una giornata a questo simbolo?
Le motivazioni principali sono riportate nel "manifesto" dell'iniziativa nata da un gruppo di insegnanti della scuola primaria.
Anche se personalmente correggerei alcune frasi, ritengo importantissimo comunicare fin da subito la matematica senza creare fraintendimenti o concetti errati.
Per quanto riguarda la scrittura, è importantissimo chiarire ai bambini l'aspetto simmetrico di un'uguaglianza e cioè il fatto che il simbolo uguale è come una bilancia che pone su ciascuno dei suoi bracci il medesimo valore.
Per quanto riguarda la lettura, è sempre meglio dire "3 + 5 è uguale a 8" o "3 + 5 è 8" rispetto a "3 + 5 fa 8", perché quel "fa" sottintende un valore procedurale e non lascia invece intendere la relazione simmetrica che possiede  a tutti gli effetti l'uguaglianza. 
Detto questo, per celebrare questa creativa ricorrenza, a seconda della classe, si possono strutturare attività specifiche che facciano uso del simbolo per stimolare la riflessione a livello matematico e algebrico, e varie attività vengono suggerite, ovviamente adattate a seconda della classe, magari ricorrendo a filastrocche o ai simpatici fumetti di Paperino e Topolino della Disney. 


 
Manifesto dell'Equal Day:

"L’idea di indire l’equal-day nasce da un gruppo di insegnanti del primo ciclo di istruzione che seguono da anni il progetto ArAl.
Nell’insegnamento dell’aritmetica alla scuola primaria, il simbolo uguale viene utilizzato a volte impropriamente con un significato procedurale: non a caso viene tradotto spesso come “FA” enfatizzando l’aspetto unidirezionale.
Per esempio, per l’alunno, 4 + 6 = 10 significa: ‘sommo 4 e 6 e trovo 10’ oppure “4 più 6 FA 10”. Questa idea è così forte e diffusa che si trova (purtroppo) comunemente anche nei testi in uso scolastico.
L’uguale è dunque presentato con una connotazione dominante spazio temporale, prepara cioè la conclusione di una storia che va letta solo da sinistra verso destra (si eseguono sequenzialmente delle operazioni) sino alla sua conclusione (e infine si ottiene un risultato) e infatti il risultato si trova sempre a destra dell’uguale. 
Se per gli alunni 6 + 4 = 10 è una operazione, la scrittura 10 = 4 + 6 viene definita uguaglianza.
Questa connotazione procedurale dell’uguale ne snatura completamente l’aspetto matematico; ne derivano infatti catene di operazioni dove il simbolo di uguale perde completamente il significato relazionale.
Esempio 15 : 5 = 3 x 7 = 21 
Quando poi l’alunno incontra l’algebra, l’uguale assume un significato del tutto diverso: indica l’equivalenza fra due quantità (io direi tra due espressioni algebriche).
In una scrittura come ‘8 + x = 2x – 5’ esso assume un significato relazionale, e contiene l’idea di simmetria fra due scritture.
Lo studente si trova a dover gestire un simbolo che improvvisamente si presenta in maniera sostanzialmente diversa, nella quale è necessario andare oltre l’idea di risultato, privilegiando la lettura bidirezionale del simbolo che si deve tradurre con “È”.
Riteniamo quindi estremamente necessario che fin dall’inizio della scuola primaria gli alunni siano indirizzati verso il significato relazionale dell’uguale. 
Favorire questo aspetto in modo esplicito significa portare gli allievi a comprendere l’uguale non come uno strumento ma come un oggetto matematico in modo da evitare misconcezioni che possono portare a ostacoli cognitivi irrisolubili."



Concludo queste brevi note dedicate all'Equal Day con un video di Alberto Saracco che, oltre ad essere docente all'Università di Parma e divulgatore, è anche un grande appassionato di fumetti Disney.
Un divertente video, dedicato appunto all'uguale, della serie "un matematico prestato alla Disney", in cui Alberto Saracco fa divulgazione della matematica traendo spunto da storie di paperi e topi.

Un matematico prestato alla Disney 2 
Misteri della matematica - L'uguaglianza


 

sabato 8 ottobre 2022

Dai "Pringles" ai "shell roofs", le meraviglie dei paraboloidi iperbolici

 "Once you pop, the fun don't stop" è lo slogan del famoso marchio di chip americano Pringles, ma se sei un matematico potresti essere interessato a Pringles per qualcosa di più della loro croccantezza e del loro gusto.
I Pringles sono stati infatti progettati a forma di paraboloide iperbolico e allora, cosa c'è di così speciale nella forma di un Pringle?
Essenzialmente la forma aiuta a evitare che i Pringles sul fondo della lattina si spezzino sotto la pressione di tutti i Pringles sopra di essi e inoltre tale forma aiuta a conferire ai Pringles la loro caratteristica croccantezza.


