Perché parlarne in un blog dedicato essenzialmente alla matematica e non all'architettura?
Perché la matematica in fondo ha condizionato tutto il suo lavoro e nonostante il suo rapporto con la matematica non fosse dei migliori, almeno sotto l'aspetto formale, furono proprio i rapporti proporzionali e la geometria a dare alle sue creazioni l'armonia, la sobrietà e l'eleganza che le contraddistinguono.
Marsiglia - © Annalisa Santi 2018
Ma andiamo per gradi e, ricordando che tra il 2016 e il 2017 diciassette delle sue opere sono state aggiunte alla lista dei siti patrimonio dell’umanità dell'UNESCO con la motivazione "una testimonianza dell'invenzione di un nuovo linguaggio architettonico che segna una rottura con il passato", introduco alcune note biografiche del grande innovatore.
Parafrasando Don Abbondio "Le Corbusier chi era costui?"
Le Corbusier su una Fiat 508 S del 1934, più conosciuta come Balilla Coppa d’oro, carrozzeria disegnata
In effetti sotto questo pseudonimo (talvolta noto anche semplicemente come Corbu, tanto che con tale storpiatura, complice un gioco di parole con la parola corvo, in francese corbeau, usava firmare le sue lettere informali) si cela Charles Edouard Jeanneret Gris, nato in svizzera a La Chaux de Fonds (una delle capitali mondiali dell’orologeria) il 6 ottobre 1887 e morto a Roquebrune - Cap Martin il 27 agosto 1965 (dove si era rifugiato nel suo essenziale “cabanon” meno di dieci metri quadrati), "architetto", urbanista, pittore e designer, nonché scrittore svizzero naturalizzato francese.
Di sue biografie ne sono state scritte e se ne trovano a migliaia, qui ricordo molto sinteticamente solo alcuni momenti che ritengo essenziali e significativi per darne una efficace seppur sommaria visione.
Perché "architetto" virgolettato?
Perché questo personaggio che ha rivoluzionato l’Architettura dal ‘900 in poi, non ha mai conseguito la laurea....e se ne vantava!
"Si je suis aujourd’hui un architecte possible, c’est que ma formation n’a pas été celle d’un architecte"
Anche se mi sembra giusto ricordare che una Laurea Honoris Causa in Architettura gli fu conferita in tarda età dall'Università di Firenze, il 7 giugno 1963.
Indirizzato all’arte e alla creatività dal padre orologiaio e dalla madre insegnante di musica, nel 1899 si iscrive alla Ecole Industrielle, ma segue anche dei corsi serali in preparazione all'esame d'accesso alla Ecole d'Art. Superato questo esame nel 1902, viene ammesso alla sezione di incisione ornamentale, dove impara la decorazione delle casse d'orologio, che frequenta dall'aprile del 1902 al giugno del 1905.
Questa sua abilità nella decorazione delle casse d'orologio è documentata anche dal diploma d’onore che ottenne per un suo orologio cesellato presentato all’Esposizione Universale di Torino nel 1902.
Orologio 1902 e Vintage 1945 Le Corbusier
In omaggio alla carriera di Le Corbusier come scultore e incisore, Girard-Perregaux ha dedicato questo orologio con il quadrante in madreperla, lavorata artigianalmente e montato su di una struttura di oro rosa a 18 carati - Prezzo 53.200 $ - © Annalisa Santi
Curioso il modo in cui, alla scuola d’arte, il pittore e architetto Charles L’Eplattenier, soleva tenere le sue lezioni. Faceva passeggiare gli studenti per i boschi del Massiccio del Giura e li esortava a disegnare tutto ciò che osservavano.
Le Corbusier riempì così migliaia di pagine di schizzi e disegni, che poi saranno le basi delle idee per i suoi progetti futuri.
Il suo primo progetto nacque dalla collaborazione con l’architetto René Chapallaz per la realizzazione di Villa Fallet e, grazie al denaro guadagnato, dal 1906 incominciò a viaggiare per l'Europa.
Viaggi che sicuramente contribuirono alla sua formazione e in cui Le Corbusier rimase affascinato dal rinascimento e dal barocco italiano, da città come Praga, Vienna, Budapest ed Atene e dove incontrò anche progettisti di rilievo come Walter Gropius, Mies van der Rohe, Tony Garnier da cui, con le sue proposte di una Cité Industrielle, deriveranno le sue idee urbanistiche e "sociali", e Adolf Loos, l’autore di “Ornamento e Delitto” il propugnatore del Raumplan (casa con la spazialità interna sfalsata su vari livelli) che ispirerà la sua Unité d'Habitation.
