Un delizioso trenino
d’altri tempi, partito dalla "stazione piccola" di Modena, mi sta portando a
Sassuolo per assistere alla lectio magistralis, al Festival della Filosofia 2014,
di uno dei miei filosofi preferiti Zygmunt Bauman, ma anche per incontrare dopo
tanti anni un amico di vecchia data Alberto Broglia.
Di anni ne sono passati
davvero tanti…..lo riconoscerò? Mi riconoscerà? Per non sbagliare meglio
munirsi di una rosa rossa!!!
Ed eccoci dopo tanto tempo
a parlare come se gli anni non fossero mai passati, con la voglia di
raccontarci tante cose, stimolando a vicenda la nostra curiosità.
Tra queste curiosità una
ci conduce a parlare dei numeri primi, di Euclide, della certezza della
matematica, della possibilità o impossibilità che tutto possa essere dimostrato……..e
mi ha stimolato a scrivere questo post.
Si
tratta di un articolo che Alberto Broglia (alias Ugolino) ha scritto in “ABIMI’S
cronaca e riflessioni alla ricerca delle radici” per la Collana Amàrantos, pubblicato il 1° novembre 2005 sul n° 3 del
settimanale on line DaBicesidice, che qui riporto integralmente, seguito da
alcune mie considerazioni.
Euclide - Elementi
Scaloppe
al marsala
La
mattina, talvolta, mi apposto in cucina per preparare il pranzo. Cucinare mi
piace e mi diverte, e, mentre cucino, un po’ per abitudine, un po’ per
curiosità accendo il televisore. Qualche giorno fa, il 14 agosto se ricordo
bene, mentre preparavo alcune scaloppe di pennuto al marsala, è andata in onda
su Raitre la trasmissione “Cominciamo bene Estate”, condotta dal bravo prof.
Michele Mirabella e dalla piacevole Ambra Angiolini. Gli argomenti erano
particolarmente interessanti: nella prima parte il tema del dibattito era
intitolato “i miracoli”.
La
seconda parte, sempre ispirata ad argomenti di ordine religioso, affrontava
invece il tema del “paradiso” e, quindi, indirettamente, dell’anima e
dell’Aldilà.. Questa seconda parte, che ha visto tra gli ospiti, un Cardinale
cattolico, un Imam musulmano e un Lama buddista, quantunque interessante, è
meno degna di commenti, perché le tre posizioni erano troppo distanti per poter
consentire un commento che abbia uno straccio di filo conduttore. Le
disquisizioni emerse circa l’argomento della prima parte, ed in particolare la
posizione assunta da uno dei tre ospiti, merita invece una seppur breve chiosa.
(Del termine “chiosa” si vale spesso anche il prof. Mirabella, e ne vorrei
approfittare anch’io).
A
codesta prima parte partecipano: un luminare della medicina, facente parte
della commissione che esamina gli eventi miracolosi, quasi sempre connessi a
guarigioni inspiegabili, un professore che si professa ateo ed un cardinale.
Siccome non ricordo i nomi dei primi due esponenti, per rispettare la par
condicio, tanto cara all’ineffabile onorevole Oscar Luigi Scalfaro, non dirò
nemmeno il nome del Cardinale, che invece ricordo bene.
Con
l’abile e dotta conduzione del prof. Mirabella, la questione viene trattata
sotto il profilo religioso dal Cardinale, mentre la prospettiva scientifica è
illustrata dal professore di medicina: costui ha posto in luce la cautela e la
meticolosità con cui vengono analizzati gli eventi considerati miracolosi.
Infine si è ascoltata la posizione del professore ateo. Un’esposizione,
quest’ultima, obiettiva, illuminata, fedele ai fondamenti della Kültüra con la
K maiuscola, quella che si rifà al positivismo, al materialismo, al
progressismo e che sfocia, oggidì, nel relativismo più elevato.
L’ateo
professore esordisce richiamando l’aspro contenzioso che ha visto, per un lungo
periodo, il Sant’Uffizio da un lato e Padre Pio dall’altro, prosegue con
l’immancabile rimando alla persecuzione da parte della Chiesa, impersonata dal
cardinale Bellarmino nei confronti di Galileo, e conclude sottolineando la
fretta con cui la Chiesa abitualmente tratta gli eventi miracolosi. Lo
“spessore kültürale” e la capacità del ragionamento epistematico (deduttivo:
che dalle leggi universali discende fino alle verità particolari) lasciano
ammutoliti: siamo in presenza della punta di diamante della kültüra: quella
nichilo-anarco-radical-progressista di sinistra. Il meglio del meglio.
