Ci sono almeno due ragioni perché per questo 14 marzo, giorno dedicato al pi greco, io parli di un grande matematico, Oscar Chisini.
Una ragione sta nel fatto che, come Einstein, nacque in questo giorno ma dieci anni dopo, nel 1889, l'altra è che nella sua teoria elementare degli isoperimetri il pi greco è protagonista.
Ce ne sarebbe anche una terza, legata ai miei ricordi universitari, quella dell'aula dell'allora Facoltà di Matematica (oggi Dipartimento) di via Saldini 50 a Milano, a lui dedicata.
Terzo figlio di una famiglia di origini nobili veneziane, Oscar Chisini nasce a Bergamo appunto il 14 marzo 1889.
Il padre era un militare in servizio permanente e la famiglia ne seguì le tappe della sua carriera e, dopo gli studi classici prima a Ravenna e poi a Bologna (all’epoca in Italia vi era un unico tipo di Liceo nel quale l’insegnamento del Latino e del Greco erano obbligatori), Oscar si iscrive all’Università a Bologna, prima a Ingegneria e poi passa a Matematica, dove sotto l'ala del grande Federigo Enriques si laurerà nel 1912.
Collaborando proprio col grande Federico Enriques, prima di partire volontario nella prima guerra mondiale, nel 1915, vede pubblicato il primo volume delle "Lezioni sulla teoria delle funzioni e delle equazioni algebriche", che avrà 4 volumi e diventerà nota come l’Enriques-Chisini.
I quattro volumi di questa monografia, iniziata appunto nel 1915 e terminata nel 1934 (I-1915, II-1918, III-1924, IV-1934), furono concepiti in quello che Chisini chiamava un modo peripatetico, cioè camminare sotto i portici di Bologna con Enriques che forse si fermava a scrivere sul pavimento con la punta dell'ombrello, tanto da far nascere in lui l'idea che "la geometria ti insegna come eseguire il ragionamento corretto sull'immagine sbagliata".
La sua collaborazione con il grande Enriques fu per Oscar molto importante, sia per la sua formazione scientifica che didattica, un grande alla cui morte, nel giugno del 1946, Chisini dedicò queste parole:
"Si è perduto, con la scomparsa di Federico Enriques, il matematico italiano che più si accosta ai grandi filosofi antichi per ampiezza di vedute e profondità di pensiero, si è perduto un maestro particolarmente generoso e affettuoso con i suoi allievi, un giudice acuto e imparziale, un uomo che, pur conscio del proprio valore, era modesto e, soprattutto, era buono: così la sua dipartita fu pianta da quanti veramente lo conobbero e molti ne rimasero sbigottiti, tanto che ancor ora non sanno persuadersi che tanta luce di pensiero sia spenta per sempre"
La sua partecipazione alla guerra, come ufficiale dell'artiglieria alpina, gli fa interrompere questa sua collaborazione e rallentare la carriera, anche se, come la maggior parte dei matematici coinvolti direttamente nel conflitto, Chisini mette le proprie conoscenze a profitto nella soluzione di problemi militari e inventa e brevetta un telemetro logaritmico per la determinazione della quota degli aerei in volo mediante una proiezione bicentrale.
A guerra conclusa, conseguita la libera docenza nel 1918, ricoprì vari incarichi d'insegnamento nelle Università di Bologna e Modena e nel 1923 vinse il concorso per la cattedra di Geometria dell'Università di Cagliari, passando poi nel 1925 a quella di Algebra e Geometria analitica.
Dopo essere passato, dal 1925, al Politecnico di Milano, nel 1929 Chisini fondò, assieme a Gian Antonio Maggi e Giulio Vivanti, l'Istituto di Matematica dell'Università degli Studi di Milano, e ne tenne la posizione di direttore dai primi anni trenta fino al 1959.
Nel 1952 fece in modo che l'Istituto di Milano venisse dedicato alla memoria di Federigo Enriques e l'istituto di Matematica ha mantenuto tale nome anche dopo essere divenuto il Dipartimento di Matematica a partire dal 1982.
