mercoledì 30 agosto 2017

La matematica diventa magia...nel "Laberinto"

"Solo nelle scienze matematiche, come dice Averroè, si identificano le cose note per noi e quelle note in modo assoluto. Le conoscenze matematiche sono proposizioni costruite dal nostro intelletto in modo da funzionare sempre come vere, o perché sono innate o perché la matematica è stata inventata prima delle altre scienze. E la biblioteca è stata costruita da una mente umana che pensava in modo matematico, perché senza matematica non fai labirinti." 
così Guglielmo da Baskerville, il protagonista de Il nome della Rosa, apostrofava il suo discepolo Adso. 

Un curioso libro del XVII secolo ci fa capire come usavano i numeri per leggere nel pensiero quattro secoli fa.
Siamo nel 1607 e Andrea Ghisi, nobile veneziano, pubblica un curioso libro intitolato "Il Laberinto del Signor Andrea Ghisi". 


60 xilografie dell'edizione del Laberinto del 1616 custodita nella Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia

E’ un libro che si presenta insolito e misterioso, praticamente senza testo (a parte l'introduzione e la dedica al principe di Mantova, Francesco Gonzaga (1586-1612), figlio primogenito di Vincenzo Gonzaga e Eleonora de Medici), costituito praticamente di sole immagini.
Per la precisione 2260 immagini, ordinate in 21 tavole contrassegnate dalle lettere dell’alfabeto.
In questa dedica il Ghisi descrive la sua opera come un esercizio dell’ozio, un'attività ricreativa come lo sport, senza alcuno scopo pratico, utile soltanto per recuperare le energie e dare ristoro al corpo e allo spirito"......"che aprendolo tre volte, con facilità si può saper qual figura si sia immaginata"
Nel 1610 l’editore londinese Thomas Purfoot lo dà alle stampe in traduzione inglese con il titolo "Wits Laberyhth or, the Exercise of Idlenesse".
Infine nel 1616 il libro viene ristampato presso la tipografia di Evangelista Deuchino a Venezia con il titolo "Laberinto dato novamente in luce dal Clarissimo Signor Andrea Ghisi, nobile veneto, nel quale si vede MCCLX figure, quali sono tutte pronte al servitio con la sua obbedienza, & corrispondenza, che parlano l’una all’altra et con la terza volta infallibilmente si saprà la figura immaginata". 
La nuova edizione riporta una diversa dedica, questa volta al doge Giovanni Bembo e il Ghisi dichiara che quelle figure “sono tutte pronte al servitio con la sua obedienza et corrispondenza, che parlano l’una all’altra ”.
Un'esemplare di questa seconda edizione è posseduto dalla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia ed è interessante per due ragioni. 
La prima è che data la sontuosa legatura, risulterebbe essere con ogni probabilità l’esemplare offerto proprio dall’autore al Doge Giovanni Bembo, al quale l’opera è dedicata. 
La seconda, e ciò che lo rende davvero particolare, è data dal fatto che conserva, incollato tra le prime pagine, un foglio di "Dichiaratione" che svela il segreto del labirinto e ne spiega il meccanismo.
Si noti che nel titolo delle prime due edizioni, 1607 e 1610, le 1260 immagini (esattamente riportate in quella del 1616) erroneamente erano riportate come 2260.
Le tre edizioni presentano immagini leggermente diverse, ma il principio alla base del gioco è il medesimo.


Edizione del 1616 custodita nella Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia

Poche parole e moltissime immagini, perché il suo scopo principale non è quello di raccontare una storia ma di leggere nel pensiero.
Il Laberinto è quindi una raccolta di 21 tavole, una per ciascuna lettera dell’alfabeto italiano, ognuna delle quali copre due pagine.
Ogni tavola presenta le stesse 60 immagini, mescolate in modi sempre diversi, suddivise in quattro riquadri di 15 figure ciascuno. 