Il design cilindrico del contenitore Pringles fu ideato dal chimico Fredric John Baur, un chimico organico americano, che 50 anni fa inventò anche le patate a forma di paraboloide che potevano essere accatastate per la prima volta in un tubo cilindrico.
Pringles è riuscito a rivoluzionare il mercato degli snack grazie proprio  all'intuizione di Fredric Baur che credeva che la matematica e la chimica potessero aiutarlo a creare patatine a forma di paraboloide iperbolico, che sarebbero state vendute impilate in un barattolo cilindrico  di cartone, eliminando così anche una buona parte dell'aria che si accumulava nei tradizionali sacchetti di plastica.
Depositato nel 1966, il brevetto fu registrato nel 1971, ma un'altra curiosità sta nel fatto che la caratteristica forma della confezione la rende adatta per la costruzione di una particolare antenna artigianale per le reti wireless, la cosiddetta cantenna.
Il termine cantenna indica un'antenna di tipo direzionale a realizzazione amatoriale che consente un discreto guadagno su frequenze intorno ai 2,4 GHz, usate per le reti wireless. 

Esempio di cantenna, antenna a guida d'onda direzionale fatta in casa, 
realizzata appunto con una lattina di metallo aperta.

 Esempio di cantenna, antenna a guida d'onda direzionale fatta in casa,
realizzata appunto con un tubo di Pringles

Da notare che il termine cantenna è un neologismo formato dall'unione delle parole inglesi can (lattina) ed antenna, ed è quindi un'antenna a guida d'onda direzionale fatta in casa, realizzata appunto con una lattina di metallo aperta.
Una realizzazione amatoriale può essere ottenuta con un tubo tramite il quale sono confezionate le patatine Pringles, avente diametro di 7,4 cm, e internamente rivestito di alluminio, anche se le migliori latte sono quelle recuperabili da alcune note marche di caffè (ad esempio Illy caffè) o di alcune zuppe in scatola, in quanto sono lisce internamente ed esternamente e di un adeguato diametro (il rapporto tra dipolo e diametro è uno dei fattori determinanti per il buon funzionamento di una cantenna).

Ma tornando al nostro paraboloide iperbolico, ci accorgiamo che nel meraviglioso mondo della geometria, questa forma è una superficie quadratica e una superficie a doppia riga che ha esattamente un asse di simmetria e nessun centro di simmetria.



Denominata spesso "sella" (dall'evidente forma), il nome deriva dal fatto che le loro sezioni verticali sono parabole, mentre le sezioni orizzontali sono iperboli, da cui appunto il nome. 
In geometria un paraboloide iperbolico è quini una quadrica, un tipo di superficie in uno spazio a tre dimensioni, descritta da un'equazione della forma:
Dove a e b rappresentano il grado di curvatura nel piano xz e yz mentre c rappresenta la direzione di apertura del paraboloide verso il basso lungo l'asse x per c<0.
Nel paraboloide iperbolico la sezione retta è un'iperbole e  ponendo z=-1/2 abbiamo:

che è proprio l'equazione di un'iperbole.