Le Corbusier, Chiesa del Redentore alla Giudecca, Venezia. Dall’Album La Roche, 1924 - © FLC-ADAGP
Come ricordato non era laureato e per la realizzazione dei suoi progetti si avvalse sempre di studi di architettura con validi architetti e ingegneri.
Nel 1917 si stabilisce a Parigi e, lavorando per l’architetto Auguste Perret, celebre per la ricostruzione del centro di Le Havre, oggi anch'esso patrimonio dell’UNESCO, che gli trasmette la passione per il cemento armato, avviene la svolta che, con un cammino faticoso ma inarrestabile, lo farà divenire il personaggio simbolo del Movimento Moderno.
Durante questa fase di apprendistato da Perret, Le Corbusier mostra anche una straordinaria ed inedita attenzione per gli aspetti strutturali dell'architettura e, lavorando sia a Berlino che a Parigi, ebbe modo di approfondire fra l'altro il suo interesse per la pittura moderna e tenne una mostra con Amédée Ozenfant presso la galleria Druet.
Oltre alla pittura, si dedicherà in seguito alla scultura e al design, con la realizzazione di alcuni tra i modelli di sedia più famosi, come la Chaise Longue o il Grand Confort.
Opere di design di Le Corbusier
© L’Italia di Le Corbusier - MAXXI-Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo
Roma, 18 ottobre 2012 – 17 febbraio 2013
Interrotta nel 1920 la collaborazione con Auguste Perret, apre quindi uno studio sempre a Parigi, al 35 di Rue de Sèvres, con il cugino Pierre Jeanneret, dopo un progetto imprenditoriale fallito, e fonda la rivista d'arte "Avant-garde e L'Esprit Nouveau" assieme con Amédée Ozenfant e Paul Dermée, che usa per promuovere le sue teorie in fatto d'arte e le sue iniziative, ed è proprio in questa occasione che nasce lo pseudonimo Le Corbusier¹.
Nel 1923 pubblica “Vers une Architetture” il libro d'architettura più importante della prima metà del secolo scorso.
Non solo un testo di architettura ma quasi un proclama politico, un esplosivo manifesto in cui sostiene che l'impegno nel rinnovamento dell'architettura può sostituire la rivoluzione politica, realizzando di fatto la giustizia sociale.
Nel libro tratta di tre dei suoi famosi "cinque punti di una nuova architettura", i pilotis, i tetti-giardino e la finestra a nastro, a cui si aggiungeranno, qualche anno dopo, la facciata libera e la pianta libera.
Sono i famosi "cinque punti di una nuova architettura" applicati con intenti teorematici in una delle opere più importanti del razionalismo architettonico, Villa Savoye a Poissy, non lontano da Parigi, costruita tra il 1928 e il 1931, e probabilmente l’edificio più famoso del Movimento Moderno e in particolare del cubismo architettonico:
- i "pilotis", cioè i pilastri che sorreggono un edificio e lo isolano dal terreno
- il "toit terrasse", cioè il tetto a terrazza, con giardino e piscina
- la "fenêtre en longueur" (o finestra a nastro), che taglia la facciata della casa in lunghezza, rendendo l’interno luminosissimo
- la "façade libre", cioè la facciata libera, senza schemi prestabiliti
- la "plan libre", cioè la pianta dell’edificio libera
Villa Savoye tutte le immagini
Sempre in quegli anni scrisse un importante libro sui problemi connessi alla progettazione della città, "La Ville Radiouse", che venne pubblicato nel 1935.
Progetti che realizzerà più tardi dopo essersi trasferito, nel 1946, a New York dove il suo genio innovatore fu definitivamente riconosciuto e dove Le Corbusier avrà modo di sviluppare l'idea dell'Unité d'Habitation, sulla quale stava lavorando appunto da circa 15 anni.
Tornato a Parigi rivoluzionerà il suo tradizionale atelier e nell'aprile 1947 fonderà l'ATBAT (acronimo per Atelier des Batisseurs), dal quale è escluso il cugino Pierre.
