martedì 16 settembre 2014

Dalle scaloppe ai numeri primi

Un delizioso trenino d’altri tempi, partito dalla "stazione piccola" di Modena, mi sta portando a Sassuolo per assistere  alla lectio magistralis, al Festival della Filosofia 2014, di uno dei miei filosofi preferiti Zygmunt Bauman, ma anche per incontrare dopo tanti anni un amico di vecchia data Alberto Broglia.
Di anni ne sono passati davvero tanti…..lo riconoscerò? Mi riconoscerà? Per non sbagliare meglio munirsi di una rosa rossa!!!
Ed eccoci dopo tanto tempo a parlare come se gli anni non fossero mai passati, con la voglia di raccontarci tante cose, stimolando a vicenda la nostra curiosità.
Tra queste curiosità una ci conduce a parlare dei numeri primi, di Euclide, della certezza della matematica, della possibilità o impossibilità che tutto possa essere dimostrato……..e mi ha stimolato a scrivere questo post.
Si tratta di un articolo che Alberto Broglia (alias Ugolino) ha scritto in “ABIMI’S cronaca e riflessioni alla ricerca delle radici per la Collana Amàrantos, pubblicato il 1° novembre 2005 sul n° 3 del settimanale on line DaBicesidice, che qui riporto integralmente, seguito da alcune mie considerazioni.


Euclide - Elementi
 Nel testo euclideo i numeri sono segmenti e il concetto “a è divisibile per b” è reso come “il segmento CB misura il segmento DA”; “misurare” nel senso di mettere vicine tante copie di CB e coprire esattamente DA 

