Più precisamente si tratterebbe di un passaggio da un punto all’altro dello spaziotempo, o da un universo a un altro universo, proprio come ipotizzato da Albert Einstein e dal suo allievo Nathan Rosen negli anni Trenta con la teoria dei wormhole, letteralmente buco di verme.
E' evidente che, a differenza di altre invenzioni, la scoperta della Matematica non può essere attribuita ad una persona, ma può essere considerata solo come un lento sviluppo avvenuto con l'aiuto di migliaia di persone.
Le origini dell'uso dei numeri da parte dell'umanità naturalmente non sono documentate e nessuno le può sapere con certezza, ma possiamo usare la nostra immaginazione unita ai reperti per pensare a come la matematica abbia potuto aver inizio.
Ma come è iniziato questo processo e quali reperti preistorici ci possono aiutare?
Perone di babbuino di Lebombo - 35.000 a.C.
Viaggiando indietro nel tempo, potrei incominciare a fermarmi a circa 35.000 anni a.C., quando l'essere umano aveva già intrapreso il processo che lo ha portato a diventare Homo Sapiens, ma non aveva ancora inventato né l’agricoltura né l’allevamento.
Era abituato a vivere in gruppo, quindi aveva la necessità di ripartire il cibo. Proprio questa esigenza lo portò ad effettuare dei veri e proprio calcoli aritmetici, che fanno pensare all’esistenza di una protomatematica.
Così nelle montagne dello Swaziland, un piccolo Stato posto a nord-est del Sudafrica, troverei senz'altro un Homo Habilis intento a cacciare e quindi potrei chiedergli: "quanti animali hai ucciso?"
Potrebbe rispondermi 29 o meglio segnalarmi una per una le 29 tacche del suo perone di babbuino!
Questo osso, rinvenuto in una caverna delle montagne Lebombo, al confine con lo Swaziland, (detto appunto osso di Lebombo) veniva infatti probabilmente usato come arma e presenta 29 tacche che si presuppone rappresentino le prede uccise da un cacciatore e costituisce la testimonianza più antica del senso del numero.
Osso di zampa di lupo di Vestonice - 30.000 a.C.
E se facessi una puntatina in Europa a 30.000 anni a.C.?
Troverei anche qui un Neanderthaldiano che mi risponderebbe 55, o meglio mi indicherebbe una per una le 55 tacche del suo osso di lupo.
Nel 1937 fu infatti rinvenuto da Karl Absolon presso Vestonice, nella Repubblica Ceca, un osso di zampa di lupo di circa 18 cm e risalente appunto al 30.000 a.C. circa.
In esso è possibile notare 55 tacche: una serie di 25 tacche raggruppate a 5 a 5, separate da due tacche da una seconda serie di altre 30 tacche.
Anche in questo si potrebbe presupporre che sia stato utilizzato da un cacciatore per registrare il numero delle prede uccise.
Anche se si ritiene che inizialmente gli uomini primitivi sapessero distinguere soltanto tra uno, due e molti, capacità che si osserva nei bimbi nella primissima infanzia¹, la presenza di questi aggruppamenti a 5 a 5 farebbe pensare che l’uomo primitivo, utilizzasse le mani per contare, famigliarizzando così con i multipli di 5.
Insomma scoprirei un'idea di numero molto più antica dei progressi tecnologici, come l'uso dei metalli, che precede la nascita della civiltà e della scrittura, nel senso usuale del termine.
Osso di babbuino di Ishango - 20.000 a.C.
Se facessi un'incursione nel Paleolitico Superiore, circa 20.000 a.C., ad Ishango, nei pressi del Lago Edoardo, vicino al confine tra l’Uganda e lo Zaire, troverei non solo uomini Sapiens ma forse dei veri "matematici".
In questa tarda età della pietra, vicino alle rive del lago Edward, le tribù si dedicavano anche alla pesca.
Una vera civiltà che era capace di migliorare sistematicamente i propri strumenti di lavoro, come gli arpioni fatti di osso, che disponeva di mole e pietre di quarzo perfettamente tagliate, che aveva corde fatte di fibre vegetali. Tutti oggetti che ha lasciato sulle rive del lago in provvidenziali discariche, insieme alle ossa degli animali e gli scheletri dei pesci.
La popolazione che nel 20.000 a.C. abitava le rive del lago potrebbe essere stata tra le prime a utilizzare i numeri per contare, ma purtroppo questa società durò poche centinaia di anni perché fu distrutta da un’eruzione vulcanica.