Altra grande rivoluzione avverrà quando Le Corbusier, nel febbraio del 1951, parte per il suo primo viaggio in India come consulente del Governo del Punjab per la realizzazione della nuova capitale Chandigarh, e sempre in quell'anno è invitato a un convegno a Milano, evento collaterale della Triennale, dove a conclusione della conferenza fu creato un Comitato Internazionale di Studio sulle Proporzioni nelle Arti, che elesse Le Corbusier come presidente.
Le Corbusier spiega le proporzioni del Modulor durante la IX Triennale di Milano nel 1951 - © FLC-ADAGP
Considerata a lungo strana e brutta, oggi la Cité Radieuse è stata rivalutata e ospita una ricchissima attività culturale.
Due anni prima della morte, avvenuta il 27 agosto 1965 a Roquebrune, in Costa Azzurra, colpito da crisi cardiaca mentre stava nuotando in mare, gli verrà conferita la Laurea Honoris Causa in Architettura da parte dell'Università di Firenze.
Le Corbusier sul tetto del cantiere dell'Unité d'Habitation de Marseille, 1947 © FLC/ADAGP
Tetto dell'Unité d'Habitation de Marseille, 2018 © Annalisa Santi 2018
Insomma condensare una bibliografia di un così poliedrico genio in poche righe è davvero ardua impresa e di tantissimi altri progetti e realizzazioni si dovrebbe parlare, che lascio invece alla curiosità del lettore (Fondation Le Corbusier).
Qui, come detto, mi soffermerò sull'aspetto "matematico" legato fortemente alla sua opera e soprattutto al Modulor e all'Unité d'Habitation.
Il Modulor
Le due scale, rossa e blu, del Modulor di Le Corbusier dove i numeri sono espressi in millimetri
Il Modulor è per Le Corbusier
"Una gamma di misure armoniose per soddisfare la dimensione umana, applicabile universalmente all'architettura e alle cose meccaniche"
Idea molto simile a quella di Protagora (filosofo greco del V secolo a.C.) secondo il quale "l’uomo è la misura di tutte le cose", con queste parole Le Corbusier definisce il Modulor, un’unità di 226 centimetri alla quale dedica “Le Modulor” pubblicato nel 1948 e “Modulor 2” nel 1955.
Le Corbusier menziona in "Le Modulor" le antiche misurazioni relative al corpo umano, quando evocava gli "strumenti" usati dai costruttori egiziani, caldeani o greci:
"....erano eterni e duraturi, preziosi perché erano collegati alla persona umana. I nomi di questi strumenti erano: gomito (cubito), dito (cifra), pollice (pollice), piede, passo e così via.
Diciamolo subito: formavano parte integrante del corpo umano, e per questo motivo erano adatti a servire come misure per le capanne, le case e i templi che dovevano essere costruiti"
Il termine Modulor deriva dalle parole francesi module (modulo) e or (section d'or).
Si tratta di una "griglia proporzionale" basata su due scelte fondamentali, una di tipo matematico, una di tipo antropomorfo.
Quest'ultima porta Le Corbusier ad associare alcune delle misure della griglia a misure del corpo umano, e ad assumere come valore di riferimento 183 cm., altezza di un uomo ideale.
L’idea è che lo spazio e gli oggetti devono accordarsi armoniosamente alla figura umana.
La scelta di tipo matematico consiste nel considerare lunghezze tali che il rapporto tra due consecutive sia φ il numero d'oro (Il prezioso gioiello irrazionale)
Indicando con a, b, c, d,.. grandezze successive si ha:
b/a=c/b=d/c=.....= φ (phi, φ, dal nome del matematico Leonardo Pisano detto Fibonacci che ne fece oggetto di studio)
e
c=a+b, d=b+c,.....
Anche se queste seconde uguaglianze non sempre sono esatte, operativamente, cioè nella pratica della costruzione architettonica, possono essere accettate come vere.
Parallelo tra la Serie di Fibonacci e le scale del Modulor
Tale rapporto è matematicamente definibile dalla proporzione
a:b=b:(a-b)
dove, dato un segmento a, si definisce sezione aurea b, il medio proporzionale tra l'intero segmento a e la parte rimanente (a-b), che vale appunto φ. Tra le numerosissime proprietà ha quella di dar luogo ad una successione di quantità in cui ciascuna è somma delle due precedenti e tende, al procedere nella successione, ad assumere φ come rapporto tra due contigue
La successione dei numeri considerata da Le Corbusier è una successione dunque che segue la legge dei numeri della serie di Fibonacci.