Chisini si impegnò molto nella didattica e nella divulgazione della matematica, scrivendo vari manuali universitari (in particolare "Lezioni di geometria analitica e proiettiva", di cui la prima edizione è del 1944) e testi per le scuole secondarie.
Fu uno dei principali contributori all'Enciclopedia Italiana e dal 1946 al 1967 fu direttore della rivista "Il Periodico di matematiche", organo della Società Mathesis e fu uno dei maggiori esponenti della scuola italiana di geometria algebrica.
Tra i suoi allievi, che furono anche validissimi professori negli anni in cui io frequentai la Facoltà (oggi Dipartimento) di Matematica, vanno ricordati Bruno de Finetti, Carlo Felice Manara, Modesto Dedò, Ermanno Marchionna e Cesarina Tibiletti Marchionna.
Come racconta proprio Carlo Felice Manara (Biografia, estratto dal "Periodico di Matematiche" ), Chisini univa spesso agli argomenti matematici delle sue lezioni, lunghi passaggi della Divina Commedia di Dante, dovuti alla sua dotta preparazione classica.
Uno dei suoi biografi, Eugenio Giuseppe Togliatti, evidenzia come l'attività di Oscar Chisini nelle scienze matematiche sia stata triplice: ricerca scientifica nel campo della geometria algebrica, ricostruzione originale di alto livello di teorie matematiche e coinvolgimento attivo nell'insegnamento della matematica.
Fu proprio quest'ultimo a portarlo a riflettere sulla nozione di media, dandone infine una definizione originale nel 1929 che fu prima apprezzata e adottata dal suo allievo Bruno de Finetti e poi divenuta punto di riferimento in statistica come "media Chisini".
Inoltre Oscar Chisini è internazionalmente conosciuto per i suoi lavori in Geometria algebrica tra cui l’introduzione del concetto di treccia caratteristica di una curva piana (Trecce di Chisini).
Sempre nell'ambito del suo lavoro di insegnante e divulgatore scrisse molti articoli e libri su vari aspetti della matematica elementare.
Proprio sulla rivista "Il Periodico di matematiche" pubblicò importanti articolo: "Sul principio di continuità" (1956), una lezione espositiva sul principio di continuità nella geometria algebrica, a partire dalle idee di Keplero, "La superficie cubica (1957), una trattazione chiara ed originale delle principali proprietà delle superfici cubiche, presentandola come introduzione preliminare allo studio della geometria algebrica e "Isoperimetri" (1960) che contiene pensieri elementari sul problema isoperimetrico piano.
E così, dopo queste note biografiche, arrivo a parlare di quel secondo motivo per cui proprio in questo pi day parlo del grande matematico Oscar Chisini, vale a dire la sua teoria elementare degli isoperimetri, dove appunto pi greco è protagonista, "Sulla teoria elementare degli isoperimetri", che pubblicò in "Questioni riguardanti le Matematiche elementari" curato da F. Enriques (edited by Zanichelli, Bologna, 1914, 541-639)
"Sulla teoria elementare degli isoperimetri"
Problema
Se si ha un pezzo di corda di lunghezza data, diciamo l, qual è la superficie più grande che vi può essere racchiusa?
Il problema facile da esprimere non è semplice da risolvere!
Analizziamo la disuguaglianza isoperimetrica nel piano
Nota¹ sulla Superficie del cerchio - Immagine © Paola Gario
Ma si sa che π è più piccolo di 4, dunque l’area del cerchio è più grande dell’area del quadrato.
L’area S del quadrato è minore dell’area del cerchio,
S ⩽ l²/4π o anche che 4πS ⩽ l²
La disuguaglianza isoperimetrica dice che, qualunque sia la forma che la corda va a contornare, la superficie S che si ottiene verifica la disuguaglianza 4πS ⩽ l²
Immagine © Paola Gario
Il problema ha un enunciato duale, cercare il perimetro minimo che racchiude una data area, e i due problemi sono equivalenti.
