lunedì 28 marzo 2016

Diabulus in musica, un vals per il pi greco

Questo post è dedicato al suono del π, o meglio a un vals dedicato a π, "Vals du Pi", in cui ci accorgiamo di come questo numero irrazionale possa trasformarsi in una bellissima melodia.
Una bellissima e originalissima composizione del pianista Jean Filoramo che, in una serata dedicata al Tango, così l'aveva annunciata:


"Vals du Pi" Jean Filoramo
Ripresa/video di Giorgio Camporotondo

"Ce soir, pour la première fois au PlayTango de Pavia chez Mariotango, j'executerai le "Vals du Pi" pour pianoforte en La minore que j'ai composé en suivant les 69 (Département 69 à Lyon ou je suis né) premières décimales du nombre Pi (π).
Dédié à mon amie Annalisa Santi"

Come ricordavo in un precedente articolo dedicato al π, nella giornata del 14 marzo 2016 del Pi day, di brani musicali dedicati a questo numero affascinante ce ne sono tanti e molte playlist si trovano in vari siti, ma questa versione su ritmo di 3/4, tipico del vals e in tonalità di La minore, è davvero molto bella e si presta molto bene a essere ballata e interpretata con i passi del Tango/Vals.





Dallo spartito che lo stesso Jean Filoramo mi ha mandato si evidenzia come sia stata costruita questa melodia utilizzando le 69 prime cifre di π:
π = 3,14159 26535 89793 23846 26433 83279 50288 41971 69399 37510 58209 74944 59230 781......
Questo perché Jean ha deciso di fermarsi a 69 in ricordo del Dipartimento 69 di Lione dove lui è nato.

Ma vediamo di capire, attraverso il commento di Pierluigi Gallo Ziffer, quello che evidenzia Jean sullo spartito.¹
"Il brano (su ritmo di 3/4, in tonalità di La minore) si sviluppa secondo una corrispondenza fra le primi 69 cifre del Pi Greco e i gradi della scala, considerati sia all'interno dell'ottava (con le note 1 = LA, 2 = SI, 3 = DO, 4 = RE, 5 = MI, 6 = FA, 7 = SOL, 8 = LA' dell'ottava successiva) che all'esterno di essa (con lo 0, corrispondente al SOL diesis dell'ottava precedente, e il 9, corrispondente al SI' dell'ottava successiva).
Interessante notare che nella 25a battuta è presente inoltre un Tritono, cioè l'intervallo di quarta aumentata o quinta diminuita (a seconda che lo si veda come quarta o come quinta), in cui tra una nota e l'altra esiste una distanza di tre toni.
Essendo esso la metà esatta di una ottava, ripetendo ciclicamente dei tritoni l'orecchio umano non risulta più in grado di capire se l'intervallo è ascendente o discendente, generando così l'omonimo paradosso. 
Questo intervallo è infatti una delle maggiori dissonanze della scala diatonica, e durante il Medioevo era chiamato "Diabolus in Musica", proprio per la sua natura acusticamente dissonante, considerata a quel tempo diabolica."



La visione di Tundale, con l’immagine mostruosa del diavolo, che divora le anime e le espelle sul ghiaccio

Perché mai è stato affibiato ad un bicordo un nome così sinistro?²
Tutto appunto iniziò nel Medioevo, quando, fino al XIII secolo, lo studio musicale era appannaggio quasi esclusivo della Chiesa e all’epoca gli ecclesiastici avevano idee differenti dalle nostre su consonanza e dissonanza  degli accordi. 
L’intervallo di terza, per esempio, era considerato dissonante quindi provate ad immaginare come dovesse suonare alle loro orecchie il tritono, che già per noi è estremamente aspro. Sicuramente doveva essere considerato come l’intervallo più dissonante di tutti. 
La cosa curiosa è che il tritono è costituito da tre toni (da cui il nome): difatti questo bicordo altro non è che una quarta aumentata (si-fa per esempio). 
Ebbene, se vi mettete a contare i toni vedrete che sono tre. Senza dubbio, il numero tre avrà immediatamente ricordato ad un monaco la Trinità, ma il fatto che il risultato fosse tanto dissonate faceva pensare che il diavolo ci avesse messo lo zampino, da cui il minaccioso nome di Diabolus in Musica. 
E non era una definizione detta tanto per fare colore, perché era vietato utilizzare questo particolare accordo nella musica sacra, pena (in casi estremi) addirittura la scomunica!
Tutto ciò parrebbe eccessivo, ma bisogna ricordare che la musica, o meglio "ars musica", faceva parte del cosiddetto Quadrivium e cioè quell’insieme di arti (Astronomia, Aritmetica, Geometria, Musica) che col Trivium (Retorica, Logica, Grammatica) costituiva le arti liberali, volte alla conoscenza scientifica e filosofica del mondo. Inoltre la Chiesa riconosceva la musica come il punto d’incontro di filosofia e teologia, come testimonia un passo di Isidoro di Siviglia:

“Senza la musica, nessuna disciplina può considerarsi perfetta.
Non vi è infatti nulla che sia senza di essa”
(Etymologiae, III)


Inoltre esiste un altro motivo, molto più pratico, per cui questo intervallo era malvisto in ambito musicale. Essendo così aspro, così dissonante, risulta tutt’oggi uno degli intervalli più difficili da intonare e quando un coro deve intonare un tritono c’è buona possibilità che stoni o che comunque debba faticare parecchio prima di riuscire ad intonarlo senza problemi. 