Così come Fibonacci costruisce la sua serie con i numeri:
F1 = 1 F2 = 1 F3 = 2 F4 = 3 F5 = 5 F6 = 8 F7 = 13 F8 = 21 F9 = 34 F10 = 55, ....
con φ = (√5 + 1)/2 = 1,618033989..... (numero irrazionale non periodico)
e
con φ = lim Fn+1/Fn
n→∞
Le Corbusier considera due scale di questo tipo, una ottenuta partendo da un quadrato di lato 113.
Da 113 deriva la sezione aurea pari a 70 (69,8) e inizia così una prima serie, che chiama rossa, con i numeri:
F1 = 4 F2 = 6 F3 = 10 F4 = 16 F5 = 27 F6 = 43 F7 = 70 F8 = 113 F9 = 183 F10 = 296....
L'altra serie, che chiama blu, la ottiene partendo da un rettangolo 113x226.
Da 226 deriva la sezione aurea 140 (139,7) e inizia così questa seconda serie con i numeri:
F1 = 13 F2 = 20 F3 = 33 F4 = 53 F5 = 86 F6 = 140 F7 = 226 F8 = 366 F9 = 592 .....
e una partendo da un rettangolo 226x113, scala blu
Il numero 226 (113x2), è preso come misura dell'uomo in piedi con il braccio alzato.
In questo modo viene associata alla determinazione aritmetica dei successivi termini, la costruzione geometrica effettuata partendo rispettivamente dal quadrato e dal rettangolo, così come risulta anche dai disegni con cui Le Corbusier spiegava agli allievi il suo modulor.
In pratica, il Modulor rappresenta un uomo alto circa 183 cm e con un braccio alzato (altezza totale = 226 cm) inserito in un quadrato.
- il rapporto tra la statura dell'uomo (183 cm) e la distanza dall'ombelico al suolo (113 cm) è pari a φ
- l'altezza totale (226 cm), compreso il braccio alzato, è divisa dal livello del polso dell'altro braccio secondo il rapporto aureo φ (140 cm / 86 cm)
- i due rapporti 113 cm /70 cm (serie rossa) e 140 cm / 86 cm (serie blu) sono ulteriormente suddivisi in dimensioni minori secondo appunto le regole della serie di Fibonacci (essendo ciascun numero uguale alla somma dei precedenti)
Ma ciò che conta, in definitiva, è che la ricorrenza dei valori permette un'infinità di combinazioni e quindi di applicazioni sia in architettura che in design.
Le Corbusier cancellò con un deciso segno rosso le espressioni del passato
Il Modulor comunque si inserisce all'interno della lunga tradizione che parte da Vitruvio, arriva all'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, ai lavori di Leon Battista Alberti e di tutti quei trattatisti che studiavano le proporzioni geometriche e matematiche del corpo umano per applicarle all’architettura con lo scopo di migliorare la bellezza e la funzionalità degli edifici.
Anche se, facendo una comparazione attraverso le proporzioni tra l'architettura e il corpo umano, Le Corbusier evidenzia la sua discendenza dalla Grecia classica e dagli artisti del Rinascimento, per quanto riguarda l'immagine architettonica cancellò con un deciso segno rosso, tracciato nel 1930, le espressioni del passato ricordando, oggettivamente, che queste erano "vivants et magnifiques à leur origine, ici ne sont plus che des cadavres".
Incontro tra Le Corbusier e Albert Einstein a Princeton nel 1946 - © FLC-ADAGP
"Il Modulor è una scala di proporzioni che rende difficile l’errore, facile il suo contrario" (Abert Einstein)
Un'ulteriore curiosità legata al Modulor è sicuramente l'importanza che Le Corbusier diede a un suo incontro con Albert Einstein.
Nel 1946 Le Corbusier incontrò infatti Albert Einstein a Princeton in occasione del viaggio a New York per presentare alle Nazioni Unite il suo progetto per la sede dell’ONU, che poi, per incomprensioni e dissapori, non venne approvato e fu invece realizzato da Oscar Niemeyer.