Questa forma ha molte utili applicazioni nel mondo fisico, oltre ai gustosi snack a base di patate, poiché i paraboloidi iperbolici sono relativamente facili da costruire utilizzando una serie di elementi strutturali rettilinei, per esempio in architettura.
Un paraboloide iperbolico (a volte indicato come "h/p") è una superficie doppiamente curva che ricorda la forma di una sella, cioè ha una forma convessa lungo un asse e una forma concava lungo l'altro. È anche una superficie a doppia riga, cioè ogni punto sulla sua superficie giace su due linee rette attraverso la superficie dove le sezioni orizzontali hanno un formato iperbolico e le sezioni verticali sono paraboliche.
Il fatto che i paraboloidi iperbolici siano a doppia riga significa che sono facili da costruire utilizzando una serie di elementi strutturali diritti. Di conseguenza sono comunemente usati per costruire sottili tetti a "guscio" ("shell" roofs), che possono essere formati utilizzando sezioni di legno o acciaio, che vengono poi rivestite, oppure possono essere costruiti utilizzando il cemento.
L'uso di paraboloidi iperbolici come forma di costruzione a guscio sottile è stato sperimentato a cominciare dal dopoguerra, come sintesi tra architettura moderna e ingegneria strutturale. Essendo sia leggero che efficiente, il modulo è stato utilizzato come mezzo per ridurre al minimo i materiali e aumentare le prestazioni strutturali creando allo stesso tempo progetti impressionanti e apparentemente complessi.
Piuttosto che derivare la loro forza dalla massa, come molti tetti convenzionali, i tetti a guscio sottile guadagnano forza attraverso la loro forma. La curvatura della forma riduce la sua tendenza a deformarsi in compressione (come farebbe un piano piatto) e significa che possono raggiungere una rigidità eccezionale. Essendo rinforzati in due direzioni, non subiscono piegamenti e sono in grado di sopportare carichi diseguali, sia da carichi permanenti (come apparecchiature appese al soffitto), sia da carichi diretti (come il vento).
Quindi si potrebbe dire che i gusci e le strutture spaziali derivano la loro geometria direttamente dal flusso di forze interne generate dai carichi, permettendo di ridurre al minimo le dimensioni trasversali degli elementi resistenti.
In altre parole, la resistenza e la rigidezza dei gusci e delle strutture spaziali è intimamente legata alla loro geometria. Questa combinazione di resistenza per forma ed utilizzo ridotto dei materiali rende tali tipologie strutturali tra le più efficienti.




La vasta famiglia dei gusci e delle strutture spaziali è composta da tipologie strutturali estremamente varie ed in continua evoluzione.
Tra queste è sicuramente necessario includere i gusci in calcestruzzo e le tensostrutture, utilizzate per realizzare strutture che lavorano in regimi membranali di compressione, i primi, e di trazione, le seconde. Ci sono, poi, tipologie in cui la forma strutturale è direttamente connessa alla combinazione di effetti assiali e flessionali, come le strutture a flessione attiva (active-bending) e i cosiddetti gusci a graticcio (gridshells). In queste strutture la componente flessionale degli sforzi è utilizzata per controllare le fasi di costruzione e ne determina significativamente la forma.
Ulteriori esempi sono le strutture reticolari spaziali, le cupole geodetiche, le strutture tensegrali (tensegrity), le strutture pneumatiche e quelle dispiegabili, e la ricerca scientifica amplia e rimescola in continuazione questi sistemi strutturali.
I paraboloidi iperbolici sono quindi davvero interessanti e, come detto, sono molto usati in architettura perché sono strutturalmente molto forti. 
Mentre molte forme lottano con la compressione come un tetto piano, ad esempio, che potrebbe cedere a causa di un peso eccessivo, con un paraboloide iperbolico, le curve impediscono l'instabilità, proprio come un arco è più forte di una trave diritta.

J.S.Dorton Arena di Raleigh

Quindi la robustezza geometrica di un paraboloide iperbolico è ampiamente sfruttata in architettura e ingegneria nella costruzione di tetti strutturali e molte sono le strutture architettoniche paraboloidi/iperboliche famose come la J.S.Dorton Arena di Raleigh, del 1953, la Pengrowth Saddledome di Calgari del 1983, il Peace and Friendship Stadium di Atene del 1985, la Scotiabank Saddledome in Canada del 1983, lo Scandinavium del 1971 in Svezia, o l'Olimpic Stadium di Londra del 2012, che rappresentano solo alcuni degli esempi strutturali più sofisticati di un paraboloide iperbolico nella vita reale.

Il velodromo di Londra - Fonte: Hopkins Architects

Noi milanesi ricordiamo una altrettanto bella struttura del Palasport che, completata nel 1972 purtroppo non resistette alla pressione di una nevicata eccezionale e venne demolita.
Il Palasport di San Siro, ufficialmente Palazzetto dello Sport di Milano o colloquialmente Palazzone, era un'arena coperta senza colonne intermedie, a pianta circolare e con profilo a doppia curvatura (a sella appunto iperbolico/parabolica) edificata a fianco dello stadio Giuseppe Meazza di Milano e precisamente tra via Federico Tesio e via Patroclo. 