Già Guido d’Arezzo, ovvero colui che ha dato il nome alle sei note (il nome della nota si è venuto dopo), aveva bollato il tritono come intervallo dannoso. 

Quindi per evitare questi inconvenienti, i maestri di un tempo facevano molta attenzione a non usare il tritono o ad utilizzarlo con molta cautela, anche perché poi, col passare del tempo, la musica è uscita dall’ambito ecclesiastico ed ha cominciato a diffondersi tra la gente comune attraverso la musica profana. 

Questo fece sì che il “divieto” del tritono venisse gradatamente meno, tanto che molti dei grandi contrappuntisti antichi, come Carlo Gesualdo da Venosa, facessero della dissonanza il proprio cavallo di battaglia.

"Tartini's Dream" by Louis-Léopold Boilly (1761-1845). 
Illustration of the legend behind Giuseppe Tartini's "Devil's Trill Sonata"

Ma il tritono non aveva ancora finito di esercitare un certo fascino, specialmente se si considera la fama “satanica” cui era legato. 
Nel Settecento un compositore italiano, Giuseppe Tartini, disse di aver sognato il diavolo che suonava il violino e che, dopo essersi svegliato, corse subito a scrivere la musica che aveva udito in sogno. Ne venne fuori il celeberrimo "Trillo del Diavolo" che, manco a dirlo, è zeppo di tritoni (specialmente nell’ultimo movimento). 
E ancora, nell’Ottocento tanti vennero colpiti dall’antico nome medievale e utilizzarono l’accordo per conferire un particolare e mefistofelico colore a certe composizioni, come Franz Liszt che ne fece largo uso nel movimento riguardante l’Inferno nella famosa Dante Sonata, o Hector Berlioz che vi ricorse nell’ultimo movimento della Symphonie Fantastique (che ritrae, guarda caso, un Sabba).

Ho divagato e dal bellissimo "Vals du Pi" caratterizzato da un Diabulus in musica, sono passata alle curiosità legate a questo tritono.
Ma di curiosità se ne potrebbero trovare altre legate al vals, al tango, al numero 69, al diavolo che parrebbero legarsi tra loro in un sottile simbolismo erotico sicuramente non casuale!


Note
¹Commento e considerazioni sullo spartito di Pierluigi Gallo Ziffer
²Fonte articolo Luca Fialdini http://www.uninfonews.it/diabolus-in-musica/


venerdì 11 marzo 2016

Un Tango per il Pi Day


"Che n’ebbe d’utile Archimede da ustori vetri sua somma scoperta?"

Questa frase ci aiutava, fin dalle medie, a ricordare il celebre numero irrazionale con ben 12 cifre, corrispondenti alle lettere di ogni parola:
π = 3,14159265358.....




Archimede, usando il "metodo di esaustione", inscrisse e circoscrisse poligoni regolari di 6, 12, 24, 48, 96 lati ed ottenne come rapporto tra circonferenza e diametro un numero compreso  tra 3 + 10/71 e 3 + 10/70  in decimali tra 3.140845... e 3,142857... 
(ovviamente egli utilizzò nei calcoli le frazioni e non i numeri decimali) 
Fu quindi il primo ad ottenere due cifre decimali esatte, che è tuttora l'approssimazione più conosciuta di pi greco π≈3.14
Il simbolo π di pi greco è di due millenni posteriore ad Archimede; fu introdotto intorno al 1700 e legittimato da Eulero.

Si perché a ben vedere Archimede è sicuramente molto più famoso per gli specchi ustori che per la sua determinazione di π, attraverso il "metodo di esaustione".

Ma c'è chi ha fatto di più e per ricordare le prime 402 cifre del π ha scritto un racconto mnemonico.
Si tratta dello straordinario racconto di Michael Keith. 
Un racconto autoreferenziale sulle cifre del cerchio in cui ogni parola, a partire dalla prima, contiene un numero di lettere corrispondente alle cifre in successione del π (da notare che allo zero corrisponde una parola di dieci o più lettere).