Ammaliato,
annaffio il pennuto con mezzo bicchiere di marsala.
La
conoscenza storica degli eventi riguardanti Padre Pio e l’analisi obiettiva del
loro svolgersi dovrebbe indurre il dotto professore ad una maggior cautela: se
è vero che per un certo periodo la Chiesa ha guardato con sospetto agli eventi
che accadevano a San Giovanni Rotondo, assumendo anche posizioni severe nei
confronti del Frate di Pietrelcina, è altrettanto vero che poi, dopo le
approfondite indagini, si è corretta, arrivando a canonizzare San Pio. Fra
l’altro, questo esempio sarebbe sufficiente a palesare l’evidente
contraddizione insita nell’accusa di eccessiva celerità della Chiesa nel
valutare i fatti: sono trascorsi decenni prima che avvenisse il mutamento di
indirizzo e la susseguente canonizzazione.
Ma
il nostro luminescente professore non si cura di simili dettagli, non si cura
di frati, di santi, né tanto meno di Dio. Egli detiene l’episteme (il sapere
certo, la conoscenza esatta). La luce della ragione gli è sufficiente. Alla
luce della scienza può tutto spiegare. E l’accusa di eccessiva fretta è un
pilastro del ragionamento che svolgerà più avanti. Come dire: se la Chiesa non
avesse tutta quella fretta, molti “miracoli” troverebbero, col tempo, la loro
spiegazione razionale e scientifica.
Quanto
alla questione fra la Chiesa e Galileo, forse non è del tutto vero che la
Chiesa lo ha perseguitato; forse occorrerebbe valutare quegli eventi calandosi
in quella realtà ed in quel contesto storico e filosofico. Ma queste sono
questioni kültüralmente irrilevanti, non sono allineate alla kültüra con la K
maiuscola. E poi Brecht è Brecht. E non si tocca.
Infine
si giunge al nodo centrale della questione “miracoli”, e qualcuno chiede:
-
Scusi, professore, ma in presenza di guarigioni analizzate e, come ci conferma
l’illustre uomo di scienza qui presente, non scientificamente spiegabili, lei
che spiegazione si dà e ci dà?
La
risposta, lapidaria, è un vivido guizzo di intelligenza, abbagliante come una
saetta:
-
Ciò che la Scienza oggi non riesce a spiegare, verrà spiegato in futuro.
Questo,
in estrema sintesi, il ragionamento epagogico (induttivo) del Nostro. Poi,
accortosi forse dell’asserto un po’ ardito, lo sorregge con alcune prove: i
fulmini ad esempio, che l’umanità un bel giorno, grazie alla Scienza appunto,
ha capito non esser scagliati da Giove, ma essere frutto di un fenomeno fisico,
ed altre dotte citazioni consimili.
Noi,
gente retriva, ottusi credenti in Qualcuno che solo è frutto della nostra
fantasia malata, siamo abbacinati e ammutoliti da cotanta dottrina.
Tuttavia,
mentre rigiravo le scaloppe di pennuto, mi son venute alla mente alcune domande
che avrei voluto porre all’esimio professore:
-
Scusi Professore, ma Lei ci gratifica, pur non affermandolo apertis verbis (a
chiare lettere), di essere creduloni e sempliciotti, perché, con un atto di
Fede, crediamo nell’esistenza di un’Entità superiore. Entità di cui non
sappiamo fornir prova dell’esistenza, e quindi frutto, a parer Suo, solo della
nostra fantasia. Inoltre, come se non bastasse, su questa superstizione noi
costruiamo quel castello di fandonie che chiamiamo Religione. Potrei
rispettosamente farLe notare che, e mi perdoni l’ardire, se è pur vero che non
si può dimostrare a fil di logica che Dio esiste, non si può dimostrare neppure
che Egli non esiste. E molti eventi storici farebbero propendere per la prima
ipotesi.
-
Ma Lei, scusi, quando asserisce che la Scienza spiegherà domani ciò che oggi
non può spiegare, non compie un atto di fede? Non attribuisce alla Scienza
(ossia alla Ragione) un valore che trascende la sua essenza, per elevarla a
qualcosa di assoluto? Non sta, in altre parole, da buon sacerdote dello
scientismo, divinizzando la Scienza e quindi, indirettamente, il lume della
Ragione? E chi Le ha rivelato che la Scienza potrà tutto spiegare? Le risulta
che in passato sia stato sempre così? Capisco che l’esempio dei fulmini è stato
da Lei proposto per permettere alle nostre semplici menti di capire il
concetto, ma le risulta che la Scienza, la Ragione, abbian spiegato sempre
tutto? Veda, professore, provo a venire sul suo terreno, nel campo della regina
delle Scienze, la Matematica e, nell’ambito della Matematica, proprio all’apice
della più astratta razionalità: la Numerologia.