Palasport di San Siro, Palazzetto dello Sport di Milano 

Inaugurato nel 1976, l'impianto polifunzionale poteva accogliere fino a 18.000 spettatori per competizioni di atletica leggera, di ciclismo, di tennis, oltre che manifestazioni e spettacoli di vario tipo, e fu anche l'arena casalinga della squadra di pallacanestro Olimpia Milano.
Io assistetti a una interminabile ma appassionante finale di Indoor Milano del 1984 di tennis conquistata da Ivan Lendl che proprio in quell'anno ottenne il suo primo Grande Slam, battendo il grande John Mc Enroe al Roland Garros, con l'incredibile score 3-6 2-6 6-4 7-5 7-5 e a un indimenticabile concerto, sempre in quell'anno, dei Queen. (immagini e video qui)
Purtroppo proprio l'anno dopo, il 17 gennaio 1985, a causa di un'eccezionale nevicata, la tensostruttura in cavi di acciaio che reggeva il manto di copertura subì un dissesto improvviso che comportò l'abbassamento dello stesso di alcuni metri.
La copertura, pur danneggiata, continuò a sopportare tutto il carico della neve valutata in circa 800 tonnellate, corrispondente a una coltre di neve spessa dagli 80 ai 100 cm. Si trattava di una quantità inconsueta, infatti superava di gran lunga quella prevista dalle norme di legge per cui era stata dimensionata la copertura (circa 60 cm).
A causa dei pluviali ostruiti, a nulla valsero i tentativi di ridurre il carico gettando acqua calda sul tetto (che anzi ghiacciò aumentando il carico) e alzando la temperatura interna all'edificio. Due settimane dopo, il palasport avrebbe dovuto essere teatro del primo concerto degli U2 in Italia, quindi annullato, e va ricordato che fu la sede degli unici due concerti tenuti dai Queen in Italia, il 14 e 15 settembre 1984.
A seguito del dissesto, la struttura rimase inspiegabilmente abbandonata aggravando il deperimento causato dalle intemperie e già dall'estate del 1986 il palazzetto risultava irriconoscibile. I responsabili dell'opera, in vista della costruzione di un nuovo impianto più grande e più moderno che sarebbe dovuto sorgere sulla stessa area, decisero per la demolizione totale.

Ma torniamo alle nostre patatine Pringles e vediamo come sono fatte.



Notiamo che, a differenza delle patatine più tradizionali, non sono fatte solo di patate, e che la vita di un Pringle inizia come un impasto di riso, grano, mais e fiocchi di patate, insieme a una serie di additivi.
Questo "impasto" Pringle viene quindi pressato e arrotolato in una sfoglia ultrasottile prima di essere tagliato a pezzetti. Questi tagli vengono poi separati dai resti del foglio da una macchina appositamente progettata. 
Questi trucioli poi avanzano su un nastro trasportatore e vengono pressati su stampi per dare loro la loro forma iconica. 
Queste patatine modellate passano poi nell'olio bollente e vengono fritte per alcuni secondi, vengono quindi asciugate mediante soffiatura, spruzzate con aroma in polvere e infine capovolte su un nastro trasportatore a movimento più lento che consente loro di impilarsi. 
Una volta completate, le pile di patatine vengono quindi trasportate nelle loro lattine, sigillate con un foglio di alluminio e spedite ai loro clienti in trepidante attesa di queste forme geometriche.
Forme geometriche perfettamente costruite che sono sempre piacevoli da guardare, poiché le loro proporzioni sono piuttosto accattivanti, quasi perfettamente simmetriche e proporzionate per conformarsi al rapporto aureo e nel caso di un chip Pringles, le curve che si intersecano formano una struttura robusta e una geometria davvero attraente e speciale indicata appunto come paraboloide iperbolico.



Ciò che è matematicamente interessante di un paraboloide iperbolico è il punto in cui il massimo e il minimo delle due curvature principali si incontrano in un punto zero. Questo è noto come punto di sella o punto minimax.
La doppia curvatura intersecante del paraboloide iperbolico impedisce la formazione di una linea di sollecitazione, che non incoraggia la propagazione naturale di una crepa. Anche per questo i Pringles hanno quella croccantezza in più e, se si mangiano spesso i Pringles, ci si accorge che non si rompono mai simmetricamente, ma che invece si rompono in direzioni diverse e producono fiocchi con forme diverse e ciò è proprio dovuto alla geometria paraboloide iperbolica di ogni chip.
Inoltre, le due curve opposte si comportano bene insieme sotto tensione e compressione, il che conferisce a ciascun Pringle una certa resistenza strutturale nonostante la loro consistenza sottile.
La parte concava a forma di U viene tesa in tensione mentre la parte convessa a forma di arco viene schiacciata a compressione. Attraverso questa doppia curvatura, la forma raggiunge un delicato equilibrio tra forze di spinta e trazione, consentendole di rimanere sottile ma sorprendentemente forte.

Immagine da Wikipedia

Ho cercato di descrivere il paraboloide iperbolico, dalle patatine ai tetti strutturali, mettendo in luce questa meraviglia geometrica unica e davvero affascinante!