Il racconto di Michael Keith legato al cerchio

Molti altri personaggi si sono cimentati a costruire racconti e poesie basati sullo straordinario numero, così come ci ricorda Marco Fulvio Barozzi (in arte Popinga) in questo articolo sulle "Stramberie poetiche attorno al pi greco"
A tal proposito Popinga ci ricorda anche il "cadae", equivalente alfabetico delle prime cinque cifre di π
3,1415
c  adae
come una forma di poesia sperimentale con struttura matematica affine al "fib". 
Mentre il "fib" è una tecnica di scrittura che si basa sulla serie di Fibonacci, il cadae ha come riferimento le cifre del π, che definiscono il numero di sillabe di ciascuna riga. 
Quindi chiunque, con un po' di fantasia e tecnica poetica, potrebbe inventare racconti o poesie in grado di celebrare il π e di farne ricordare la successione delle cifre.
Come "Le sue scelleratezze", di cui qui lascio le prime simpatiche composizioni, cadae, che lo stesso Popinga ci propone e che così introduce:

"Essendo il pi greco una delle pochissime forme di trascendenza che mi concedo (le altre si chiamano e, phi, ecc.), anch’io mi sono cimentato nella composizione di versi basati su questo numero. Si tratta di cadae, basati sul doppio senso e forniti delle due chiavi di lettura nel titolo, tutti di argomento fisico-matematico."

Ora d’aria (Pi greco)
Dal raggio (3 sillabe)
tu (1)
percorrevi (4)
il (1)
giro esterno: (5)
ti fece un doppio rapporto (9)
il boss (2)

Il pranoterapeuta francese (La pressione)
Metodo? (3)
È (1)
il solito: (4)
lui, (1)
Pascal, comprime (5)
la superficie, normale, no? (9)

..............

Ma arriviamo al titolo e al suo perché!
Anche se tante sono le curiosità che riguardano π, qui ho voluto vederne solo due, legate soprattutto alla memorizzazione, facile o divertente, delle sue cifre.
Oltre la poesia troviamo quindi anche il suono del π e ci accorgiamo di come questo numero irrazionale diventi un'incredibile melodia.
Il musicista David Macdonald ha pubblicato, nel canale youtube ASondScout, una melodia per pianoforte, "Song from pi", realizzata seguendo, circa, un centinaio delle prime cifre decimali del π.


π = 3,14159 26535 89793 23846 26433 83279 50288 41971 69399 37510 58209 74944 
59230 78164 06286 20899 86280 34825 34211 7067




Una melodia che risulta anche ballabile e che non solo ho già inserito nelle mie compilations di tango, ma che abbiamo interpretato in Milonga (Sala tipica dove si balla il Tango) usando figure e adorni (rigorosamente improvvisati, come vuole la tradizione, e non coreografati), come si vede nel video, che ricordano giochi di cerchi (volcade, colgade e molinete) e simboli di infinito (ocho) perfettamente in linea con le caratteristiche geometriche di π.
Ringrazio quindi tutti gli amici tangueri, gli organizzatori della Milonga Play Tango di Pavia e il dj che, passandomi microfono e consolle, mi ha dato la possibilità di annunciare il Tango per il Pi Day e quindi di ballarlo sulle note appunto di "Song from π
Questa melodia si presta infatti per essere interpretata attraverso i passi del Tango/Vals (in alcune sequenze) e di Tango e Tango/Milonga in altre.
Quindi una melodia che copre tutte e tre le specificità del Tango Argentino.
Il Tango Argentino è caratterizzato infatti da tre ritmi musicali diversi, ai quali corrispondono altrettante distinte tipologie di ballo: Il Tango, la Milonga e il Tango vals (Vals criollo). 
Musicalmente il Tango ha un tempo di 4/4 o 2/4, come la Milonga, mentre il Tango Vals, che deriva dal Valzer ha tempo 3/4.
E quale altra danza potrebbe adattarsi di più alla melodia del π?
Il tango, oltre a essere un genere musicale, non solo è un ballo, ma è anche una poetica, un'interpretazione musicale, un modo di esprimersi e un linguaggio corporale. 
Per me, insieme alla Matematica, il Tango è una passione che ho cercato di descrivere in questo Dialogo sul Tango, perché quindi non unire simbolicamente queste due passioni con π?

Credo che questo tango dedicato a π sia in prima mondiale, perché non mi risulta che tra le curiosità e gli eventi dedicati al π ci sia mai stato un tango ballato su una musica costruita con i suoi decimali. 


Un Tango per il Pi Day- Video di Giorgio Camporotondo

Comunque, tornando alla musica di  π, di brani musicali dedicati a questo numero affascinante ce ne sono tanti e molte playlist si trovano in vari siti. 
In questo articolo, dedicato al "Pi Day" ne sono elencati, in una sorta di "minestrone", parecchi; dai brani commerciali di interpreti di grido a brani molto particolari derivati direttamente da  π e prodotti dalla comunità scientifica, e altri ancora che risultano in qualche modo collegati a  π

Vorrei concludere queste brevi curiosità, legate alla festa del "Pi Day" che si celebrerà tra pochi giorni, con un'ultima curiosità sull'origine di questa festa.
A lanciare l'idea del Pi Day è stato l'Exploratorium di San Francisco, il grande Museo della Scienza, che iniziò, il 14 marzo, a celebrare il numero più famoso e misterioso del mondo matematico, con una serie di giochi, musiche, filmati ed altre iniziative tutte ispirate al π.
Ma fu il 12 marzo 2009, con la Risoluzione H.RES.224 della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, la data in cui si riconobbe ufficialmente il 14 marzo come giornata per celebrare il  π e fu lo stesso Obama ad invitare i docenti a vivere il Pi Day come occasione per “incoraggiare i giovani verso lo studio della matematica”.