La prova di ciò la troverei in un un osso di babbuino, che prende proprio il nome di Osso di Ishango.
L’osso, che risale al Paleolitico Superiore (20.000 a.C. – 18.000 a.C.), è un perone di babbuino di colore scuro, con una scaglia di quarzo innestata ad un’estremità, probabilmente utilizzata per incidere o scrivere.
L’osso presenta 168 tacche disposte in sedici gruppi di segni.
L’organizzazione delle tacche in tre raggruppamenti asimmetrici implica che la loro funzione era più pratica che decorativa, tanto da far supporre che la loro disposizione sia dovuta alla necessità di sviluppare un sistema numerico e potremmo quasi definirlo un
"regolo calcolatore preistorico".
Inoltre, i numeri di tacche su entrambi i lati della colonna centrale parrebbero indicare una maggiore capacita di “calcolo” dell’utilizzatore del manufatto.
I numeri su entrambe le colonne di destra e sinistra sono tutti dispari (9, 11, 13, 17, 19 e 21). Quelli incisi nella colonna di sinistra sono tutti numeri primi compresi tra 10 e 20, mentre quelli sulla colonna di destra sono composti nella maniera 10 + 1, 10 – 1, 20 + 1 e 20 – 1.
La somma dei numeri sulle righe dà 60 e 48, entrambi numeri divisibili per 12 e ritroviamo ancora i concetti di moltiplicazione e divisione.
Rinvenuto nel 1950 dal geologo belga Jean de Heinzelin de Braucourt durante una campagna di esplorazione in quello che fu il Congo Belga, viene oggi conservato a Bruxelles, in mostra permanente al 19° piano dell’Istituto Reale delle Scienze Naturali del Belgio.
donna; infatti potrebbe rappresentare il tracciamento delle fasi lunari in relazione al ciclo mestruale.
Osso di Ishango e la sua replica di 7 m. nella piazza Munt di Bruxelles
Questi reperti dimostrano comunque l'esistenza di una "corrispondenza biunivoca", che sta alla base del contare, in questo caso, una corrispondenza fra animali (o cos'altro) e tacche su ossa.
Naturalmente poco importa qual è lo strumento di questa corrispondenza e il nostro antenato avrebbe potuto usare per il suo scopo anche un mucchietto di sassi o di pietre.
Per l'Homo Sapiens o Sapiens Sapiens "conteggio" significa comunque "stabilire una corrispondenza biunivoca" fra oggetti o animali e tacche su ossa o bastoni, o sassi, perline, conchiglie, nodi su cordicelle o altri².
In questo modo sono stati "contati" animali, oggetti, giorni, mesi e così via, ma senza numero!
Jean de Heinzelin, il geologo belga autore degli scavi sulla riva congolese del lago Edward - 1950
Ma cosa significa contare senza il numero?
Stiamo parlando del periodo di protomatematica cioè di una matematica in cui ancora manca il concetto astratto di numero, non ci sono le parole per indicare i singoli numeri, né tanto meno dei simboli, ma c'è già la pratica del mettere in corrispondenza biunivoca due insiemi.
In quella che si definisce protomatematica manca del tutto la padronanza di due aspetti basilari del numero:
- il suo essere cardinale e/o ordinale, e cioè il suo rappresentare una "quantità" (quanti elementi ci sono in un insieme)
- il suo essere in una precisa posizione in una serie ordinata (in questa accezione, la "conoscenza" di un numero prevede la conoscenza di tutti i precedenti).
In realtà quello che si può supporre è che in effetti ben prima del concetto di numero, l'umanità abbia elaborato la "capacità di contare" per la necessità di effettuare un qualche tipo di conteggio con l'evolversi di attività umane più complesse, come l'allevamento di animali (ad esempio con la necessità di verificare che un gregge portato al pascolo rientrasse al completo), o l'agricoltura (necessità di una forma di "calendario", conteggio delle "lune" ad esempio, per sapere quando è tempo di seminare o di eseguire altre operazioni agricole), oppure con l'inizio di una pur semplice economia di scambio, che prevedesse baratti di qualche tipo.
Certo sono supposizioni su reperti, che però dimostrano quanto anche nella preistoria abbia avuto importanza la ricerca del "contare".
Contare sicuramente anche legato alla struttura anatomica del corpo, che ha giocato forse un ruolo determinante nel modo di contare degli uomini primitivi.