Le Corbusier era fiducioso, "pieno di speranza, era giunta l’ora, finalmente di fare grandi cose in questo grande paese" e contava molto sull'approvazione del grande fisico.
Purtroppo l'incontro non ebbe l'esito sperato e, a proposito di quell’incontro con il grande scienziato, anni dopo Le Corbusier ebbe a dire:
"Ho avuto il piacere di discutere del Modulor per una certa durata con il professor Albert Einstein a Princeton. Stavo attraversando un periodo di grande incertezza e di stress; mi sono espresso male, ho spiegato il Modulor male, mi sono impantanato nella palude di causa ed effetto … A un certo punto, Einstein prese una matita e cominciò a calcolare.
Stupidamente, lo interruppi, la conversazione si spostò su altre cose, il calcolo rimase incompiuto. L’amico che mi aveva portato era sprofondato nella disperazione. In una lettera scritta per me la sera stessa, Einstein ebbe la gentilezza di dire questo del Modulor:
«È una scala di proporzioni che rende difficile l’errore, facile il suo contrario».
Ci sono alcuni che pensano che questo giudizio sia ascientifico. Da parte mia, penso che sia straordinariamente perspicace. Si tratta di un gesto di amicizia da parte di un grande scienziato verso di noi che non siamo scienziati, ma soldati sul campo di battaglia.
Lo scienziato ci dice questa arma spara dritto: in materia di dimensionamento, cioè di proporzioni, rende l’esecuzione del compito più certo."
( Le Corbusier, The Modulor, Harvard University Press, Cambridge 1954)
Non è sicuramente possibile rapportare la visione di Le Corbusier a quella di Einstein circa la natura dello spazio/tempo relativistico, ma la chiarezza compositiva e l’attenersi a proporzioni armoniche pone il metodo di Le Corbusier in accordo con quello che era la ricerca di semplicità da parte di Einstein e la convinzione che la teoria più semplice sia la più bella e la più vera.
Collegabili entrambi al grande matematico, ultimo universalista, Jules Henri Poincaré che sosteneva che l’armonia e l’eleganza di una dimostrazione o di una soluzione sta nell’armonia delle diverse parti, nel loro equilibrio, ed è "tutto ciò che introduce un senso di ordine che dà unità, che ci mette in grado di vedere chiaramente e d’un solo colpo l’insieme e i dettagli, una soddisfazione estetica legata all’economia di pensiero".
L’Unité d’Habitation
La Cité Radieuse in costruzione 1948 - © FLC-ADAGP
Il Modulor implica anche un’architettura standardizzata, replicabile in serie, estremamente funzionale che darà origine all'Unité d'Habitation.
Il sistema "Modulor" del 1946 seguito dal "Modulor 2" del 1955, Le Corbusier lo applicò così in molti suoi progetti, come nella Unité d'Habitation a Marsiglia e nella città di Chandigarh in India.
Per molti anni Le Corbusier aveva teorizzato su un suo progetto di edificazione di complessi abitativi che, sviluppandosi verticalmente, offrissero servizio di veri e propri villaggi.
Concepiti per rispettare la vita individuale e familiare dovevano nello stesso tempo fornire le strutture per una vita collettiva aperta alla socializzazione.
Qui ovviamente entrano in gioco anche concetti geometrico/volumetrici che, da lui ricreati, daranno ulteriore fascino ai suoi progetti.
Per lui la realtà ha una matrice geometrica e i nostri sensi e la nostra mente ne sono impregnati e già nel 1923, nel saggio "Verso una architettura" aveva scritto queste parole:
"L’Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico, dei volumi assemblati nella luce.
I nostri occhi sono fatti per vedere le forme sotto la luce; ombre e luci rivelano le forme; i cubi, i coni, le sfere, i cilindri o le piramidi sono le grandi forme originarie che la luce rivela; la loro immagine ci appare netta, tangibile, senza ambiguità.
È per questo che sono belle forme, le più belle forme. Tutti concordano su questo, il bambino, il selvaggio, il metafisico.”