Scaloppe al marsala

La mattina, talvolta, mi apposto in cucina per preparare il pranzo. Cucinare mi piace e mi diverte, e, mentre cucino, un po’ per abitudine, un po’ per curiosità accendo il televisore. Qualche giorno fa, il 14 agosto se ricordo bene, mentre preparavo alcune scaloppe di pennuto al marsala, è andata in onda su Raitre la trasmissione “Cominciamo bene Estate”, condotta dal bravo prof. Michele Mirabella e dalla piacevole Ambra Angiolini. Gli argomenti erano particolarmente interessanti: nella prima parte il tema del dibattito era intitolato “i miracoli”.
La seconda parte, sempre ispirata ad argomenti di ordine religioso, affrontava invece il tema del “paradiso” e, quindi, indirettamente, dell’anima e dell’Aldilà.. Questa seconda parte, che ha visto tra gli ospiti, un Cardinale cattolico, un Imam musulmano e un Lama buddista, quantunque interessante, è meno degna di commenti, perché le tre posizioni erano troppo distanti per poter consentire un commento che abbia uno straccio di filo conduttore. Le disquisizioni emerse circa l’argomento della prima parte, ed in particolare la posizione assunta da uno dei tre ospiti, merita invece una seppur breve chiosa. (Del termine “chiosa” si vale spesso anche il prof. Mirabella, e ne vorrei approfittare anch’io).
A codesta prima parte partecipano: un luminare della medicina, facente parte della commissione che esamina gli eventi miracolosi, quasi sempre connessi a guarigioni inspiegabili, un professore che si professa ateo ed un cardinale. Siccome non ricordo i nomi dei primi due esponenti, per rispettare la par condicio, tanto cara all’ineffabile onorevole Oscar Luigi Scalfaro, non dirò nemmeno il nome del Cardinale, che invece ricordo bene.
Con l’abile e dotta conduzione del prof. Mirabella, la questione viene trattata sotto il profilo religioso dal Cardinale, mentre la prospettiva scientifica è illustrata dal professore di medicina: costui ha posto in luce la cautela e la meticolosità con cui vengono analizzati gli eventi considerati miracolosi. Infine si è ascoltata la posizione del professore ateo. Un’esposizione, quest’ultima, obiettiva, illuminata, fedele ai fondamenti della Kültüra con la K maiuscola, quella che si rifà al positivismo, al materialismo, al progressismo e che sfocia, oggidì, nel relativismo più elevato.
L’ateo professore esordisce richiamando l’aspro contenzioso che ha visto, per un lungo periodo, il Sant’Uffizio da un lato e Padre Pio dall’altro, prosegue con l’immancabile rimando alla persecuzione da parte della Chiesa, impersonata dal cardinale Bellarmino nei confronti di Galileo, e conclude sottolineando la fretta con cui la Chiesa abitualmente tratta gli eventi miracolosi. Lo “spessore kültürale” e la capacità del ragionamento epistematico (deduttivo: che dalle leggi universali discende fino alle verità particolari) lasciano ammutoliti: siamo in presenza della punta di diamante della kültüra: quella nichilo-anarco-radical-progressista di sinistra. Il meglio del meglio.
Ammaliato, annaffio il pennuto con mezzo bicchiere di marsala.
La conoscenza storica degli eventi riguardanti Padre Pio e l’analisi obiettiva del loro svolgersi dovrebbe indurre il dotto professore ad una maggior cautela: se è vero che per un certo periodo la Chiesa ha guardato con sospetto agli eventi che accadevano a San Giovanni Rotondo, assumendo anche posizioni severe nei confronti del Frate di Pietrelcina, è altrettanto vero che poi, dopo le approfondite indagini, si è corretta, arrivando a canonizzare San Pio. Fra l’altro, questo esempio sarebbe sufficiente a palesare l’evidente contraddizione insita nell’accusa di eccessiva celerità della Chiesa nel valutare i fatti: sono trascorsi decenni prima che avvenisse il mutamento di indirizzo e la susseguente canonizzazione.
Ma il nostro luminescente professore non si cura di simili dettagli, non si cura di frati, di santi, né tanto meno di Dio. Egli detiene l’episteme (il sapere certo, la conoscenza esatta). La luce della ragione gli è sufficiente. Alla luce della scienza può tutto spiegare. E l’accusa di eccessiva fretta è un pilastro del ragionamento che svolgerà più avanti. Come dire: se la Chiesa non avesse tutta quella fretta, molti “miracoli” troverebbero, col tempo, la loro spiegazione razionale e scientifica.
Quanto alla questione fra la Chiesa e Galileo, forse non è del tutto vero che la Chiesa lo ha perseguitato; forse occorrerebbe valutare quegli eventi calandosi in quella realtà ed in quel contesto storico e filosofico. Ma queste sono questioni kültüralmente irrilevanti, non sono allineate alla kültüra con la K maiuscola. E poi Brecht è Brecht. E non si tocca.
Infine si giunge al nodo centrale della questione “miracoli”, e qualcuno chiede:
- Scusi, professore, ma in presenza di guarigioni analizzate e, come ci conferma l’illustre uomo di scienza qui presente, non scientificamente spiegabili, lei che spiegazione si dà e ci dà?
La risposta, lapidaria, è un vivido guizzo di intelligenza, abbagliante come una saetta:
- Ciò che la Scienza oggi non riesce a spiegare, verrà spiegato in futuro.
Questo, in estrema sintesi, il ragionamento epagogico (induttivo) del Nostro. Poi, accortosi forse dell’asserto un po’ ardito, lo sorregge con alcune prove: i fulmini ad esempio, che l’umanità un bel giorno, grazie alla Scienza appunto, ha capito non esser scagliati da Giove, ma essere frutto di un fenomeno fisico, ed altre dotte citazioni consimili.
Noi, gente retriva, ottusi credenti in Qualcuno che solo è frutto della nostra fantasia malata, siamo abbacinati e ammutoliti da cotanta dottrina.
Tuttavia, mentre rigiravo le scaloppe di pennuto, mi son venute alla mente alcune domande che avrei voluto porre all’esimio professore:
- Scusi Professore, ma Lei ci gratifica, pur non affermandolo apertis verbis (a chiare lettere), di essere creduloni e sempliciotti, perché, con un atto di Fede, crediamo nell’esistenza di un’Entità superiore. Entità di cui non sappiamo fornir prova dell’esistenza, e quindi frutto, a parer Suo, solo della nostra fantasia. Inoltre, come se non bastasse, su questa superstizione noi costruiamo quel castello di fandonie che chiamiamo Religione. Potrei rispettosamente farLe notare che, e mi perdoni l’ardire, se è pur vero che non si può dimostrare a fil di logica che Dio esiste, non si può dimostrare neppure che Egli non esiste. E molti eventi storici farebbero propendere per la prima ipotesi.
- Ma Lei, scusi, quando asserisce che la Scienza spiegherà domani ciò che oggi non può spiegare, non compie un atto di fede? Non attribuisce alla Scienza (ossia alla Ragione) un valore che trascende la sua essenza, per elevarla a qualcosa di assoluto? Non sta, in altre parole, da buon sacerdote dello scientismo, divinizzando la Scienza e quindi, indirettamente, il lume della Ragione? E chi Le ha rivelato che la Scienza potrà tutto spiegare? Le risulta che in passato sia stato sempre così? Capisco che l’esempio dei fulmini è stato da Lei proposto per permettere alle nostre semplici menti di capire il concetto, ma le risulta che la Scienza, la Ragione, abbian spiegato sempre tutto? Veda, professore, provo a venire sul suo terreno, nel campo della regina delle Scienze, la Matematica e, nell’ambito della Matematica, proprio all’apice della più astratta razionalità: la Numerologia.
- Mi sa dire come possa accadere che fino ad oggi nessuno abbia saputo spiegare perché esistono i numeri primi1, gioielli incastonati nell’immensa distesa dei numeri, e qual è l’equazione che regola la loro oscura cadenza? Veda, illustre e dotto professore, ci si sono cimentate le menti più alte, a cominciare da Euclide, Eratostene (quello del crivello, Lei lo conoscerà certamente), e poi Gauss, Eulero, Riemann, il grande matematico che ha formulato intorno al 1860 a Gottinga l’elegante ipotesi che ancor oggi porta il suo nome, giù giù fino ai tempi nostri Bombieri, Connes … Ma nessuno ha saputo e sa rispondere.
Immaginando di essere in studio con il valente professor Mirabella, mi sono figurato il volto leggermente smarrito e meno fluorescente del brav’uomo, che s’andava aggrappando a citazioni di Hegel, Lamarck, Comte, Rousseau …. Ed anche il libretto rosso di Mao.
Stavo per continuare con altre domande, ma, nel frattempo, il marsala si è prosciugato e le scaloppe, dannazione, si sono semi carbonizzate.
Autore: Ugolino - 1/11/2005
(Alberto Broglia)
1 Veri e propri atomi dell’aritmetica, si definiscono primi i numeri interi indivisibili, cioè quelli che non possono essere scritti come prodotto di due numeri interi più piccoli. I numeri 13 e 17 sono primi, mentre 15 non lo è, dato che può essere scritto come prodotto di 3 e 5. La loro importanza per la matematica deriva dal fatto che hanno il potere di costruire tutti gli altri numeri. L’aspetto affascinante ed enigmatico dei numeri primi consiste nel fatto che, a dispetto della loro apparente semplicità, dato un elenco di numeri primi lungo a piacimento, è impossibile prevedere quando apparirà il successivo. Marcus du Sautoy “L’enigma dei numeri primi” pag. 15 - Ed. Rizzoli 