Isoperimetri si diranno dunque le figure il cui contorno abbia ugual lunghezza ricordando che la parola "isoperimetri" è parola del linguaggio tecnico di origine greca (ἴσος = uguale, περί = intorno, μέτρον = misura).
Nello spazio è la sfera che realizza il più gran volume e la disuguaglianza isoperimetrica si scrive:
36πV² ⩽ S³
Il problema ha una storia antica e viene fatto risalire al mito della fondazione di Cartagine nel 814 a.C. e alla sua regina Didone, come riporta Virgilio nell'Eneide (libro I, 365-369).
eseguito indicativamente nel 1720 e conservato nella collezione del Museo Nazionale
Ermitage di San Pietroburgo, in Russia.
Collegato al problema isoperimetrico e molto simile, anche se immerso nel mito, è infatti il cosiddetto problema di Didone, legato alla fondazione di Cartagine.
Didone fu la mitica fondatrice della città di Cartagine, della quale si hanno notizie da alcuni storici romani, anche se il resoconto più noto delle vicende che la videro protagonista è quello messo in poesia da Virgilio, che così ci racconta.
La principessa fenicia Didone (conosciuta anche come Elissa) fuggì con alcuni fedelissimi dalla città natale di Tiro dopo aver scoperto che il re Pigmalione (suo fratello) aveva assassinato suo marito Sicheo; dopo un lungo viaggio approdò sulle coste dell’Africa settentrionale (in Libia). Qui contattò il re locale Iarba per l’acquisto di un appezzamento di terra su cui costruire una nuova città ed egli, per tutta risposta, le affidò una pelle di toro e le disse che poteva prendere tanto terreno quanto tale pelle potesse racchiuderne.
“Devenere locos ubi nunc ingentia cernis Moenia sergentemque novae Karthaginis arcem, mercatique, solum, facti de nomine Byrsam, taurino quantum possent circumdare tergo. Sed vos qui tandem? quibus aut venistis ab oris? quove tenetis iter?”
("Giunsero ai luoghi dove ora vedi enormi mura e la nascente fortezza della nuova Cartagine e comprarono tanta terra quanto una pelle di toro potesse circondarne, per questo [il 'luogo fu chiamato'] Birsa² dal nome dell'accaduto. Ma voi chi mai siete? da quali spiagge veniste? dove volgete la rotta?")
Virgilio non descrive dettagliatamente come Didone risolse il problema della pelle di toro, tuttavia la tradizione tramanda che la principessa, senza perdersi d’animo, escogitò un astuto stratagemma per accaparrarsi un terreno quanto più vasto fosse possibile, includente la collina su cui costruire la rocca. Didone ordinò che la pelle fosse tagliata in listarelle sottili, le quali fossero legate insieme ai capi per formare una lunga corda.
Con tale corda, la principessa fece congiungere le rive dai lati opposti dell’altura, acquisendo così la proprietà della collina ed un comodo sbocco sul mare; inoltre viene specificato che Didone fece disporre la corda a forma di semicerchio in modo da racchiudere la maggior area possibile.
Ecco così spiegati l’origine ed il nome del problema di Didone:
Tra tutte le curve della stessa lunghezza aventi estremi su una retta assegnata, determinare quelle che delimitano con la retta la figura piana d’area maggiore.
e del suo “duale”:
Tra tutte le curve aventi estremi su una retta assegnata che delimitano con la retta figure piane della stessa area, determinare quelle che hanno lunghezza minore.
C’è una stretta correlazione tra il problema di Didone ed il problema isoperimetrico: infatti, se Γ è una curva che risolve il problema di Didone, allora la figura che si ottiene riflettendo rispetto alla retta assegnata quella determinata da Γ è necessariamente una soluzione di un problema isoperimetrico. Parimenti, se si taglia a metà con una retta una figura che risolve il problema isoperimetrico si ottiene una figura il cui bordo curvo è necessariamente la soluzione di un problema di Didone.
