giovedì 26 aprile 2018

L'uomo matematico di Robert Musil

"La matematica è un'ostentazione di audacia della pura ratio; uno dei pochi lussi oggi ancora possibili"

Questo saggio "L'uomo Matematico" di Robert Musil, evidenzia come il suo approccio con la matematica consista principalmente in due diverse operazioni concettuali: da un lato, identifica gli aspetti irrazionali e passionali di questa scienza, d'altra parte, suggerisce anche l'uso della matematica e la sua duplice natura per risolvere il conflitto tra la sfera emotiva e quella intellettuale dell'uomo, che per lui rappresentava la causa fondamentale della crisi della modernità.



Tra le molte sciocchezze che fa dire, sulla matematica, l'ignoranza della sua vera natura, ce n'è una che consiste nel qualificare i grandi capitani  come "matematici del campo di battaglia". In effetti, se si vuole evitare la catastrofe, bisogna che i loro calcoli logici non superino l'innocente semplicità delle quattro operazioni. L'improvvisa necessità di una deduzione così moderatamente sottile e complessa, come risolvere una semplice equazione differenziale, costerebbe la vita a migliaia di uomini.

Non è per attaccare la strategia, ma è per difendere la singolarità della matematica. Si dice che rappresenti per il pensiero il massimo dell'economia, e senza dubbio ciò è esatto. Ma il fatto stesso di pensare è una questione oscura e problematica. È diventato da tempo (anche se inizialmente è stato un semplice risparmio biologico) una passione complessa da spendere, che non si preoccupa più dell'aggiornamento del risultato di quanto all'avaro della sua povertà, lentamente, voluttuosamente, convertito al suo contrario.

La matematica consente, in condizioni favorevoli, di eseguire in pochi istanti un'operazione, come l'addizione di una serie infinita, che non sarebbe mai possibile completare diversamente. Si possono eseguire a macchina calcoli logaritmici complessi fino alle integrazioni; il lavoro del calcolatore (di colui che calcola) moderno si limita alla disposizione dei dati del problema e alla rotazione di una manovella o alla pressione di un pulsante. Così, un semplice assistente è in grado di esplicare problemi che il suo insegnante, solo duecento anni fa, non avrebbe potuto risolvere senza consultare Newton a Londra o Leibniz ad Hannover. E anche per i problemi che la macchina non è ancora in grado di risolvere (naturalmente, molti di più), si può considerare la matematica come un ideale apparato intellettuale il cui scopo e successo è quello di prevedere, dai principi, tutti casi possibili. 

Questo è il trionfo dell'organizzazione razionale. Alle grandi strade della ragione, minacciate dal maltempo e dai briganti, sono state sostituite le linee di vagoni letto. Dal punto di vista dell'epistemologia, non c'è dubbio che sia un'economia. 

Ci si è chiesto quale proporzione di questi casi possibili serva realmente. Si è calcolato quanta vita umana, denaro, fatica e ambizione siano stati spesi nella storia di questo enorme sistema di risparmio, quanti ve ne sono ancora investiti e dovrebbero esserlo, se non altro per non perderne l'acquisizione; e si è fatto un tentativo per bilanciarli con profitto. Ancora una volta, questo dispositivo, certamente complicato, ingombrante, si è dimostrato economico e propriamente incomparabile. La nostra intera civiltà gli deve la sua esistenza, e non possiamo sapere con quali altri mezzi potrà essere sostituita; soddisfa pienamente ai bisogni a cui risponde, e la generosità del suo funzionamento a vuoto è uno di quei fatti unici che vanno oltre le critiche. 

Bisogna quindi distogliere lo sguardo dai profitti estrinsechi, applicarlo, anche all'interno della matematica, alla distribuzione degli elementi rimasti inutilizzati, per scoprire l'altro volto, il vero volto di questa scienza. Quindi, niente meno che efficace, si rivela di natura dispendiosa e appassionata. L'uomo medio usa poco più di quanto la scuola primaria gli abbia insegnato; l'ingegnere, quel tanto che basta per ritrovarsi nelle colonne delle formule dei manuali tecnici, cioè non molto; il fisico stesso di solito lavora con mezzi matematici relativamente poco differenti. Ne hanno bisogno in modo diverso, sono per lo più dipendenti da loro stessi, perché i matematici sono meno interessati a tali adattamenti. Ecco come, nei numerosi domini di questa scienza (aree d'importanza pratica incontestabile), gli specialisti si trovano a essere dei non-matematici. 

Ma ci sono regni incommensurabili che sono lì solo per il matematico: un'enorme rete neurale si è accumulata attorno ai punti di partenza di alcuni muscoli rari. È da qualche parte là dentro che il matematico lavora isolato: le sue finestre non danno all'esterno, ma nelle stanze vicine. È uno specialista: perché nessun genio è in grado di controllare tutto. Senza dubbio pensa che un giorno il suo lavoro porterà qualche vantaggio sfruttabile, ma non è ciò che lo stimola; è al servizio della verità, cioè del destino in sè, non del fine di questo destino. Il risultato pratico della sua attività sarebbe un miracolo di economia, ciò che vive in esso è prodigalità e passione.