E’ indubbio che Alberto Broglia, con la sottile e piacevole ironia che contraddistingue il suo modo di scrivere, cerchi sostanzialmente di mettere in luce quante poche certezze ci riservi la Scienza e anche la stessa matematica, “la regina delle Scienze”.
Senza dimenticare che il dubbio è alla base di ogni scienza, figuriamoci della matematica, e senza addentrarmi nel difficile terreno della "fede", sia essa scientifica o religiosa, vorrei qui solo ritornare sull'argomento dei numeri primi e sull’impossibilità o possibilità di riuscire a dimostrare una loro distribuzione secondo uno schema regolare e non casuale.
Ricordo che il grande matematico tedesco David Hilbert esattamente un secolo fa, nel 1900, presentò a Parigi quelli che erano secondo lui, in quel momento, i 23 problemi più importanti ancora da dimostrare, problemi che hanno attirato, nel Novecento, le migliori menti matematiche, impegnate nella loro soluzione.
Sono ora ancora tre i problemi di Hilbert che non hanno avuto soluzione e uno di questi è riproposto dal "Millenium Prize".
Si tratta proprio dell'Ipotesi di Riemann che riguarda la distribuzione dei numeri primi all'interno dei numeri naturali. Una distribuzione che sembra casuale ma che potrebbe venire chiarita proprio dalla dimostrazione di questa ipotesi.

Funzione Zeta di Riemann

Alcuni numeri hanno la proprietà speciale di non poter essere espressi come il prodotto di due numeri interi più piccoli, per esempio, 2, 3, 5, 7, ecc Questi numeri sono chiamati numeri  primi , e svolgono un ruolo importante, sia in matematica pura che nelle sue applicazioni.
La distribuzione dei numeri primi, fra tutti i numeri naturali, infatti non segue ancora nessuno schema regolare. Tuttavia, il matematico tedesco Georg Friedrich Bernhard Riemann  (1826 - 1866) ha osservato che la frequenza dei numeri primi è strettamente legata al comportamento di una funzione complessa

    ζ (s) = 1 + 1/2 s  + 1/3 s  + 1/4 s  + ...

chiamata la  funzione Zeta di Riemann.
L'ipotesi di Riemann afferma che tutte le  soluzioni interessanti dell'equazione

    ζ (s) = 0

si trovano su una certa linea retta verticale.
Questo è stato controllato per i primi 10 miliardi di soluzioni. Una prova che sia vero per ogni soluzione interessante potrebbe far luce su molti dei misteri che circondano la distribuzione dei numeri primi.