Spazio espositivo dell'Exploratorium Museum di San Francisco

E questo che segue è il testo, che lascia spazio anche a frasi simpatiche e divertenti, della Risoluzione H.RES.224.


"Poiché la lettera greca π è il simbolo del rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro;
Poiché il rapporto Pi è un numero irrazionale che va avanti all’infinito senza ripetizioni ed è stato calcolato a più di mille miliardi di cifre;
Poiché Pi è una costante che ricorre sovente, studiata nel corso della storia ed è centrale sia in matematica che in scienza e ingegneria;
Poiché matematica e scienza sono parte cruciale nell’istruzione dei nostri figli e i i bambini che vanno meglio in matematica e in scienze avranno un profitto migliore;
Poiché una predisposizione per la matematica, la scienza e l’ingegneria è essenziale in una società fondata sulla conoscenza;
Poiché, secondo l’indagine svolta nel 2007 dalla TIMMS, Trends in International Mathematics and Science Study, analizzata dal National Center for Education Statistics, i ragazzi americani del 4th and 8th grade sono risultati al di sotto di molti paesi come Taiwan, Singapore, Russia, Gran Bretagna, Corea del Sud, Lettonia e Giappone;
Poiché dal 1995 negli Stati Uniti si sono registrati progressi minimi nei test di matematica e di scienze;
Poiché al 8th grade, i maschi americani vengono battuti dalle ragazze, in particolare in Biologia, Fisica e Geologia e i risultati peggiori in matematica e scienze vengono registrati nei distretti delle minoranze e delle scuole più disagiate;
Poiché gli Stati Uniti hanno necessità di rinforzare l’istruzione matematica e scientifica di tutti gli studenti per una preparazione migliore i nostri ragazzi per il futuro e per metterli in grado di competere in una economia del XXI secolo;
Poiché la National Science Foundation sta rinnovando l’insegnamento della matematica e delle scienze a tutti i livelli, dalle elementari alla laurea da quando venne fondata 59 anni fa;
Poiché matematica e scienze possono essere una parte interessante e divertente nell’istruzione dei ragazzi, e studiare il Pi greco può essere un modo affascinante per insegnare la geometria ai ragazzi e attirarli così verso lo studio delle scienze e della matematica, e
Poiché Pi greco è approssimativamente 3.14, e quindi il 14 marzo 2009, è il giorno adatto come “National Pi Day”;
Ora, quindi, si decide che la Camera dei Rappresentanti:
1. sostiene la designazione di un Pi Day e la sua celebrazione in tutto il mondo;
2. riconosce l’importanza dei programmi scolastici della National Science Foundation e
3. incoraggia scuole e insegnanti a osservare tale giorno con attività appropriate che istruiscano gli studenti sul Pi greco e li attirino verso lo studio della matematica."

E buon Pi Day a tutti!!!!!


Note
Un ringraziamento a tutti i tangueri del Play Tango e in particolare a tutti coloro che mi hanno permesso di realizzare il video per questo Pi Day:
organizzatori: Mario Carò e Paola Ionà
dj: Roberto Rampini
video maker: Giorgio Camporotondo
ballerini: Vittorio Giardelli, Vito Fasano, MarioyPaola, Cinzia Faccin, Marco Savio, Anna Annina, Enzo Soldano, Annalisa Santi

Un grazie anche a Gianluigi Filippelli che ha pubblicato questo articolo sul Carnevale della Matematica #95 ospitato nel suo Blog DropSea




martedì 1 marzo 2016

L'amore nel tango

Due storie d'amore nel tango!!!! 
La prima è la versione tanguera dell’eterna storia d'amore del dramma shakespeariano, Romeo y Julieta, che il vicentino Luciano Padovani ha creato per la compagnia Naturalis Labor, e che la porta in scena e la racconta attraverso il linguaggio della danza e del tango, con la musica dal vivo del Cuarteto Tipico Tango Spleen e con l'interpretazione di dodici straordinari ballerini.


Romeo y Julieta - Compagnia Naturalis Labor

L'altra è la vera storia d'amore, passione, tradimenti, separazioni e riconciliazioni tra due protagonisti della storia del tango, Maria Nieves Rego e Juan Carlos Copes (intervista). La coppia più famosa nel mondo del Tango e che ha avuto il merito di trasformare questa danza in un fenomeno internazionale, raccontata dal regista German Kral nel film “Our Last Tango” (Un tango más) attraverso anche conversazioni d’archivio e contemporanee, dalle quali emergono le personalità molto diverse di Nieves e Juan (oggi ottantenni) e delle loro aspettative. La storia di due ballerini che hanno ballato insieme per più di mezzo secolo descritta con scene e rappresentazioni di danza eseguite dai migliori coreografi e ballerini di tango di Buenos Aires; tra gli interpreti anche grandi nomi come Pablo Verón (Juan Carlos Copes–adult), Alejandra Gutty (María Nieves–adult), Juan Malizia (Juan Carlos Copes–young), Ayelén Álvarez Miño (María Nieves–young), Pancho Martínez Pey (Turco José), Johana Copes (Guest Dancer).