La matematica è un'ostentazione di audacia della pura ratio; uno dei pochi lussi oggi ancora possibili. Anche i filologi si dedicano spesso ad attività nelle quali essi per primi non intravedono il minimo profitto, per non parlare dei filatelici e dei collezionisti di cravatte. Ma si tratta di manie innocenti che si sviluppano molto lontano dalle cose serie della vita, mentre la matematica proprio in esse abbraccia alcune delle avventure più appassionanti e incisive dell'esistenza umana. Un piccolo esempio: praticamente, si può dire che viviamo interamente dai risultati di questa scienza, di cui essa stessa si disinteressa completamente. Cuociamo il pane, costruiamo le case e facciamo andare avanti i mezzi di locomozione, grazie a lei. Ad eccezione di alcuni manufatti: mobili, vestiti, scarpe fatti a mano e bambini, tutto ci viene fornito dal coinvolgimento delle operazioni matematiche. Tutta questa vita intorno a noi che corre, circola o resta immobile, non solo dipende dalla matematica per la sua comprensione: elle ne è effettivamente il ​​prodotto, si basa, nell'infinita varietà delle sue determinazioni, su di lei. I pionieri della matematica crearono, da alcuni elementi di base, delle rappresentazioni utilizzabili: da questi derivarono  inferenze, sistemi di calcolo e risultati che i fisici adottarono per nuove scoperte; infine arrivarono ​​i tecnici, che spesso si sono accontentati di aggiungere a questi risultati alcuni calcoli supplementari e fecero apparire le macchine. Ora, quando tutto ciò aveva preso la forma più bella del mondo, i matematici - infaticabili ricercatori teorici -giunsero alla conclusione che qualcosa nelle fondamenta dell'intera faccenda era assolutamente fuori luogo: e trovarono, andando al fondo delle cose, che l'intero edificio poggiava sul nulla! Ma le macchine stavano funzionando ... Eccoci dunque ridotti ad accettare che la nostra esistenza sia pura fantasmagoria; la viviamo, certo, ma solo sulla base di un errore senza il quale non esisterebbe! Nessun uomo oggi è più vicino al fantastico del matematico. 

Questo scandalo intellettuale, il matematico lo imputa, in modo esemplare, cioè con fiducia e orgoglio, alla natura diabolicamente pericolosa della sua intelligenza. Potrei citare altri esempi, come l'inesorabilità con cui i fisici hanno a volte negato la realtà dello spazio e del tempo. E questo, non certo per aria, come accade ai filosofi (che sono immediatamente scusati per la loro professione), ma facendo affidamento su ragioni che all'improvviso, come la presenza di un'automobile di fronte a te, è terribilmente degno di fede. Ma questo è sufficiente per capire di chi ci stiamo occupando. 

Quanto a noi, sin dall'Illuminismo, abbiamo perso il coraggio. Un piccolo insuccesso è bastato a disgustarci dell'intelligenza, e lasciamo che il primo uomo esaltato venga a tacciare di razionalismo vuoto il tentativo di un Diderot o di un D'Alembert.  Ribolliamo per il sentimento contro l'intelletto, dimenticando che il sentimento senza intelletto - con rare eccezioni - è una vescica di grasso. Abbiamo già danneggiato così seriamente la nostra poesia, che dopo aver ingoiato due romanzi tedeschi uno dopo l'altro, tutto ciò che dobbiamo fare è risolvere rapidamente un integrale, per sgonfiarlo. 

Non veniteci a dire che i matematici, fuori dalla loro specialità, sono esseri banali o stupidi, a cui la loro stessa logica non serve a niente. È che la loro logica non ha più un posto e che essi fanno nel loro campo ciò che dovremmo noi fare nel nostro. Questa è la lezione considerevole ed esemplare della loro esistenza: sono un'analogia dell'uomo spirituale che verrà. 

Per poco che questa serietà abbia superato le battute permesse qui a proposito di loro, le seguenti conclusioni non sembreranno troppo inattese. Ci lamentiamo che non esiste una cultura del nostro tempo. Questo può essere inteso in modo diverso; ma fondamentalmente la cultura è sempre stata un'unità o attraverso la religione o attraverso una forma sociale o attraverso persino l'arte. Siamo diventati troppo numerosi per una società; troppo numerosi anche per una religione (cosa che qui possiamo solo affermare, non provare). E per quanto riguarda l'arte, il tempo in cui viviamo è il primo che non può amare i suoi artisti. Tuttavia, questa stessa epoca non solo vede attive energie intellettuali quali non ce ne sono state mai, ma è venuta a conoscenza anche di un'armonia e di un'unità della mente finora insospettabili. Pretendere che tutto ciò non riguardi che un sapere limitato sarebbe stupido: da molto tempo ormai, il vero obiettivo è il pensiero in generale. Senza dubbio questa forma di pensiero, con le sue esigenze di profondità, audacia e novità, è per il momento limitata al dominio esclusivamente razionale e scientifico. Ma questa mente si divora su se stessa e non appena afferra il sentimento, diventa spirito. Ai poeti è possibile fare questo passo. Per fare questo, non devono imparare alcun metodo (psicologico, per amor di Dio o cose del genere); solo per imporre le loro necessità. Invece, essi si accontentano di considerare la loro situazione con perplessità e si consolano bestemmiando. E se i contemporanei non possono più, da soli, trasferire il loro livello di pensiero nell'umano, percepiscono ciò che è sotto il loro livello.

[Traduzione di Annalisa Santi da Der mathematische Mensch saggio di Robert Musil, pubblicato, in modo anonimo, sulla rivista Der lose Vogel (n. 10/12, aprile-maggio 1913)]


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