Copia de "Il nobile e piacevole passatempo", presso la Biblioteca Queriniana di Brescia

Mariano Tomatis, studiando un articolo sulle carte da gioco, scritto da Romain Merlin (1793-1876) nel 1857, scopre anche che Andrea Ghisi aveva realizzato un altro libro/gioco magico. 
Secondo Merlin si intitolava "Il nobile e piacevole passatempo" e sarebbe stato stampato nel 1620 a Venezia, 13 anni dopo il Laberinto (1607).
Ma Roberto Labanti messosi sulle tracce di questo libro, scoprì l'esistenza di una edizione precedente datata 1603, ovvero quattro anni prima dell'edizione del Laberinto del 1607, che si trova a Brescia, presso la Biblioteca Queriniana. 
Il Passatempo, datato effettivamente 1603, risulterebbe essere dunque il più antico ipertesto magico di cui si abbia notizia.
Il titolo completo dell’opera è "Il nobile et piacevole gioco, intitolato Il passatempo, dato in luce nuovamente dal Bidello Academico Cospirante, stampato in Verona da Bonifacio Zanetti alla Porta de i Borsari (1603)". 
L’opera presenta 74 immagini distribuite in modo disordinato su 21 tavole. Su ogni tavola compaiono 52 figure, per un totale di 1092 disegni.
Il libro veniva usato nelle corti italiane per presentare un singolare gioco di prestigio, in cui una persona era invitata a scegliere mentalmente una figura e indicare il riquadro in cui compariva. Al fondo di ogni riquadro c'era il rimando a un’altra pagina, dando vita a un percorso di lettura non lineare che consentiva, a chi ne conosceva il segreto, di indovinare la figura pensata.


Edizione inglese del 1610 su cui si è basato il libro di Mariano Tomatis

Ma torniamo al Laberinto e allo studio, per carpirne i segreti, fatto da Mariano Tomatis nel suo libro "La mappa del Laberinto di Andrea Ghisi" che si concentra sull’edizione inglese di Thomas Purfoot.
Lo studioso statunitense Bill Kalush segnalò infatti una copia in .pdf dell’edizione inglese del 1610 disponibile negli archivi del Conjuring Arts Research Center e il file trovato nel database del centro studi americano è stato sufficiente per portare avanti un lavoro accurato e un’analisi completa.
Si scopre così che il libro è un sofisticato gioco di prestigio, basato su complessi calcoli matematici. 
Un libro “magico” che consente di leggere nel pensiero.
Chi conduce il gioco apre il libro alla prima pagina, dove le 60 figure sono disposte in 4 settori o “quartieri”, e chiede all’interlocutore di pensare una figura e di dichiarare solo il “quartiere” ("riquadro") in cui si trova; la stessa operazione viene ripetuta una seconda volta, finché alla terza il conduttore è in grado di indovinare, tra lo stupore e la meraviglia degli astanti, l’immagine pensata.
Un gioco di società, dunque, come scrive l’autore nella dedica, nel qual potessero i gentili spiriti stanchi trovar riposo anco nell’esercitio honesto”, ma un gioco costato nell’ideazione una non picciola fatica”, perché a differenza degli altri giochi dove gran parte ha la Sorte, et poca l’Ingegno”, qui invece “tutto viene dall’Ingegno”.
Ma come avviene tutto ciò? Qual'è il ragionamento logico ideato dal nobiluomo veneziano?
Tomatis arriva a determinare un “grafo orientato connesso aciclico” che ci aiuta a capire bene il meccanismo "magico".


Grafo orientato connesso aciclico dei percorsi per "leggere nel pensiero"

Per poter analizzare la parte "matematica" occorre però prima scannerizzare ogni figura (sono 1260) e restaurarla digitalmente, per rimuovere le tracce di sporco e le distorsioni dovute alle cattive condizioni delle pagine e, forse la parte più difficile, effettuare il riconoscimento dei 240 piccoli numeri che compaiono sulle quattro tavole. 
Importante poi che le 1260 xilografie vengano reimpaginate seguendo la stessa struttura del libro originale secondo tutte le 60 “partite” possibili, a partire da ciascuna figura. 
Come abbiamo detto e come Tomatis spiega bene nella sua "mappa", il libro veniva usato per indovinare, attraverso tre domande successive, quale figura stesse pensando una persona.
Bisognava quindi analizzare con cura le 21 tavole, una per ciascuna lettera dell’alfabeto italiano, ognuna delle quali copre due pagine, tenendo presente che ogni tavola contiene le stesse 60 immagini, mescolate in modi sempre diversi, suddivise in quattro riquadri di 15 figure ciascuno.
Va anche tenuto conto del fatto che l'alfabeto usato da Andrea Ghisi include la K ma manca la U. L’ordine delle lettere (e dunque delle tavole) è quindi il seguente: A, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, V, Z.