Film “Our Last Tango” (Un tango más)

Due storie d'amore che danno l'occasione a Vittoria Maggio di parlarci della magia dell'amore nel tango.

L'amore nel tango

"Finché c'è tango c'è vita" avrebbe prima o poi parlato di amore nel tango! 
Non basta certo un articolo e non basta forse nemmeno un libro o una vita per parlare di amore nel tango, ma l'occasione di vedere in scena la storia d'amore più bella e famosa della letteratura di tutti i tempi riletta col linguaggio di questo ballo ci apre proprio oggi il tema e la domanda più diffusa: ci si innamora nel tango? 
La storia d'amore in questione è quella della coppia di innamorati per antonomasia Romeo y Julieta portata in scena in questo periodo nei teatri di tutta Italia dalla compagnia Naturalis Labor di Luciano Padovani che ne ha creato una coreografia con forte base di tango argentino. 
Un grande amore, una forte passione oltre il proprio desiderio di vita come ben sappiamo, osteggiata da un grande scontro determinato da una irrisolvibile rivalità. Forti emozioni e profonde passioni per le quali il tango è il miglior è più naturale  linguaggio nonché “mezzo di trasporto”. 
Il tango affonda le sue radici nell’intimo vissuto di noi tutti: al tango infatti non si arriva da giovani ventenni o trentenni, é più un ballo del “mezzo di cammin di nostra vita”, di una vita di cui abbiamo profonda coscienza di emozioni, bisogni, istinti, passioni, tormenti, desideri che, per una sorta di super-io collettivo, abbiamo spesso però sopito e trasformato in razionalità. 
Il tango arriva a scardinare quello che in molti abbiamo costruito con la protettrice fatica della ragione e, con la sua musica, i suoi testi, il suo abbraccio ci denuda dei nostri  abiti “mentali” lasciandoci scoperti e pronti, disponibili all'incontro con l'altro.  
Quando abbracci nel tango non hai filtri, l'abbraccio é un gesto di pace oltre che di amore, sei pronto all'accoglienza e in quel momento a volte  tutto può succedere.  Si, ci si innamora nel tango, eccome, più volte: ci si innamora dello sconosciuto di cui hai colto lo sguardo, o meglio la mirada, e ci si innamora nuovamente anche della stessa persona quando riballi con lui! Come nella vita starete pensando...certo, ma il tango ti fa avvicinare all'altro senza la protezione della ragione, senza la maschera che abitualmente chiunque di noi indossa nella sua quotidianità. 
Il tango ci riporta a ciò che  di più primario esiste  in un uomo e una donna, tra un uomo e una donna. Esalta il maschile e il femminile allo stato puro, che si uniscono con il gesto di unione più primordiale e universale: l'abbraccio. 
Esattamente come nasca questa magia, rimane un mistero, un mistero che tutti ci affanniamo a spiegare e a elaborare anche scientificamente, ma che, permettetemi, lasciamo invece che sia così. Se gli amori del tango siano amori fortunati nel tempo, questo lo sa ognuno di noi, certo sono amori appassionati e dirompenti, anche se alcuni dureranno solo il tempo di una tanda, ma in quella tanda, in piedi con quell'”espressione del desiderio orizzontale” é già successo tutto e le due persone lo sanno perfettamente, senza bisogno di dirselo con le parole. Non mi interessa parlare del desiderio fisico e della sessualità del tango, fa parte dei segreti dei tangueri e va gelosamente custodito. 
Accennerò invece a un’altra vera storia d'amore del tango che dovremmo vedere al cinema in Italia a partire dal 18 aprile: l’infinita passione tra  i due più grandi ballerini del secolo scorso Maria Nieves e Juan Carlos Copes, oggi entrambi meravigliosi 80 enni in grado ancora di ballare e incantare. 
In “Our last tango” (Un tango mas) raccontano per la prima volta la loro storia d’amore, sofferta ma mai terminata. Sono stati una coppia in scena e nella vita per più di cinquant'anni, hanno cambiato insieme la storia del tango dando a questo ballo la dignità del palcoscenico, si sono amati visceralmente e visceralmente odiati, il loro colpo di fulmine, la gelosia, il matrimonio, il tradimento, l'abbandono e il ritrovarsi.  
Questo è l'amore nel tango! Totale e infinito! 
E quindi godiamoci ora il trailer emozionante del film che si spera arrivi davvero anche nelle nostre sale cinematografiche italiane! 