La "Cité Radieuse" situata al 280 di Boulvard Michelet, nell’VIII arrondissement
di Marsiglia - © Annalisa Santi 2018
di Marsiglia - © Annalisa Santi 2018
I "pilotis", uno dei suoi "cinque punti di una nuova architettura", cioè i pilastri che sorreggono
la Cité Radieuse, isolandola dal terreno - © Annalisa Santi 2018
Bassorilievi del Modulor nella Cité Radieuse di Marsiglia (1947-51) in cui viene usato per la prima voltaBassorilievo del Modulor nella Cité Radieuse di Marsiglia (1947-51) in cui viene usato per la prima volta
L’Unité d’Habitation di Marsiglia (1947-51) è la prima realizzazione di questo progetto a cui seguiranno altre analoghe (se ne costruiranno altre quattro a Rezé-Nantes, Firminy, Briey e Berlino) ed è in questa Unità che viene usato per la prima volta il Modulor.
Tanto che nei vani scala di questi edifici sono spesso presenti bassorilievi che richiamano l’uomo del Modulor.L'Unité d'Habitation de Marseille, conosciuta anche come Cité Radieuse, è un edificio civile di Marsiglia, progettato da Le Corbusier, in collaborazione con gli architetti André Wogenscky, Georges Candilis, Jacques Masson e l'ingegnere Vladimir Bodiansky.
Situato al 280 di Boulvard Michelet, nell’VIII arrondissement, tra mare e montagne, e localmente noto come "maison du fada" ("casa del matto"), il complesso residenziale si estende su un'area di circa 3.500 metri quadrati e misura 137 metri di lunghezza per 24 metri di larghezza e può contenere più di 1.500 abitanti.
Appartamento tipo della "Cité Radieuse" - © FLC-ADAGP
Corridoi interni della "Cité Radieuse" - © FLC-ADAGP
Quando fu inaugurata nel 1952, il New Yorker titolò “Marseille’s Folly”.
L'edificio si sviluppa su 18 piani, per un'altezza complessiva di 56 metri e osservando il basamento si può notare l'adozione di grandi pilastri di forma tronco-conica che sorreggono tutto il corpo di fabbrica, sostituendo i setti portanti. Inoltre, la loro funzione strutturale separa volutamente l'edificio dal suolo e, soprattutto, elimina definitivamente la presenza di abitazioni penalizzate dall'oscurità e dall'umidità derivanti dalla collocazione a terra.
Un parallelepipedo rettangolare in cemento armato grezzo appoggiato su dei pilastri, con all’interno tutto quello che serve per vivere: dalla scuola al cineclub, dalla panetteria al medico, dalla palestra alla biblioteca, e ovviamente gli appartamenti (337 appartamenti di 23 tipologie differenti: dal monolocale all’appartamento per dieci persone) però costruiti su due piani, come piccoli villini incastrati uno nell’altro, con una configurazione e volumi mai visti prima.
Una città verticale, così la immaginò il “pazzo” Le Corbusier, che la chiamò "Cité Radieuse" (Città Radiosa), perché affacciata a est e ovest in modo da avere il sole tutto il giorno.
Siccome all’inizio nessuno voleva andarci ad abitare, il progetto era infatti troppo avveniristico e incomprensibile per allora, con soluzioni tecnologiche che saranno messe a punto soltanto nei decenni a venire, Le Corbusier andò a parlare ai pionieri della Cité Radieuse e disse immodestamente:
"Ho riunito qui le condizioni della felicità"
E sicuramente sarebbe felice anche lui se potesse sapere che ora qui soffia ancora e si diffonde il suo spirito creativo, dopo l'apertura di un centro d'Arte "en plein ciel".
Infatti proprio sulla terrazza della sua "città verticale" l’8 giugno 2013, dopo tre anni di lavori di restauro costati 7 milioni di euro, finanziati da Ora-Ïto (Ito Morabito figlio del designer di gioielli Pascal Morabito), dai co-proprietari dell’edificio e dallo stato francese, è stato inaugurato il MaMo (da Marseille Modulor), un centro d’arte contemporanea di 600 metri quadrati.
Il "toit terrasse", cioè il tetto a terrazza con piscina, uno dei suoi "cinque punti di una nuova architettura",
della Cité Radieuse - © MaMo
Centro d'Arte Contemporanea MaMo sulla terrazza della Cité Radieus - © MaMo
Nella vicina Svizzera, la sua patria, Le Corbusier è amato e venerato come una gloria nazionale, tanto che sulle banconote da 10 Franchi, tra le più diffuse, è stampato il suo volto, il suo Modulor e la sua Unité d'Habitation.