-
Mi sa dire come possa accadere che fino ad oggi nessuno abbia saputo spiegare
perché esistono i numeri primi1,
gioielli incastonati nell’immensa distesa dei numeri, e qual è l’equazione che
regola la loro oscura cadenza? Veda, illustre e dotto professore, ci si sono
cimentate le menti più alte, a cominciare da Euclide, Eratostene (quello del
crivello, Lei lo conoscerà certamente), e poi Gauss, Eulero, Riemann, il grande
matematico che ha formulato intorno al 1860 a Gottinga l’elegante ipotesi che
ancor oggi porta il suo nome, giù giù fino ai tempi nostri Bombieri, Connes …
Ma nessuno ha saputo e sa rispondere.
Immaginando
di essere in studio con il valente professor Mirabella, mi sono figurato il
volto leggermente smarrito e meno fluorescente del brav’uomo, che s’andava
aggrappando a citazioni di Hegel, Lamarck, Comte, Rousseau …. Ed anche il
libretto rosso di Mao.
Stavo per continuare con altre domande, ma, nel
frattempo, il marsala si è prosciugato e le scaloppe, dannazione, si sono semi carbonizzate.
Autore:
Ugolino - 1/11/2005
(Alberto
Broglia)
1 Veri e propri atomi dell’aritmetica, si definiscono primi i numeri interi indivisibili, cioè quelli che non possono essere scritti come prodotto di due numeri interi più piccoli. I numeri 13 e 17 sono primi, mentre 15 non lo è, dato che può essere scritto come prodotto di 3 e 5. La loro importanza per la matematica deriva dal fatto che hanno il potere di costruire tutti gli altri numeri. L’aspetto affascinante ed enigmatico dei numeri primi consiste nel fatto che, a dispetto della loro apparente semplicità, dato un elenco di numeri primi lungo a piacimento, è impossibile prevedere quando apparirà il successivo. Marcus du Sautoy “L’enigma dei numeri primi” pag. 15 - Ed. Rizzoli
E’ indubbio che Alberto Broglia, con la
sottile e piacevole ironia che contraddistingue il suo modo di scrivere, cerchi
sostanzialmente di mettere in luce quante poche certezze ci riservi la Scienza e anche la
stessa matematica, “la regina delle Scienze”.
Senza dimenticare che il dubbio è alla base di ogni scienza, figuriamoci della matematica, e senza addentrarmi nel difficile terreno della "fede", sia essa scientifica o religiosa, vorrei qui solo ritornare sull'argomento dei numeri primi e sull’impossibilità o possibilità di riuscire a dimostrare una loro distribuzione secondo uno schema regolare e non casuale.
Ricordo che il grande matematico
tedesco David Hilbert esattamente un secolo fa, nel 1900, presentò a Parigi quelli
che erano secondo lui, in quel momento, i 23 problemi più importanti ancora da
dimostrare, problemi che hanno attirato, nel Novecento, le migliori menti
matematiche, impegnate nella loro soluzione.
Sono ora ancora tre i problemi di
Hilbert che non hanno avuto soluzione e uno di questi è riproposto dal
"Millenium Prize".
Si tratta proprio dell'Ipotesi di
Riemann che riguarda la distribuzione dei numeri primi all'interno dei numeri
naturali. Una distribuzione che sembra casuale ma che potrebbe venire chiarita
proprio dalla dimostrazione di questa ipotesi.
Funzione Zeta di Riemann
Alcuni numeri hanno la proprietà speciale di non poter essere espressi come il prodotto di due numeri interi più piccoli, per esempio, 2, 3,
5, 7, ecc Questi numeri sono chiamati numeri primi , e svolgono un ruolo importante, sia
in matematica pura che nelle sue applicazioni.
La distribuzione dei numeri primi, fra tutti i numeri naturali,
infatti non segue ancora nessuno schema regolare. Tuttavia, il matematico tedesco Georg Friedrich Bernhard Riemann (1826 - 1866) ha osservato che la frequenza dei numeri primi è
strettamente legata al comportamento di una funzione complessa
ζ (s) = 1 + 1/2 s + 1/3 s + 1/4 s + ...
chiamata la funzione
Zeta di Riemann.