Our last tango ( Un tango mas)



Articolo di Vittoria Maggio dal sito DanceHallNews


venerdì 12 febbraio 2016

Sei bufale su Charles Darwin

Si parla tanto delle "Bufale" che costantemente girano su Facebook, dimenticando forse che di false informazioni, miti e leggende è piena la storia, sia scritta che orale.
In occasione di questo Darwin Day, oggi 12 febbraio, in cui ricorre il duecentosettesimo anniversario della nascita di Charles Darwin vorrei pubblicare le interessanti "5 bufale su Charles Darwin" prese dall' articolo scritto da Stefano Dalla Casa, per Wired, a cui ne ho aggiunta una sesta, che ritenevo altrettanto interessante da sfatare (con l'aggiunta di alcune immagini e curiosità non comprese nel testo originale).
Questa sesta bufala è nata anche dai ricordi (poi riconsultati) della lettura di un libro edito da Einaudi, "Lettere sulla religione di Charles Darwin".
Il libro "L’origine della specie", il lavoro più noto di Charles Darwin (1859 la prima edizione) è, ancora oggi, considerato un saggio da combattere e controbattere. 
Da rifiutare per i creazionisti (tanti, soprattutto negli Stati Uniti) e da accettare con cautela dai fautori del cosiddetto Disegno Intelligente (non meno numerosi).


La HMS Beagle, brigantino a dieci cannoni della Royal Navy.
Varato l’11 maggio 1820, nel suo secondo viaggio, verso le Galàpagos, ospitò a bordo l’allora giovane naturalista Charles Darwin, 
il cui lavoro rese la Beagle una delle più famose navi della storia.


1. Tutto merito delle Galápagos

Di tutti i luoghi che Darwin ha visitato tra il 1831 e il 1836 durante la spedizione del brigantino H.M.S. Beagle, l’arcipelago delle Galápagos è indubbiamente quello che è rimasto più legato al suo nome. Moltissimi libri, di testo e divulgativi, indugiano sui famosi fringuelli di Darwin (che in realtà non sono fringuelli ma Traupidi), sulle tartarughe giganti che oggi sono un simbolo della conservazione (anche se Darwin se le mangiava) e sulle stupefacenti iguane marine, che però il giovane naturalista trovava piuttosto ripugnanti.

Queste isole sono tuttora un luogo straordinario, e leggendo Darwin è chiaro che avevano attirato la sua attenzione, ma è sbagliato implicare che all’arcipelago Darwin sia stato per così dire folgorato sulla via Damasco, comprendendo improvvisamente che le specie cambiavano e come succedeva.
Non è un caso che la genesi ventennale della teoria di Darwin sia stata definita “un lungo ragionamento“, e infatti fu solo dopo essere tornato che lo scienziato cominciò, per così dire, a unire i puntini. A dirla tutta, Darwin alle Galápagos inizialmente era stato più colpito dalle differenze tra i tordi beffeggiatori (o mimi) che dagli uccelli che ora sono ricordati come i suoi fringuelli, e di questi ultimi sbagliò anche la classificazione. Fu solo dopo che il celebre ornitologo John Gould stabilì che Darwin aveva campionato 13 specie di un’unica famiglia che lo scienziato cominciò a vedere una possibile conferma delle idee evolutive che stava cuocendo a fuoco lento…


Emma Wedgwood moglie e cugina di Darwin


2. Emma Darwin, la moglie bigotta del genio

Se non ci fossero state le Galápagos, Darwin avrebbe comunque sconvolto il mondo con la sua teoria, ma avrebbe potuto farlo senza la sua famiglia e gli amici eccezionali di cui si era circondato? Per il fondamentale viaggio sul Beagle, per esempio, dobbiamo ringraziare suo zio Josiah Wedgwood II, mentre la persona più importante della vita di Darwin è stata senza dubbio la moglie, Emma Wedgwood Darwin. Di lei si ricorda sempre quanto fosse fortemente credente e che, per questo, era piuttosto preoccupata per le idee del marito.

Sembrerebbe quindi che, dal punto di vista scientifico, il genio di Darwin fosse limitato dalle paure di una moglie bigotta. La realtà non potrebbe essere più diversa e si trova raccontata nel libro "Emma Wedgwood Darwin" di Chiara Ceci (Sironi, 2013). Per cominciare Emma, come tutte le Wedgwood, aveva potuto contare su un’educazione di altissimo livello, normalmente inaccessibile alle donne in quei tempi. Si trattava quindi di una persona di enorme cultura, che per Darwin fu una compagna di vita, anche dal punto di vista intellettuale. Emma non seppe solo creare intorno al marito la tranquillità che gli era necessaria per completare i suoi studi, ma era anche una delle prime persone a cui Darwin faceva leggere i suoi manoscritti, dei quali curava anche le traduzioni grazie alla sua grande conoscenza delle lingue.

