martedì 25 maggio 2021

Il "marziano" Paul Halmos, il matematico con la passione per i gatti e la fotografia

"Marziani" era il termine usato per riferirsi a un gruppo di eminenti scienziati ebrei ungheresi (principalmente fisici e matematici, ma non solo) emigrati negli Stati Uniti nella prima metà del XX secolo, vale a dire dopo la Grande Purga del 1933.
Gli scienziati ungheresi erano apparentemente superumani nell'intelletto, parlavano una lingua madre incomprensibile e provenivano da un piccolo paese oscuro, e ciò li portò a essere chiamati "marziani", un nome che adottarono scherzosamente.

Nell'immagine (partendo da sinistra in alto):
John von Neumann, Paul Erdős, Eugene Wigner e Edward Teller, Leó Szilárd,
 Theodore von Kármán, Paul Halmos, George Polya e John G. Kemeny


Lo scherzo, sostenuto da John von Neumann, consisteva anche nel fatto che gli scienziati ungheresi fossero in realtà discendenti di una forza scout marziana, sbarcata a Budapest intorno all'anno 1900, che in seguito se ne fosse andata dopo aver ritenuto il pianeta inadatto, ma lasciando dietro di sé i figli di diverse donne terrestri, bambini che divennero tutti famosi scienziati. 


Immagine di Halmos col gatto Roger 1970
©The Paul R. Halmos Papers at the Archives of American Mathematics.

Paul Richard Halmos (3 marzo 1916 - 2 ottobre 2006) è stato un matematico americano di origine ungherese che fece progressi fondamentali nelle aree della logica matematica, teoria della probabilità, statistica, teoria degli operatori, teoria ergodica, e analisi funzionale (in particolare, spazi di Hilbert ) ed è stato descritto appunto come uno dei marziani, noto per alcuni dei suoi libri di testo e per la sua collezione di fotografie di matematici.


Immagine di Halmos col gatto Roger 1970
©The Paul R. Halmos Papers at the Archives of American Mathematics.

Ma qui non voglio parlare dei suoi vastissimi contributi matematici ma di due curiosità che lo resero famoso. 
Oltre alla sua passione per i gatti, una è quella appunto della sua passione per la fotografia.
Paul R. Halmos si è infatti divertito a scattare fotografie dei matematici che ha incontrato in tutto il mondo e nei suoi vari campus negli Stati Uniti, tanto che nel 2011, 343 delle foto di Halmos, fatte tra il 1943 e il 1988, sono state digitalizzate dagli Archives of American Mathematics.
Halmos ha fotografato matematici, i loro coniugi, i loro fratelli e sorelle e altri parenti, i loro uffici, i loro cani e gatti...e delle circa 6000 fotografie della sua collezione, Halmos ne ha scelte circa 600 per il libro "I have a photographic Memory".


Copertina del libro "I have a photographic Memory".

Le immagini sono scatti sinceri che mostrano che i matematici sono semplicemente se stessi e le didascalie di accompagnamento, oltre a identificare i soggetti, contengono aneddoti e frammenti di storia che rivelano l'arguzia, il fascino e l'intuizione inimitabili di Halmos. 
Questo libro non è solo una deliziosa raccolta di cimeli matematici ma è anche un prezioso documento storico.
L'altra è ricordata nelle memorie dello stesso Halmos in cui afferma di aver inventato la notazione "iff" per le parole "se e solo se" e di essere stato il primo ad adottare la notazione "tombstone" ("lapide") per indicare la fine di una dimostrazione.
In matematica al posto dell'abbreviazione tradizionale "Q.E.D", "Quod Erat Demostrandum", che significa "che doveva essere dimostrato" (in italiano spesso sostituito da un meno dotto "C.V.D", "Come Volevasi Dimostrare") si usa anche il "tombstone" (la "lapide"), o appunto "halmos", "∎" (o "□") per denotare la fine di una dimostrazione.

La sua forma grafica varia, in quanto può essere 
un quadrato o un rettangolo pieno o vuoto

A volte quindi è chiamato "simbolo di finalità Halmos" o "halmos" dal nome del matematico che per primo lo usò in un contesto matematico nel 1950, avendo l'idea di introdurlo vedendo che veniva usato per indicare il fine di articoli su riviste. 
Nel suo libro di memorie "Voglio essere un matematico" scrisse:
"Il simbolo non è sicuramente una mia invenzione: è apparso su riviste popolari (non di matematica) prima che lo adottassi, ma, ancora una volta, mi sembra di averlo introdotto per primo in matematica. È il simbolo che a volte assomiglia a ▯, ed è usato per indicare una fine, di solito la fine di una dimostrazione. Il più delle volte è chiamato lapide, ma almeno un autore generoso lo ha definito halmos."

Non posso concludere questo breve post se non citando la risposta di Halmos alla domanda su cosa significasse per lui la matematica:
"It is security. Certainty. Truth. Beauty. Insight. Structure. Architecture. I see mathematics, the part of human knowledge that I call mathematics, as one thing - one great, glorious thing." 
Aggiungo questo video di 44 minuti che contiene una rara intervista di Peter Renz a Paul Halmos, in cui rivela i suoi pensieri sulla matematica e su come insegnarla e scriverne.




 

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