L'ipotesi di Riemann afferma che tutte le soluzioni interessanti dell'equazione
L'ipotesi di Riemann afferma che tutte le soluzioni interessanti dell'equazione
ζ (s) = 0
si trovano su una certa linea retta verticale.
Questo è stato controllato per i primi 10 miliardi di soluzioni. Una prova che sia vero per ogni soluzione
interessante potrebbe far luce su molti dei misteri che circondano la
distribuzione dei numeri primi.
Ma perché questa sfida sui numeri primi? Perché sono essenziali nella crittografia, la scienza dei codici
segreti. Oggi qualsiasi tipo di comunicazione, non solo militare, per garantire
sicurezza e riservatezza deve essere confezionata con dei codici in grado di
renderla inattaccabile. Dalle transazioni con carte di credito alla navigazione
in Internet, tutto si basa sui sistemi crittografici. Il più diffuso è
noto con la sigla Rsa e fa ricorso ad un numero primo con un centinaio di
cifre. Aumentare le cifre significa rendere il codice sempre più impenetrabile.
“Cercarli - diceva il grande
Carl Gauss nel 1801 - è una delle sfide più importanti della matematica”.
Un gigante dell’eterna caccia era stato il monaco francese Marin Mersenne che agli inizi del ’600 trovò una classe di questi numeri che portano
il suo nome.
Forse l’ultimo, più grande numero primo di Mersenne è stato scoperto nel
gennaio 2013 da un gruppo di ricercatori capitanati da Curtis Cooper, George
Woltman e Scott Kurowski e per scriverlo sono occorse oltre diciassette milioni
di cifre, esattamente 17.425.170 (con n = 57.885.161)
Il
"Millenium Prize" sarebbe quindi un’ occasione per dimostrare ciò che
parrebbe indimostrabile e anche per diventare milionari. Oltre all’ipotesi di
Riemann ci sono infatti altri importanti problemi ancora irrisolti. I
premi sono offerti da un ricco uomo d'affari di Boston, Landon Clay, innamorato
della matematica, il quale ha fondato il Clay Mathematics Institute, un ente
che promuove e diffonde la cultura matematica. "Dove c'è matematica - dice
Clay - c'è bellezza. Il fascino della matematica è universale e nessun paese ne
può avere il monopolio". I problemi sono stati scelti da una commissione
di matematici di cui faceva parte anche Andrew Wiles, il matematico di
Princeton che è riuscito a dimostrare l'Ultimo Teorema di Fermat.
Gli
organizzatori del "Millenium Prize", così è stato appunto battezzato
il nuovo premio matematico, vorrebbero ripetere il successo dell'iniziativa di
David Hilbert. Oltre all’ipotesi di Riemann, un
altro problema storico entrato nel Millenium Prize è la congettura di Poincaré,
un problema topologico, di superfici, risolto da Grigori Perelman, che però ha rifiutato il premio. Un milione di dollari anche a
chi riuscirà a risolvere la congettura di Birch e Swinnerton-Dyer, collegata
all'ipotesi di Riemann e riguardante equazioni a numeri interi, oppure il
Problema P uguale a NP, un problema di informatica che la maggior parte degli
esperti ritiene senza soluzione. Soluzione che avrebbe però importanti
implicazioni anche per Internet.
Legate al Millenium Prize anche le
equazioni di Navier-Stokes che nessuno finora è riuscito a risolvere, se non in
forma approssimata al computer e che hanno grosse implicazioni pratiche essendo
lo strumento matematico necessario per descrivere e prevedere onde come quelle
che seguono un'imbarcazione in movimento o la turbolenza in coda a un jet.
Ultimo problema del Premio è la Teoria di Yang-Mills che i matematici non sono
ancora riusciti a chiarire, utile per descrivere il rapporto fra geometria e
particelle elementari della meccanica quantistica.
Certo sono tutti problemi di difficile comprensione ma che potrebbero venire risolti anche se sembrano ora non avere soluzione.
Non riusciranno forse mai a dare
certezze e a spiegare tutto, ma faranno fare un passo in più nella conoscenza
e, come afferma Wiles, “la soluzione di questi problemi aprirebbe nuovi
affascinanti spazi di indagine, mondi che oggi riusciamo appena ad immaginare".
Nota
Per approfondire l’argomento, oltre ai collegamenti diretti con Wikipedia, l'archivio storico del St. Andrews College, riporta le biografie di tutti i matematici citati in questo articolo
Nessun commento:
Posta un commento