Sì, Emma era credente e, con la morte della sorella Fanny e della figlioletta Annie, aveva trovato un grande conforto nella convinzione che esistesse una vita dopo la morte. Bisogna però specificare che tutti i Wedgwood erano Unitariani, quindi non solo consideravano la razionalità e le scienze complementari alla fede, ma erano essenzialmente laici. Emma, come si evince chiaramente da una lettera del 1839, non temeva tanto l’effetto che avrebbero avuto i libri del marito sulla società, ma piuttosto le ripercussioni sulla loro famiglia:  

Sento che finché tu agisci con coscienza e cerchi con desiderio sincero di trovare la verità, non puoi essere nell’errore. […] Ma quello che riguarda te riguarda anche me, e sarei disperata se pensassi che tu e io non possiamo appartenerci per l’eternità
Charles Darwin aggiunse una nota alla lettera, e la conservò sempre con sé fino a consumarne i bordi:

Quando sarò morto, sappi che molte volte ho baciato e pianto su questa tua lettera



"Il Capitale" di Karl Marx pubblicato dall'editore Meissner di Amburgo nel 1867


3. Marx voleva dedicare "Il Capitale" a Darwin

I creazionisti adorano la bufala secondo cui Karl Marx avrebbe voluto dedicare il suo libro più famoso al naturalista inglese. Per loro, sarebbe uno dei tanti fil rouge che collegano la teoria dell’evoluzione a un’ideologia politica. Per altri, la dedica proposta da Marx a Darwin è invece qualcosa da ricordare con onore, poiché dimostra quanto il filosofo avesse compreso la grandezza delle idee dello scienziato. Ma la proposta di dedica non è mai esistita.

Il mito nasce, nel 1931, con la pubblicazione di una biografia di Marx in Unione Sovietica, nella quale era riportata una lettera di Darwin in cui declinava la proposta di dedica. La lettera non nomina "Il Capitale", ma era stata trovata tra le carte di Marx, quindi venne dato per scontato che il libro fosse quello. Nel 1978 Margharet Fay (University of California) scoprì che non era così. Darwin nella lettera si riferiva a "The Students’ Darwin", un libro sull’ateismo scritto da Edward Aveling, al quale era stata indirizzata la lettera. Aveling è stato per molti anni il compagno di Eleanor Marx, la più giovane delle figlie del filosofo, ed è in questo modo che la lettera è stata erroneamente archiviata tra le carte dell’autore de "Il Capitale".

Marx inviò comunque una copia del suo libro a Darwin, per il quale aveva davvero una profonda ammirazione. Darwin ringraziò per il dono con molta cortesia, ma sappiamo che non lo lesse mai: alla sua morte le pagine del vecchio libro sono ancora da separare.


La lettura pubblica dell'articolo congiunto di Darwin e Wallace, del 1º luglio 1858 alla Linnean Society, rappresentò l'annuncio ufficiale della teoria della selezione naturale al consesso del mondo scientifico. L'anno successivo, spronato dall'articolo di Wallace 
("On the tendency of varieties to depart indefinitely from the original type"),
 Darwin si decise a pubblicare un ampio riassunto del proprio lavoro ventennale, inviando all'Editore Murray di Londra "L'Origine delle specie" (1859)


4. Darwin ha rubato l’idea a Wallace

Nel 2013, è stato celebrato il centenario dalla morte di Alfred Russel Wallace, un altro genio che scoprì indipendentemente da Darwin il principio della selezione naturale. Per l’occasione è stata prodotto Bill Bailey’s Jungle Hero, una mini-serie dove il comico Bill Bailey celebra Wallace come un eroe ingiustamente dimenticato. Il problema è che il documentario, per altri versi molto godibile, non può fare a meno di presentare Darwin come il cattivo della situazione, arrivando a suggerire che abbia rubato l’idea della selezione naturale da Wallace.

Dalle carte e dalla corrispondenza gli storici sanno molto bene come sono andate le cose, e Wallace è stato sempre trattato con il rispetto che meritava. Quando mandò a Darwin il suo saggio dove descriveva la selezione naturale, lo scienziato ci stava già lavorando da diversi anni. Nel 1858 i manoscritti di Darwin e Wallace furono presentati alla Linnean Society, assicurando a entrambi la paternità della geniale intuizione. In seguito Darwin pubblicò "L’origine delle specie", e Wallace divenne uno dei più grandi difensori del pensiero darwiniano.


Frase di Charles Darwin, contro lo schiavismo, tratta dal diario 
scritto durante la lunga sosta in Brasile

5. Darwin il razzista

Da oltre 150 anni i biologi procedono lungo la strada tracciata da Darwin e Wallace, eppure a qualcuno ancora non va giù: visto che è impraticabile contestare l’evoluzione a colpi di pubblicazioni scientifiche, si può sempre cercare di attaccare Darwin stesso. Una delle accuse più frequenti è che Darwin fosse razzista, la prova è nelle frasi usate nei suoi manoscritti: tra selvaggi, e razze favorite è facile per certi siti presentare lo scienziato come un mostro, addirittura un degno ispiratore di Adolf Hitler.