Ma perché questa sfida sui numeri primi? Perché sono essenziali nella crittografia, la scienza dei codici segreti. Oggi qualsiasi tipo di comunicazione, non solo militare, per garantire sicurezza e riservatezza deve essere confezionata con dei codici in grado di renderla inattaccabile. Dalle transazioni con carte di credito alla navigazione in Internet, tutto si basa sui sistemi crittografici. Il più diffuso è noto con la sigla Rsa e fa ricorso ad un numero primo con un centinaio di cifre. Aumentare le cifre significa rendere il codice sempre più impenetrabile.  “Cercarli - diceva il grande Carl Gauss nel 1801 - è una delle sfide più importanti della matematica”.

Un gigante dell’eterna caccia era stato il monaco francese Marin Mersenne che agli inizi del ’600 trovò una classe di questi numeri che portano il suo nome.

M_n = 2^n - 1

Forse l’ultimo, più grande numero primo di Mersenne è stato scoperto nel gennaio 2013 da un gruppo di ricercatori capitanati da Curtis Cooper, George Woltman e Scott Kurowski e per scriverlo sono occorse oltre diciassette milioni di cifre, esattamente 17.425.170  (con n = 57.885.161)

Il "Millenium Prize" sarebbe quindi un’ occasione per dimostrare ciò che parrebbe indimostrabile e anche per diventare milionari. Oltre all’ipotesi di Riemann ci sono infatti altri importanti problemi ancora irrisolti. I premi sono offerti da un ricco uomo d'affari di Boston, Landon Clay, innamorato della matematica, il quale ha fondato il Clay Mathematics Institute, un ente che promuove e diffonde la cultura matematica. "Dove c'è matematica - dice Clay - c'è bellezza. Il fascino della matematica è universale e nessun paese ne può avere il monopolio". I problemi sono stati scelti da una commissione di matematici di cui faceva parte anche Andrew Wiles, il matematico di Princeton che è riuscito a dimostrare l'Ultimo Teorema di Fermat.
Gli organizzatori del "Millenium Prize", così è stato appunto battezzato il nuovo premio matematico, vorrebbero ripetere il successo dell'iniziativa di David Hilbert. Oltre all’ipotesi di Riemann, un altro problema storico entrato nel Millenium Prize è la congettura di Poincaré, un problema topologico, di superfici, risolto da  Grigori Perelman, che però ha rifiutato il premio. Un milione di dollari anche a chi riuscirà a risolvere la congettura di Birch e Swinnerton-Dyer, collegata all'ipotesi di Riemann e riguardante equazioni a numeri interi, oppure il Problema P uguale a NP, un problema di informatica che la maggior parte degli esperti ritiene senza soluzione. Soluzione che avrebbe però importanti implicazioni anche per Internet.
Legate al Millenium Prize anche le equazioni di Navier-Stokes che nessuno finora è riuscito a risolvere, se non in forma approssimata al computer e che hanno grosse implicazioni pratiche essendo lo strumento matematico necessario per descrivere e prevedere onde come quelle che seguono un'imbarcazione in movimento o la turbolenza in coda a un jet. Ultimo problema del Premio è la Teoria di Yang-Mills che i matematici non sono ancora riusciti a chiarire, utile per descrivere il rapporto fra geometria e particelle elementari della meccanica quantistica.

Certo sono tutti problemi di difficile comprensione ma che potrebbero venire risolti anche se sembrano ora non avere soluzione.
Non riusciranno forse mai a dare certezze e a spiegare tutto, ma faranno fare un passo in più nella conoscenza e, come afferma Wiles, “la soluzione di questi problemi aprirebbe nuovi affascinanti spazi di indagine, mondi che oggi riusciamo appena ad immaginare".


Nota
Per approfondire l’argomento, oltre ai collegamenti diretti con Wikipedia, l'archivio storico del St. Andrews College, riporta le biografie di tutti i matematici citati in questo articolo 




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