La tribù Pirahã in Amazzonia che possiede un linguaggio anumerico
(audio/intervista a Dan Everett rettore alla Bentley University di Waltham, in Massachusetts)
Sicuramente la presenza delle 5 dita delle mani ha indirizzato l’uomo a contare sulle dita, anche se in realtà sembrerebbe che il contare sulle dita sia avvenuto in una fase successiva dello sviluppo del contare.
Infatti, prima di arrivare al numero 5, l’uomo preistorico doveva superare il limite dell’uno, due e molti.
Ne è prova il fatto che ancora oggi esistono delle tribù in Africa, in Amazzonia e in Australia³ che distinguono tra uno, due e molti.
Certamente non esisteva ancora il concetto astratto di numero.
Doveva ancora passare del tempo perché esso si liberasse dall’inventare un simbolo diverso per ogni numero nuovo a mano a mano che lo incontrava.
Cioè il passaggio da una mera corrispondenza biunivoca fra "oggetti da contare" e "oggetti simbolo", al momento in cui i simboli acquistano valori diversi.
Quello che si potrebbe definire il vero passaggio dalla Protomatematica alla Matematica.
Da questo viaggio nel tempo preistorico si può comunque capire come l’essere umano abbia attraversato diverse fasi fondamentali prima di pervenire a un vero e codificato sistema di numerazione.
Si possono quindi individuarne tre importanti:
- in una prima fase si distingueva tra uno, due e molti
- in una seconda fase è stato superato il limite del tre e utilizzato il linguaggio corporale per contare
- in una terza fase l’uomo ha finalmente liberato il linguaggio numerico da quello corporale.
Lo sviluppo del linguaggio ha avuto una importanza essenziale per il sorgere del pensiero matematico astratto, anche se le parole che esprimono concetti numerici si vennero formando con relativa lentezza.
Come abbiamo visto i segni numerici precedettero le parole che indicavano numeri, in quanto è senz'altro più facile praticare incisioni su un osso o un bastone che formulare una frase per indicare un numero.
Quanto sia stata lenta la formazione di un linguaggio che esprimesse astrazioni quali il numero, si deduce anche dal fatto che le espressioni numeriche verbali primitive facevano sempre riferimento a specifiche raccolte concrete (due pesci, due bastoni) e che solo molto più tardi una espressione del genere verrà adottata convenzionalmente per indicare tutti gli insiemi di due oggetti.
Ne è prova anche il fatto che, ancora oggi, nel nostro linguaggio esistano termini diversi per indicare la stessa quantità numerica, per esempio vengono utilizzate le espressioni “un paio”, “una coppia”, “un duetto” per indicare il numero 2.
E anche in molte delle attuali misure di lunghezza si riscontra la tendenza del linguaggio a evolversi da forme concrete verso forme astratte, come ad esempio al "piede", al "pollice" o al "braccio".
Insomma nel mio viaggio tra il Paleolitico e il Neolitico ho scoperto che grazie proprio alle "scoperte" protomatematiche, l'amico preistorico ha potuto progredire e come la nascita di alcuni principi matematici abbia avuto origine dalla vita quotidiana.
Principi che, come tali, sono stati scoperti o creati proprio da necessità.
Semplici scoperte di protomatematica che però restano gli inizi che porteranno alle basi della Matematica, passata da "necessaria" ad "astratta", generandone via via i settori più avanzati, come la geometria, il calcolo, l'algebra, la trigonometria, l'analisi.......!
Ma questa è un'altra storia!!!!!
Note
¹ protomatematica nei bambini "L'Istinta Matematico"
² Tutti questi metodi sono stati osservati anche successivamente presso popolazioni e tribù in varie parti del mondo: vedi articolo "Gli Incas e il loro strano calcolo matematico"
³ protomatematica nelle tribù Zulu e Pigmei in Africa, di Aranda e Kamilarai in Australia, ed in altre tribù isolate in Oceania od in Amazzonia
Ad esempio i Pirahã, una tribù di cacciatori-raccoglitori che vive lungo il fiume Maici, in Brasile, che è stata studiata a lungo da Dan Everett rettore alla Bentley University di Waltham, in Massachusetts, usano un linguaggio anumerico.
Il loro linguaggio presenta solo 3 termini per indicare in modo aspecifico e generico le quantità senza alcun vocabolo che indichi dei numeri: “Hòi” significa “piccola quantità o dimensione” o "uno circa uno", “Hoì” “abbastanza grande” o "due un po' più di uno", mentre “baàgiso” vuol dire "molto grande” o “molti".
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