A parte l’assurdità di giudicare (e da quali pulpiti…) una persona nata nel 1809 con gli standard attuali, Darwin era un convinto antischiavista, tanto che il sanguigno capitano del Beagle, Fitzroy, lo bandì dalla sua tavola dopo una discussione su questo argomento. Inoltre, Darwin riconobbe che tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro colore e dalla loro cultura, facevano parte di un’unica specie che si era differenziata solo in superficie, e identificò correttamente la culla dell’umanità nel continente africano. Come spiega inoltre Stephen Jay Gould in "Intelligenza e pregiudizio", sulla civilizzazione Darwin era “migliorista nella tradizione paternalista“, cioè non vedeva i cosiddetti selvaggi inferiori in quanto biologicamente tarati, ma pensava che potessero progredire (ovvero, per Darwin, diventare più simili agli occidentali) se si fossero trovati in un altro contesto ambientale e sociale.
Rispetto a noi (ok, diciamo molti di noi…) l’etica di Darwin era certamente arretrata, ma chi adesso è antirazzista, forse, deve ringraziare anche il contributo di persone come lui.


Lettera scritta da Darwin il 24 novembre del 1880
 a Francis Mc Dermott


6. Darwin l'ateo

Darwin, credeva in Dio, o era un ateo non dichiarato? 
Aveva la fede o l’aveva smarrita man mano che metteva a punto le sue esplosive teorie?
Charles Darwin, non si dichiarò mai ateo, ma concesse l'idea di Dio come creatore, cui però desegnava il compito di aver generato solo alcune forme di vita lasciandole poi liberamente evolvere secondo precise leggi (descritte appunto nella Teoria dell'Evoluzione)
Darwin credeva e dubitava al tempo stesso, accoglieva, nelle pagine del suo saggio, l’idea di Dio per poi frantumarla nella frase successiva, o nelle lettere che scriveva agli amici.
Come questa indirizzata il 24 novembre del 1880 a Francis Mc Dermott, in risposta al giovane avvocato che aveva scritto al famoso scienziato per chiedergli se credesse o meno nel Vangelo:

"Mi duole dovervi informare che non credo nella Bibbia come rivelazione divina, e pertanto nemmeno in Gesù Cristo come figlio di Dio".

La teoria evoluzionistica avrebbe davvero distrutto la fede religiosa con la "fine dell’illusione della centralità dell’uomo"? 
Lo psicologo David P. Barash (professore di psicologia presso l’Università di Washington e con laurea in biologia) ne è convinto e afferma:

"....fine dell’illusione della centralità dell’uomo. Dopo Darwin il messaggio è che vi è un legame di fondo tra specie umana e animale, siamo perfettamente buoni animali naturali indistinguibili dal resto del mondo vivente. Ma il mondo naturale è anche pieno di orrori etici: predazione, parassitismo, fratricidio, infanticidio, malattia, dolore, vecchiaia e morte. Più conosciamo l’evoluzione tanto più inevitabile è la conclusione che gli esseri viventi, compresi gli esseri umani, sono prodotti da un processo naturale, totalmente amorale»

Darwin avrebbe cioè lanciato il messaggio che vi sia un legame di fondo tra specie umana e animale, e che noi siamo perfettamente buoni animali naturali indistinguibili dal resto del mondo vivente.
Ma lo contraddicono le parole dello stesso Darwin:

"Un essere morale è un essere in grado di paragonare le sue azioni e le sue motivazioni passate e future e di approvarle o disapprovarle. Non abbiamo ragioni di supporre che qualcuno degli animali inferiori abbia queste capacità"
(C. Darwin, “L’origine dell’uomo e la selezione naturale”, Newton Compton 2007, p.88).

Forse per Darwin Dio non esiste, oppure esiste e non si cura di noi. 
Più dubbi che certezze, più domande che risposte. Ma questa è la scienza, scienza che identifica lo stesso Darwin come (im)perfetto scienziato e quindi modernissimo.
Il messaggio che se ne trae è che si può essere credenti o no indipendentemente dalla teoria evoluzionistica. 
Come dice il prof. Francisco J. Ayala, docente di scienze biologiche e filosofia all’Università della California:

"La conoscenza biologica non elimina considerazioni filosofiche o credenze religiose. Anzi, la conoscenza scientifica può fornire ottime basi per ulteriori affondi sia filosofici sia religiosi"
(F. Ayala, “L’evoluzione”, Jaca Book 2009, 127)




Fonti
From the Books
L’origine dell’uomo e la selezione naturale - C. Darwin - Newton Compton 2007
Lettere sulla religione C. Darwin - Einaudi
L’evoluzione - F. Ayala - Jaca Book 2009
From Website
http://www.wired.it/play/cultura/2016/02/05/5-bufale-charles-darwin/
http://www.lastampa.it/2015/09/17/scienza/allasta-la-lettera-in-cui-charles-darwin-rivel-di-essere-ateo-vtEm9z8xQ2KN8u0NojAAlO/pagina.html
https://it.wikipedia.org
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