- il Modulor
- l'Unité d'Habitation
- la pianta del distretto governativo della città indiana di Chandigarh, con il palazzo della segreteria di Chandigarh, il più importante edificio progettato da Le Corbusier e con l'atrio d'ingresso del palazzo di giustizia di Chandigarh in cui si evidenziano i tre principi strutturali: la configurazione plastica, la predilezione per le rampe come elemento di congiunzione tra i piani di un edificio, nonché il rapporto dinamico tra l'interno e l'esterno
Banconota da 10 Franchi, 8a emissione del 1997, della Banca Nazionale Svizzera
Purtroppo in Italia abbiamo perso tre occasioni per avere grandi opere di Le Corbusier e una, proprio legata alla matematica o, per meglio dire, alla futura informatica, è l'“Usine Verte” (la "Fabbrica verde") che Le Corbusier progettò per Olivetti a Rho (Milano), nei primi anni Sessanta, e che avrebbe potuto essere la Apple italiana.
L’iter progettuale venne però subito fortemente condizionato dalla improvvisa e misteriosa morte di Adriano Olivetti, avvenuta su un treno nel 1960 in viaggio per Losanna in cerca di finanziamenti, e sarà il figlio a portare avanti il rapporto con il maestro svizzero e i suoi collaboratori, ma il progetto fu destinato a rimanere sulla carta in seguito anche al sopraggiungere di una grave crisi aziendale (Le Corbusier e Olivetti di Silvia Bodei)
Le Corbu amava l'Italia, che fu per lui fonte d'interesse, suggestione e ispirazione nei 16 viaggi che vi fece e tra le ultime tappe, tre lo portano a sviluppare concretamente dei progetti per l'Italia: quello appunto per il Centro di calcolo elettronico Olivetti a Rho (Milano, 1961-63), per una nuova chiesa a Bologna (1963-65) e per il nuovo ospedale di Venezia (1964-65), che si conclusero purtroppo tutti col fallimento dell'iniziativa, per differenti problemi sia legati alla committenza che per la morte dell'architetto nel 1965.
Le Corbusier, progetto per il Centro Calcolo Elettronico Olivetti a Rho, marzo 1963 - © Silvia Bodei
Le Corbusier, progetto per il Centro Calcolo Elettronico Olivetti a Rho.
Note
¹ Lo pseudonimo di Le Corbusier venne coniato sotto indicazione di Amédée Ozenfant nell'autunno del 1920. Inizialmente venne adottato solo per firmare articoli d'architettura sull'Esprit Nouveau, i cui unici curatori erano Ozenfant e Jeanneret, che usavano molti pseudonimi per dissimulare il fatto che gli autori fossero solo loro. L'origine di questo è largamente documentata: dato che Ozenfant per realizzare il proprio pseudonimo aveva preso spunto dal cognome materno, consigliò a Jeanneret di fare altrettanto: questi non poté ascoltare il suo consiglio poiché aveva compiuto i propri studi nello studio di Auguste Perret, che aveva lo stesso cognome della madre. Egli quindi trasse spunto da "Lecorbesier", il cui ritratto era posto nella casa dove aveva passato l'infanzia. La e venne mutata in u sotto consiglio di Ozenfant; il soprannome risultò gradito a Jeanneret poiché gli ricordava quello del maestro (L'Eplattenier).
È talvolta noto anche semplicemente come Le Corbu per abbreviazione del suo soprannome: tale storpiatura, complice un gioco di parole con la parola corvo (in francese corbeau) comportò la sua abitudine di firmare con questa sigla le sue lettere informali, oppure abbozzando la sagoma di un corvo; dall'abbreviazione della storpiatura del suo soprannome deriva la forma Le Corb, diffusa soprattutto in inglese.
Fonti
From the book
L'Urbanistica di Le Corbusier di Amedeo Petrilli - Ed Marsilio 2006
Le Corbusier e Olivetti di Silvia Bodei - Ed Quodlibet 2014
From website
http://www.fondationlecorbusier.fr/
http://arti.sba.uniroma3.it/esprit/
https://www.archdaily.com/167240/le-corbusier-meets-albert-einstein
https://it.wikipedia.org
From the pictures
© FLC-ADAGP
© L’Italia di Le Corbusier - MAXXI.it
© MaMo.fr
© SNB.ch
© Silvia Bodei
© Annalisa Santi
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