Pagina A di partenza, i numeri associati alle figure e divisione in "quartieri" o riquadri 

Un lavoro ciclopico se applicato appunto a 1260 xilografie?
Resta però da considerare il fatto che più di 1000 di esse sono puri riempitivi, disposte alla rinfusa solo per rendere molto difficile l’analisi del gioco da parte di chi vi ricercava un unico ordine complessivo e che le xilografie diverse e da indovinare sono molto meno cioè 60!
Con l'aiuto del computer il lavoro è stato fatto e Tomatis è riuscito a individuare esattamente la struttura iconografica del Laberinto.
Tomatis inizia con l'isolare le componenti ed elaborarle in un modello astratto, associando a ogni immagine un numero da 1 a 60.
Ogni tavola diventa così una griglia numerica, una traduzione che semplifica enormemente la conversione del libro in linguaggio informatico.
E poiché ognuna delle 21 tavole è diversa dall’altra, l’intero libro non è che una gigantesca matrice numerica misteriosa. 
Il libro ne dà una descrizione molto accurata (qui una copia in .pdf) mentre io mi soffermerò solo sull'analisi del grafo.

Partendo dal presupposto che ciascuna delle 60 figure è raggiungibile attraverso un singolo percorso: analizzandoli tutti, si può risalire al metodo usato da Ghisi per dare forma al suo labirinto. 
Poiché per indovinare ogni figura è sufficiente consultare 3 tavole, ogni percorso può essere descritto con le 3 lettere che le identificano.
I passaggi sono così esplicati e le 21 tavole possono dunque essere suddivise in tre gruppi, a seconda della posizione occupata nei 60 percorsi:
1) il gioco inizia dalla tavola A, che contiene tutte le 60 xilografie diverse, quindi tutti i percorsi avranno la A come prima lettera. 
2) poiché all’inizio di ciascun riquadro della tavola A compaiono la Malinconia (Riq.I), Rinaldo (Riq.II), il Girasole (Riq.III) e il Bullo (Riq. IV), la seconda lettera di ciascun percorso potrà essere soltanto una tra le seguenti: M, R, G o B.
3) analizzando separatamente le tavole B, G, M e R si individua una regola interessante: per come sono disposte le figure, nessun percorso torna su una tavola già visitata in precedenza. Al contrario, tutti i percorsi conducono da una tavola a un’altra che si trova in posizione successiva nell’alfabeto.




Prendendo nota dei 60 percorsi e mettendoli in ordine alfabetico, il risultato mostra un certo grado di ordine:




Se scegliessimo per esempio come figura il Tamburo:
1) partiremmo ovviamente dalla tavola A
2) trovandosi nel IV riquadro che inizia con la xilografia del Bullo si passerebbe alla tavola B
3) da questa si passerebbe alla tavola E essendo la xilografia dell'Edificio la prima del I riquadro in cui compare il tamburo
4) infine nella tavola E il Tamburo compare nel IV riquadro e qui si osserva che l’iniziale della prima figura del riquadro indicato nell’esempio è la lettera D di Dante. 
Iniziando a contare dalla prima immagine (pronunciando mentalmente la lettera A, poi B poi C fino alla D che corrisponde proprio al Tamburo scelto.
Quindi il percorso che conduce al Tamburo può essere individuato dalla sequenza ABE4.

Per apprezzare quindi l’ordine nascosto dietro il Laberinto, ecco due rappresentazioni:
la prima è una rappresentazione grafica della sua mappa proposta come una serie di scatole cinesi, la seconda è proprio il grafo orientato connesso aciclico di cui parlavo all'inizio.