Ma le prime congetture circa le soluzioni del problema hanno origine molto più antica e sicuramente precedente alla storia di Didone, anche se i primi risultati nella determinazione delle soluzioni sono da attribuirsi al matematico greco Zenodoro (ca. 200–140 a.C.) il quale, con ragionamenti di tipo geometrico sintetico, riuscì a dimostrare che il cerchio ha area maggiore di ogni poligono (regolare o no) avente lo stesso perimetro.
Sebbene tale risultato fosse tutt’altro che completo, esso portò i geometri a formulare il cosiddetto teorema isoperimetrico classico:
“Tra tutte le figure piane aventi lo stesso perimetro, il cerchio è quella d’area massima”
Zenodoro è infatti noto come l'autore del trattato "Sulle figure isometriche", oggi perduto, ma fortunatamente, conosciamo molte delle sue intuizioni grazie al Libro V delle "Collezioni matematiche" di Pappo che riporta 14 sue proposizioni, citate anche nei "Commentari dell'Almagesto" di Teone di Alessandria.
Le proposizioni più importanti da lui testate sono:
Di tutti i poligoni regolari di uguale perimetro, quello con l'area maggiore ha il maggior numero di angoli.
Un cerchio è più grande di qualsiasi poligono regolare di contorno uguale.
Di tutti i poligoni dello stesso numero di lati e perimetro uguale, quello equilatero ed equiangolare è l'area maggiore.
Di tutte le figure solide le cui superfici sono uguali, la sfera è la più grande nel contenuto solido.
Oscar Chisini dà un’esposizione profonda del problema prima nel piano, poi nello spazio, partendo dagli antichi.
Esamina i problemi isoperimetrici di Pappo e tratta una prima dimostrazione del teorema che si attribuisce a Zenodoro.
Poi passa ai contributi moderni alla teoria elementare, evidenziando i nodi critici del passaggio rettilineo/curvilineo.
Esamina gli importanti contributi di Gabriel Cramer e di Jakob Steiner e, soffermandosi sul suo "metodo di simmetrizzazione" e sulle sue criticità, analizza il metodo della "dilatazione parallela" di Hermann Minkowski.
Le dimostrazioni classiche, comprese quelle di Steiner, hanno però una lacuna a cui gli sviluppi moderni dell’analisi superiore hanno dato soluzione.
Esse ammettono l’esistenza di una figura di area massima tra quelle di dato perimetro (di un n-gono di area massima, piuttosto che di una curva di area massima).
Le dimostrazioni classiche, secondo Chisini, possono essere "interpretate come procedimenti di trasformazioni che conducono a serie illimitate di figure convergenti verso una figura limite"
"Con ciò la teoria stessa potrebbe ritenersi esaurita; ma si affaccia naturale la domanda se gli stessi teoremi non possano rendersi indipendenti dall’esistenza del massimo [… ]. Ho potuto rispondere a questa domanda limitandomi all’uso di procedimenti affatto elementari ed euclidei, e presento quindi i risultati così ottenuti come a coronamento dell’edificio".
Non mi dilungo nella spiegazione ma lascio il link a un'esauriente trattazione dello stesso Oscar Chisini per l'Enciclopedia Italiana (1933) riportata da Treccani, tratta dal suo capitolo "Sulla teoria elementare degli isoperimetri", in "Questioni riguardanti le matematiche elementari" di F. Enriques (parte 3ª, Bologna 1927, pagine 201-310).
Note
¹ La superficie del cerchio, come noto, equivale a πr² ed essedo r=l/2π si ha:
Sup = π(l/2π)²= πl²/4π²= l²/4π
² La zona ricevette il nome di Birsa (che in greco significa 'pelle' o 'cuoio' ), dal sostantivo 'pelle' (per l'appunto 'byrsa'), che era, se così si può dire, il nome del fatto, ossia il termine centrale che indicava cosa era accaduto.
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