Accanto a ognuna delle figure nel grafo compare, con un numero romano, il riquadro in cui si trovano nella tavola finale. 
L’immagine rende evidente la simmetria nascosta dell’opera: 
il quarto riquadro manca dalla tavola C (che è la prima in alto) e dalla tavola Z (che è la prima dal basso), ma anche dalla H (la quinta a partire da sopra) e dalla Q (la quinta da sotto).
Una volta identificati tutti i 60 percorsi, è facile accorgersi che la grande maggioranza delle immagini che compaiono nel Laberinto sono riprodotte per pura misdirection, cioè sovrabbondanti e disposte alla rinfusa solo per rendere molto difficile l’analisi del gioco.
Le uniche immagini necessarie allo svolgimento del gioco sono quelle che rispondono ad almeno uno dei due seguenti criteri:
- si trovano in una tavola la cui lettera compare sul proprio percorso
- si trovano all’inizio di un qualsiasi riquadro in una tavola in posizione 2 o 3 del percorso, tranne che per i riquadri IV delle tavole C, H, Q e Z (in cui l’autore non ha fatto concludere alcun percorso).

In conclusione, come scrive il nobile veneziano Andrea Ghisi, davvero quindi un gioco di società, “nel qual potessero i gentili spiriti stanchi trovar riposo anco nell’esercitio honesto, ma un gioco costato nell’ideazione una non picciola fatica, perché a differenza degli altri giochi dove gran parte ha la Sorte, et poca l’Ingegno, qui invece tutto viene dall’Ingegno”.
Un gioco di società di cui Mariano Tomatis ha scoperto i "trucchi matematici" , dandoci la possibilità di giocarci anche ai giorni nostri e, molto più modernamente, on line!



Per "giocare" cliccare sotto questa immagine
Per giocare o meglio per leggere nel pensiero cliccare qui
Come indovinare un numero pensato?
Le tavole A, M, S e Z riportano sotto le figure alcuni numeri che
consentono di presentare un secondo gioco di lettura del pensiero 
e costituiscono l’ampliamento dell’edizione inglese rispetto alla prima italiana.
Tutte la spiegazioni da pag. 67 a 71 del libro di Tomatis

Così come ci dice Mariano Tomatis:
"L’ultima fase del mio lavoro è stata quella, naturale, di restituire al libro la dimensione ipertestuale e interattiva che aveva nella mente di Andrea Ghisi. Il Laberinto era stato pensato per Internet con quattrocento anni di anticipo, ma finalmente vi è approdato. Qui potete giocarci cliccando letteralmente sui riquadri in cui si trova la figura pensata, e farvi leggere il pensiero attraverso il Web da un uomo morto da quattro secoli. Un’esperienza che definirei di “tecno spiritismo

Labirinto (nel film del 1986) Il nome della rosa e mappa della biblioteca

"Come nel labirinto de Il nome della rosa, la chiave del Codice Ghisi sta nelle lettere dell’alfabeto. 
Nel romanzo di Eco, per trovare un libro il bibliotecario doveva comporre una parola percorrendo, una dopo l’altra, le stanze corrispondenti alle sue lettere.
Libri diversi corrispondevano a parole diverse e quindi a percorsi diversi.
Come nel castello de Il nome della Rosa, sul perimetro esterno dell’edificio, le 16 stanze potrebbero contenere le 60 icone. 
In altre parole, il Laberinto accompagna il lettore attraverso le sue stanze dalla prima all’ultima tavola, senza che sia necessario usare una mappa. 
Solo la conoscenza del suo segreto consente di orientarsi e per questo si può definire un libro esoterico. Il suo segreto non è né mistico, né spirituale, ma si tratta di un segreto matematico. Un segreto che conferisce a chi lo possiede il potere di leggere nel pensiero."


Fonti

From the book
La mappa del Laberinto di Andrea Ghisi - Mariano Tomatis Antoniono - Pubblicato nel 2011
http://www.marianotomatis.it/biblioteca/repository/Tomatis2011.pdf
From website
http://www.marianotomatis.it/biblioteca/repository/Tomatis2011.pdf
http://www.marianotomatis.it/slide.php?folder=slides/laberinto#
From the pictures
http://www.marianotomatis.it/biblioteca/repository/Tomatis2011.pdf
http://www.marianotomatis.it/slide.php?folder=slides/laberinto#
http://panizzi.comune.re.it/Sezione.jsp?titolo=Il+segreto+del+Labirinto+(1616)&idSezione=902
e rielaborazioni con Photoshop di Annalisa Santi



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